Brexit, molto rumore per nulla
A oggi, i rapporti futuri tra Regno Unito e Unione europea non sono ancora chiari, come non sono chiare le prospettive economiche per il Paese né il suo futuro politico
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“Dalla fine dello scorso anno abbiamo mantenuto un posizionamento molto conservativo, riducendo e poi tenendo abbastanza bassa l’esposizione netta e lorda per un periodo di tempo significativo. Questo perché riteniamo che i mercati stiano andando incontro a una fase più difficile e ci aspettiamo una rotazione settoriale: gli investitori cercheranno di trovare il posizionamento più corretto e ciò potrebbe generare potenzialmente un po’ di confusione”.
È la view di Mike Buhl-Nielsen, gestore del fondo alternativo long/short equity Jupiter Europa. Il gestore osserva come il livello ancora basso di volatilità sia, in parte, un campanello di allarme. “Nella parte del portafoglio dedicata all’hedging (alla copertura, ndr), utilizziamo attivamente delle opzioni, nel caso in cui la situazione dovesse peggiorare e avessimo bisogno di protezione. Allo stesso tempo, stiamo cercando opportunità per aumentare l’esposizione netta”.
Nel suo fondo, il gestore mostra una predilezione per i titoli azionari britannici. Nei primi sei mesi del 2018 la Borsa di Londra si è confermata come la seconda migliore del vecchio continente, seppur in lievissima flessione. A fine giugno solo il CAC 40 francese registra una variazione positiva (+0,72%). Poco sotto la parità si trova l’indice britannico che a dispetto delle tensioni sulla Brexit ha fatto registrare “solo” un -0,16%. Al terzo posto il nostro indice FTSE MIB (-0,80%).
Come è attualmente posizionato il fondo sulla parte lunga e corta del portafoglio, e perché?
Per quanto riguarda le posizioni della parte lunga del portafoglio, il settore legato alle proprietà immobiliari ha un peso abbastanza importante. Ma ogni situazione è differente dalle altre.
Hemfosa Fastigheter è una società basata in Svezia impegnata nella gestione di lungo termine di proprietà immobiliari. E’ specializzata nel possesso, gestione e acquisto di proprietà, principalmente in Svezia. Il portafoglio della società si compone di uffici, spazi commerciali e industriali, sia per affitti sia per vendita. Perché vi stiamo investendo? Perché la società non ha nulla a che fare con il mercato immobiliare residenziale svedese, ma piuttosto è attiva in una nuova nicchia.
Anche la storia è particolare: fu fondata da un imprenditore con una grande esperienza nel settore immobiliare, subito dopo la grande crisi, con il sostegno di una serie di fondi pensione. La società si è quotata in Borsa nel 2014 e la missione è acquisire e gestire proprietà legate ai servizi di comunità: scuole, ospedali, edifici pubblici. È un ottimo business perché il governo – un affittuario credibile e di lungo termine – vuole raccogliere capitale ma allo stesso tempo deve assicurarsi che questi edifici siano utilizzati dalla cittadinanza. Al momento ci aspettiamo un apprezzamento del titolo e buoni dividendi nei prossimi anni, con la società che venderà i suoi immobili a un gruppo immobiliare più grande e aumenterà di valore.
Altri top-bet del fondo degni di nota?
Le prospettive bottom-up di Countryside Properties la rendono una società unica. Si potrebbe pensare che “il settore immobiliare residenziale del Regno Unito e la Brexit non vanno tanto d’accordo” e in effetti, per certi versi, il mercato immobiliare britannico sarà colpito negativamente dalla Brexit. Tuttavia, Countryside Properties è per metà una società edile tradizionali e per metà focalizzata su casi di riqualificazione urbana. L’azienda individua immobili che presentano un problema, ad esempio case popolari, dove ci potrebbe essere un elevato tasso di criminalità o cattive condizioni abitative, o altro, e li riprogetta, migliorando il lavoro con le autorità locali per produrre soluzioni residenziali economiche e ristrutturarle a costi convenienti, con alcune unità che possono essere poi vendute a prezzi di mercato. Un altro punto positivo è che questa attività è parte di un’agenda politica bipartisan: chiunque sia al potere vuole supportare questo tipo di impegno, poiché è utile, fattibile dal punto di vista economico e attrae consenso politico.
