Fari puntati sulla crescita europea
Carmignac non pensa che l'economia Ue sarà sostenuta più di tanto dalla ripresa cinese. Più ottimisti gli esperti di Bmo, secondo cui i timori sulla "giapponesizzazione" e sul rallentamento tedesco sono eccessivi
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Un Europarlamento (PE) con una vasta maggioranza europeista, ma più frammentata rispetto a quella uscente con il fronte sovranista che avanza ma non sfonda. È questa la fotografia delle elezioni europee, registrata anche dai primi segnali finanziari con le Borse europee che avviano la seduta in terreno positivo. I listini brindano anche alle parole di Donald Trump sull’ipotesi di un accordo con la Cina sui dazi. Poco mosso l’euro sul dollaro a 1,1201 a Londra. L’indice d’area Stoxx 600 guadagna lo 0,47%. In rialzo tutti i listini con in testa Milano (+1,3%), Francoforte (+0,63%), Madrid (+0,59%), e Parigi (+0,45%).
In Italia le urne incoronano vincitore Matteo Salvini. Per la Lega è boom, primo partito col 34%. Crolla invece M5s, al 17%. Pd secondo col 23%. “Adesso si cambia in Ue”, afferma Salvini. “Penalizzati dall’astensione”, commenta Di Maio. Affluenza in calo in Italia al 56,1% (dal 58,6% delle elezioni 2014). In aumento invece in Europa, oltre il 50%.
Le forze anti-élite hanno comunque guadagnato posizioni. D’ora in poi faranno sentire la loro voce nelle scelte della Ue e in alcuni momenti potranno essere in grado di frenare o bloccare decisioni importanti. I populisti alleati di Matteo Salvini in Europa segnano buoni risultati soprattutto in Francia, dove il Rassemblement National di Marine Le Pen è il primo partito con il 23,2%. In Germania regge la Merkel, seguita dai Verdi. Nel Regno Unito vola il Brexit party di Farage, primo partito Ue insieme alla Cdu tedesca.
Nelle ultime proiezioni della composizione del futuro Parlamento Ue, al Partito popolare vanno 179 seggi al 23,83%, ai Socialisti e Democratici 152 al 20,24%, e ai Liberali 105, al 13,98%. Quarti i Verdi con 69 europarlamentari al 9,19%, seguono i Conservatori Ecr a 60 con il 7,99%, mentre l’Enf (il gruppo della Lega di Salvini) avrebbe 60 seggi al 7,99% e l’Efdd (il gruppo dei Cinque Stelle e di Farage) 51 al 6,79%. La Sinistra Gue (Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica) ottiene 38 seggi al 5,06. I dati sono basati sulle proiezioni aggiornate.
Popolari e socialisti perdono dunque la maggioranza che ha finora retto gli equilibri in Europa ma mantengono il controllo cooptando i liberali e il movimento En Marche del presidente Emmanuel Macron, e magari anche i Verdi, vogliosi di far pesare in Europa i nuovi consensi conquistati.
“Lo smottamento epocale paventato alla vigilia è stato scongiurato”, analizza Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet AM. “Le aggregazioni tra partiti di protesta antieuropea restano impraticabili. L’Europa nel complesso tiene, e qualunque sarà l’aggregazione di governo il parlamento rimane saldamente europeista. Difficilmente le voci dissidenti avranno forti capacità di spostare sensibilmente le politiche”, aggiunge Delitala.
La spallata dei nazionalisti non sfonda, ma i due partiti di maggioranza, popolari e socialdemocratici, perdono la maggioranza a Strasburgo e hanno bisogno di aggregare liberali o verdi, usciti rafforzati dalla consultazione elettorale. Come sarà il nuovo PE?
La coalizione di governo che darà forma alla nuova Commissione Ue deve muovere i suoi passi includendo uno di due partiti, se non entrambi. Difficile immaginare le mosse già adesso, ma possiamo speculare su un paio di aspetti: i liberali sono di fatto legati a En Marche, mentre i verdi hanno fatto l’exploit principale in Germania. In qualche modo, la Merkel virerà con un filtro nazionale verso i verdi e Macron spingerà per far parte delle decisioni importanti. Dentro una compagine di governo europeista – che in termini di ripercussioni sui mercati e di shock sistemici non pone grandi rischi in un futuro che non mette in dubbio l’integrazione e il sostegno all’idea di Europa – rimane però il rischio di secondo livello e della direzione che l’Europa prenderà in termini di policy mix e di nomine.
Quali sono gli scenari che si aprono sulle nomine dei vertici della Commissione e, di rimando, della Bce?
Se si va verso un’integrazione dei verdi la politica fiscale diventerà più espansiva e permissiva e potrebbe favorire la nomina a capo della Commissione europea del candidato socialista olandese Frans Timmermans a discapito del candidato previsto del Ppe, Manfred Weber. Cosicché i casi sono due: o la Merkel si rimette in gioco in prima persona occupando lo slot tedesco – ed è lo scenario migliore di tutti perché a quel punto la Bce rimane a trazione mediterranea – oppure se Macron prevale nel pretendere la Commissione per la Francia con Michel Barnier, o ancora se il capo del governo fosse una liberaldemocratica di spicco come Margrethe Vestager, allora il rischio di un falco alla guida della Bce aumenta, con effetti potenzialmente molto negativi per gli asset periferici e italiani in particolare. La finanza italiana ha bisogno di una banca centrale dovish, ovvero a conduzione mediterranea.
