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I tagli Opec in arrivo e le graduali riaperture in molti Paesi fanno segnare la quinta seduta in rialzo per Wti e Brent. Ma per gli operatori il mercato è ancora vulnerabile
Aumento della domanda e tagli alla produzione. Due ingredienti cruciali che non potevano non far ripartire il petrolio dopo i tracolli dei giorni scorsi. E così oggi, per la quinta sessione consecutiva (non accadeva da febbraio), il prezzo del barile registra il segno più, con il greggio Usa in forte rialzo del 16% a 23,7 dollari, al top da quattro settimane, e il Brent a un soffio da quota 30 dollari con un balzo del 9,8% circa. Rimbalzo che spinge i titoli energetici e, di conseguenza, sostiene i listini internazionali. Ma come per i Paesi colpiti dal virus, la Fase 2 del petrolio terrà solo se il contagio non tornerà ad allargarsi.
“Tagli alla produzione abbinati a misure di riapertura negli Usa e in Europa sembrano essere la causa di questo rally del petrolio, anche se siamo ancora su livelli molto bassi”, spiega Craig Erlam, senior market analyst di Oanda, che riconduce appunto ai movimenti del barile le performance registrate nelle ultime ore dalle borse. Dello stesso parere Michael Hewson, chief market analyst di Cmc Markets, secondo cui la ripartenza del barile è “stata ampiamente legata alle attese di una ripresa della domanda se i governi continueranno ad allentare gradualmente le varie misure di lockdown”.
Un ottimo segnale, insomma, anche se non è ancora il momento di abbassare la guardia. “Il mercato è ancora vulnerabile, ma ora una cosa è chiara: il punto più basso della domanda è alle nostre spalle, e questo si sta manifestando nei prezzi del petrolio che sono in ripresa”, precisa Per Magnus Nysveen di Rystad Energy, secondo cui le forniture sono ancora in aumento ed è inevitabile un ritorno a prezzi più bassi del greggio. “I problemi esistenti non sono stati risolti magicamente, il tema dello spazio di stoccaggio è ancora presente”, avverte.
Intanto, esulta anche Donald Trump. “I prezzi del petrolio si stanno muovendo al rialzo con ripresa della domanda”, twitta il presidente Usa, riferendosi proprio all’aumento delle quotazioni petrolifere con la riaperture delle economie. “Emozionante vedere il nostro paese iniziare ad aprire!”, aggiunge.
Trump a parte, a rincuorare gli investitori non c’è solo la ripresa della domanda da fine del lockdown, ma anche l’avvicinarsi dei tagli della produzione di 10 milioni di barili al giorno nei mesi di maggio e giugno promessi dall’Opec+.
Anche se infatti, come spiega Mobeen Tahir, associate director research di WisdomTree, ci si può aspettare che le decisioni politiche dell’Opec+ abbiano un impatto maggiore sui prezzi del Brent rispetto al Wti (e infatti l’accordo raggiunto dal gruppo all’inizio di aprile per tagliare le forniture ha fornito un po’ più di respiro al primo), questa volta il destino del prezzo del petrolio dipende molto da quanto velocemente il mondo riuscirà a superare la pandemia e a far ripartire i motori economici.
“La volatilità dei prezzi del petrolio potrebbe persistere nelle prossime settimane, o addirittura nei prossimi mesi, fino a quando non diminuirà l’incertezza legata alla pandemia e alle misure di isolamento – avverte -. Il comportamento relativo dei prezzi di Wti e Brent in questo periodo dipenderà dai tagli all’offerta che produttori statunitensi e dell’Opec+ saranno disposti ad operare per equilibrare il mercato”.