Qual è il suo outlook sul Regno Unito, la principale allocazione del fondo a livello geografico (pesa per il 18,5% del long book, ndr)?
Il collegamento più stretto tra la Brexit e l’economia del Regno Unito – un legame che altrimenti sarebbe poco evidente – può essere ricondotto alla valuta: ciò finora ha influenzato positivamente il FTSE 100. Al contempo, le small & mid caps britanniche hanno registrato una performance eccezionale. Quindi è davvero difficile decifrare un comportamento standard, specifico dei titoli azionari, legato a Brexit. Si potrebbe dire che, in generale, il settore dei consumi, quello delle banche e quello immobiliare potrebbero essere potenzialmente indeboliti da Brexit. Ma ci sono alcune eccezioni, come Chartered Court Bank, una scelta azionaria di nicchia con un modello aziendale solido. Oppure, Crest Nicholson, un’altra società di costruzioni focalizzata sull’Inghilterra meridionale e centrale, estremamente economica e con un rendimento attualmente attorno all’8%.
Quale impatto potrà avere l’accordo sulla “soft” Brexit presentato da Theresa May – se resiste le pressioni dalla linea dura dei più convinti brexiteer?
Una Brexit più soft darebbe maggiore continuità. È improbabile che si tenga un altro referendum, ma è difficile che i sostenitori di una hard Brexit vedranno realizzarsi il loro scenario preferito, che è praticamente impossibile. Allo stesso tempo, l’economia sta andando abbastanza bene, tanto che nella Bank of England è in corso un dibattito su possibili rialzi dei tassi. Ma la realtà incombe e la possibilità di una Brexit soft sta guadagnando terreno. È molto difficile posizionarsi in vista di Brexit: la situazione è ancora poco chiara e le posizioni in campo sembrano cambiare molto rapidamente. Il processo di copertura del portafoglio è quindi complesso – e potenzialmente controproducente. Al momento sembra che la Brexit soft sia il risultato più probabile.
L’8,4% del long book del fondo è investito in Italia. Dove trova opportunità nel paese?
Abbiamo in portafoglio Tenaris e altri titoli sulla base delle loro caratteristiche intrinseche. Abbiamo un’esposizione su titoli finanziari, come Banca Farmafactoring, che ha un modello aziendale molto originale e interessante (reduce da una serie di rialzi recenti, ndr). A livello di prezzo azionario è molto economica, di recente ha passato una fase difficile, ma il tema dirigenziale è solido e ci sono buone prospettive di crescita. È un’opportunità molto interessante, con una capitalizzazione di mercato relativamente bassa, che la fa passare un po’ fuori dai radar: non tutti comprendono il potenziale del titolo e per questo è perfetto per noi. Abbiamo in portafoglio anche nomi più famosi, come Unicredit, che di recente non è andata particolarmente bene e che sta scambiando a livelli bassi. Riteniamo però che la banca sia sulla strada giusta per profitti solidi e una buona crescita.
Quali sono le prospettive economiche e finanziarie dell’Italia alla luce del nuovo corso inaugurato dal governo in carica?
A livello di prospettive per il paese, mi sembra che il resto del mondo forse esageri un po’ su una serie di elementi, a partire dalla possibile uscita dell’Italia dall’Eurozona. Sembra che alcuni investitori stiano cercando idee di trading, senza crederci veramente. Non pensiamo che una situazione così drastica abbia una elevata probabilità di realizzarsi. Lo stesso, per certi versi, vale per il nuovo governo, salito al potere cavalcando l’ondata populista: quando devono però affrontare le situazioni in concreto, dovendo affrontare le esigenze dell’economia, ciò che possono fare è meno di quanto pensavano all’inizio. Quindi nel complesso non mi aspetto risultati estremi per la spesa pubblica italiana, poiché sarebbe un autogol sovraccaricare le finanze pubbliche con ulteriori spese.
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