Lo scenario peggiore per i mercati sia italiani sia europei con la conquista di un terzo dei seggi da parte dei partiti non tradizionali non si è manifestato. Cosa succederà a Euro Stoxx 50 (attualmente in rialzo dello 0,6%) e Borse europee? È un voto che cambia in maniera rilevante i corsi finanziari?
No, e il risultato si può leggere in chiave di una lieve indicazione positiva per gli asset rischiosi europei. A livello aggregato il dato importante è che un momento potenzialmente difficile è passato senza traumi. Ora si tratta di capire se nei prossimi due mesi – a partire da domani sera quando è previsto il primo incontro formale del Consiglio europeo, fino alle prime nomine – qualcosa dovesse andare nel verso sbagliato. Ma anche in questo caso, turbolenze possono arrivare non tanto per gli asset europei in aggregato quando per una selezione di essi. In particolare i vasi di coccio sono sempre gli asset italiani.
Le attese sono di cautela iniziale per quanto riguarda l’Italia?
In prima battuta vedo poche reazioni, un lieve ottimismo sulla Borsa europea che conferma il quadro che si è delineato. L’euro è di fatto invariato, il Btp ha provato ad alzare la testa ma è stato fermato, almeno finora. La reazione sugli asset italiani sarà interlocutoria, e appena positiva su quelli europei in aggregato.
Salvini ribadisce che il governo resta in piedi. Con quali effetti su spread e Borsa?
L’Italia rischia di contare poco, ma una svolta moderata della Lega non è da escludere. Prima però dovrà consumarsi l’epilogo di una coalizione interna che sarà certamente messa in discussione. La leadership di Salvini ha una responsabilità importante nel momento in cui bisogna costruire una legge finanziaria dai connotati difficili. Se si trovassero a farla di fronte a un policy mix di politica fiscale leggermente più permissiva, compensata da una banca centrale intransigente, per gli asset italiani una minore disciplina fiscale con tassi più elevati rappresenterebbe uno scenario molto penalizzante che potrebbe innescare il movimento al ribasso delle banche, del FTSE/Mib e, a catena, degli indici europei e dell’euro con effetti negativi per tutti gli spread periferici, che si allargherebbero.
Quindi gli spettri della disgregazione dell’euro e dell’Italexit sono allontanati?
Sono ottimista: ritengo che abbiamo imparato la lezione e che il voto favorisca uno scenario di svolta per il centrodestra in chiave dirigista per la crescita del Paese, che penso si accompagnerà a un grosso ridimensionamento della retorica antieuropea. Del resto, gli ultimi sondaggi eurobarometro hanno mostrato che gli italiani vogliono l’euro. Il processo contrario sarebbe un disastro epocale per conseguenze economico-finanziarie.
Una Lega più di governo che di lotta, insomma.
Questa sarebbe una svolta importante, magari lenta e che richiede tempo, ma che si riaccompagnerebbe certamente a una ripresa delle quotazioni di banche e Btp. Bisogna però superare questo bizzarro esperimento politico di uno zibaldone di partiti anti-establishment che oggi come oggi, dopo questo voto, si trova svuotato di contenuto. Ciò detto, la galvanizzazione della Lega deve ancora prendere forma. La vittoria elettorale diventerà un patrimonio da impiegare in una soluzione di governo – come la Lega ha dimostrato di poter essere a livello regionale – o una forza di protesta rispetto allo status quo? Il partito deve ancora chiarire questa contraddizione interna. Ma una svolta moderata, accompagnata alla ricerca di legittimazione all’interno del partito popolare, aprirebbe scenari senz’altro positivi.
Un dato che fa riflettere, nonostante la scarsa affluenza al voto dei britannici, è la grande affermazione del Brexit party. Sarà una Brexit senza accordo?
Non c’è dubbio che il rischio aumenta e questo è un piccolo disastro, in quanto uno scenario di no-deal Brexit è molto penalizzante per la crescita britannica e traumatico per tutta l’Unione. A questo punto è possibile che l’Europa conceda ulteriore tempo alla Gran Bretagna, eventualmente in vista di un secondo referendum sulla Brexit. Il dato impressionante, confermato dai risultati finali, è che la somma di Ukip e Brexit Party arriva al 37%, che è esattamente la somma dei partiti tendenzialmente a favore del Remain. Prendendo per buona questa indicazione, se si tornasse oggi al voto con il referendum la verità è che non sapremmo che esito avrebbe. Personalmente avrei scommesso su un maggiore risultato delle forze europeiste, dopo il fallimento dei negoziati e la realizzazione di quante penalizzazioni comporta l’uscita dall’Europa.