Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Dic – Gen 2019 |
Le soluzioni dei gestori per resistere alla volatilità puntano su aumento della liquidità, investimento sui megatrend, strategie alternative e naturalmente un’ampia diversificazione di portafoglio
I mercati non amano l’incertezza. E negli ultimi tempi sono stati parecchi i fronti problematici, soprattutto di natura politica, che hanno innervosito gli investitori: la guerra dei dazi tra Usa e Cina, le incertezze sulla Brexit, le politiche monetarie e lo scontro Italia-Bruxelles sulla bozza di manovra. Non solo: Stéphane Monier, chief investment officer di Banque Lombard Odier & Cie SA, in un report ha fatto notare che quest’anno “siamo entrati nella fase finale del ciclo economico, con il mercato che ha iniziato a surriscaldarsi”. Per mettere al riparo i portafogli dai contraccolpi degli eventi geopolitici e dall’illiquidità di un mercato ribassista, per Monier “gli asset manager devono fornire degli strumenti per difendere i portafogli”. Per questo Lombard Odier ha aumentato la liquidità nei portafogli e ridotto l’esposizione ad asset class vulnerabili, come debito emergente, bond convertibili e high yield.
Michael Blümke, senior portfolio manager di Ethenea
“Attualmente riteniamo che una escalation delle tensioni commerciali, eventuali errori nelle decisioni di una banca centrale di primaria importanza o un inatteso rialzo di inflazione e tassi di interesse siano i fattori che più probabilmente possono avere un impatto sui mercati”, commenta Michael Blümke, senior portfolio manager di Ethenea, convinto che ciascuno di questi fattori possa produrre effetti negativi per gli asset più rischiosi.
Usa ed Europa sempre in corsa
L’esperto si aspetta comunque che Usa ed Eurozona continuino a crescere nel 2019, che il rallentamento dell’economia cinese si stabilizzi il prossimo anno e che quindi la crescita degli utili debba restare positiva, seppure in rallentamento. Quindi anche se la volatilità sull’equity resterà alta a causa delle strette monetarie si prevedono “ritorni positivi sull’azionario globale da qui a sei mesi”, aggiunge. Sul fronte obbligazionario, data la bassa liquidità sul mercato corporate, Blümke predilige un profilo difensivo, con scadenze da brevi a medie e una selezione prevalente di titoli a elevata qualità.
A livello generale l’esperto preferisce uno stile difensivo, con elevata diversificazione geografica e tra asset class. “Nel medio termine, anche gli asset rischiosi come azioni e obbligazioni societarie dovrebbero portare ritorni positivi, pur in un quadro in cui i fattori di incertezza politica e il peso di politiche monetarie meno accomodanti produrranno volatilità sui mercati globali”. In questo quadro, “ci aspettiamo che la selezione di determinate valute e di titoli di Stato di Paesi core possano aggiungere stabilità ai portafogli”, precisa Blümke.
I megatrend
Federico Pons, country head Italia Janus Henderson
Uno degli aspetti considerati dagli esperti è che spesso è difficile fare previsioni sugli eventi geopolitici che potrebbero avere effetti negativi sui mercati. “La nostra soluzione è focalizzarci su ciò che invece è prevedibile: esistono dei trend secolari generati dai cambiamenti demografici, climatici, sociali e tecnologici che sono indipendenti dall’economia e dalla politica e si manifestano gradualmente anziché essere molto volatili”, dichiara Federico Pons, country head Italia Janus Henderson. Tra questi trend Pons cita la crescita della popolazione nei Paesi emergenti, l’invecchiamento o l’innovazione nel settore healthcare. Ma anche le trasformazioni legate a Internet (la pubblicità online, l’ecommerce, i pagamenti elettronici), la transizione verso la low carbon economy e l’efficienza energetica. “Siamo convinti che puntare su società di alta qualità e con una crescita sostenibile del proprio business grazie ai trend secolari ci dia la possibilità di costruire portafogli resistenti alle turbolenze politiche ed economiche. Proprio su queste si concentra il comparto Janus Henderson Global Equity Fund”, afferma Pons.
Dazi e dintorni
Carlo De Luca, responsabile gestioni di Gamma Capital Markets
Un altro aspetto da considerare è la diversa portata degli effetti possibili dei fattori geopolitici. “In questo momento la guerra commerciale rappresenta il maggiore fattore di rischio, perché ha riflessi globali – commenta Carlo De Luca, responsabile gestioni di Gamma Capital Markets – Non possiamo andare tanto lontano se Stati Uniti e Cina non raggiungono un accordo: la Cina è diventato un Paese importatore da cui dipende una fetta importante degli utili delle grandi multinazionali. Per questo motivo mi aspetto che in qualche modo si troverà la quadratura del cerchio”.
Il portafoglio
Ma come impostare il portafoglio anticrisi? “Quando ci sono delle possibilità di eventi politici binari – Brexit, Frexit, Italexit eccetera – io tendo ad adottare il mio portafoglio preferito, che è un portafoglio di crescita – osserva De Luca – Nonostante ci troviamo a fine ciclo, ritengo sia giusto puntare sui titoli growth e non sui titoli value, perché ci troviamo in una fase di disruption tecnologica e megatrend. Se c’è un evento esogeno magari questi sono i titoli che perdono di più nel breve termine, ma poi si riprendono in tempi brevi perché macinano utili”. Eventualmente l’esperto aggiunge delle formule di copertura, posizionandosi con qualche opzione put e con la diversificazione valutaria, per esempio corone norvegesi o franchi svizzeri in caso di eventi che coinvolgono l’Europa. Mentre è più complicato impostare un portafoglio a prova di guerra commerciale, perché in quel caso i riflessi sono molto più estesi. “In generale penso che i portafogli vadano un po’ rivisti in termini di pesi e settori, con un po’ meno beta ma con temi che grosso modo saranno gli stessi degli ultimi cinque anni. Magari con un po’ più di biotech e intelligenza artificiale e un po’ meno robotica industriale, con esposizione sulla difesa militare e sui consumi, in particolare sulle multinazionali con un brand riconosciuto (che consentono di conseguenza di posizionarsi sulla crescita dei Paesi emergenti, che rappresentano una fetta crescente del loro mercato)”, conclude De Luca. In questo momento il suo portafoglio è composto al 30% da liquidità, nessun bond, al 35% di azioni soprattutto americane (di cui 15% su tecnologia, robotica, intelligenza artificiale e biotech, e 15% su consumi durevoli), al 35% da strategie alternative.
Tra il nervosismo dei mercati, le incognite geopolitiche, gli effetti della MiFID e la disintermediazione tecnologica, gli imponderabili del 2019 sono molti. Passiamo in rassegna le minacce di disruption e le opportunità di resilienza per l’industria degli investimenti.
Le tensioni di mercato accompagneranno gli investitori almeno fino alle elezioni europee. Sorprese positive potranno venire dalle small cap e dalle aziende a vocazione internazionale, ma cautela e selezione restano parole chiave.
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