Petrolio in (leggera) ripresa solo dalla seconda metà del 2020
Goldman boccia l'Opec: “Taglio reale di soli 4,3 mln di barili”. Prezzi bassi ancora per la prima metà del 2020. Poi State Street e MS prevedono un ritorno in area 30 dollari
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In un 2020 che sta rendendo reale ciò che non era quasi neppure immaginabile è successo anche questo: il petrolio in terreno di prezzo negativo. Evento, destinato a restare nella storia, causato della saturazione delle scorte e del crollo della domanda legato alla crisi del coronavirus. Stamane però il prezzo del barile americano è rimbalzato in Asia tornando leggermente sopra lo zero.
Un barile di West Texas Intermediate per le consegne di maggio, per il quale oggi è l’ultimo giorno di quotazione, viene commercializzato all’apertura dei mercati a 0,56 dollari, contro una chiusura ieri sera a New York di -37,63 dollari. Ma soprattutto il future del Wti con consegna a giugno, quello che dovrebbe indicare in questo momento il reale prezzo reale del petrolio, è in rialzo del 2,5% a 21 dollari.
“La ragione del prezzo negativo di ieri è infatti che il margine stoccaggio del petrolio sta diventando molto stringente. Si viene effettivamente pagati per acquisire il petrolio e stoccarlo. Il contratto in scadenza consegnerà il petrolio tra il 1° e il 31 maggio, quindi chi ha un contratto lungo e sta prendendo la fornitura fisica ha bisogno di un posto dove conservarlo”, spiega Nitesh Shah, director, research per WisdomTree.
Allo stesso modo, i detentori del contratto a maggio 2020, molto probabilmente l’avrebbero estinto prima delle grandi mosse dei prezzi di ieri, salvandosi da grosse perdite. Come mostra il grafico del prezzo WTI qui sotto, tutti gli altri contratti a termine sul petrolio WTI hanno mantenuto un prezzo positivo e non sono scesi neanche lontanamente quanto il contratto del mese precedente.
Confronto tra i prezzi di diversi future sul WTI; Fonte: Bloomberg, 20/04/2020
La differenza tra la quotazione dei due contratti riflette l’aspettativa di una ripartenza della domanda capace di svuotare nel giro di poche settimane i serbatoi, ora quasi colmi in molte parti del Nord America. In Europa la situazione degli stoccaggi è meno grave perché le aree di produzione sono più vicine a quelle di consumi, di conseguenza il Brent tiene meglio le posizioni e gira a 25 dollari il barile stamattina, in calo dell’1%, dal -9% di ieri in chiusura.
Secondo Citigroup, il rischio che anche il petrolio europeo si avviti all’ingiù sono molto alti, soprattutto se la ripartenza delle attività sarà lenta. Il crollo del prezzo dovrebbe portare in teoria dei benefici per i Paesi consumatori, ma nella pratica, scrive stanotte in un report il capo economista di Ing per l’area Asia Pacifico, le ricadute negative sulle economie esportatrici di greggio sono talmente pesanti da provocare brutti contraccolpi a tutto il pianeta.
Il crollo delle quotazioni mette in crisi molti soggetti, primi tra tutti, i grandi fondi sovrani dei Paesi produttori, detentori di importanti partecipazioni in centinaia di società quotate: in caso di rapido deterioramento delle condizioni di mercato, i gestori devono quindi affrettarsi a vendere, in modo da rispettare gli equilibri dei colossali portafogli detenuti.
Artur Baluszynski, head of research di Henderson Rowe, sottolinea come il prezzo del barile continui a calare nonostante l’intesa Opec preveda un taglio di oltre il 10% della produzione mondiale. “Mentre il prezzo negativo dei futures Wti registrato ieri potrebbe essere stato un errore una tantum, si conferma comunque che ci saranno problemi – evidenzia -. La crisi scatenata dal Covid-19 sta distruggendo la domanda globale di energia e senza una data certa della fine del lockdown nei Paesi sviluppati, il mercato accuserà un eccesso cronico di offerta”.
Inevitabili le ripercussioni sui listini del Vecchio Continente, viste anche le pesanti sedute archiviate da Wall Street e dalle piazze asiatiche. Francoforte segna una discesa del 2,08%, in rosso anche Londra, che cala dell’1,72%, e Parigi, -2%. Indici giù a Piazza Affari, con il Ftse Mib che accusa un ribasso dell’1,51%. A Milano non si salva nessun comparto anche se a pesare particolarmente sono i petroliferi, con Eni a guidare i ribassi.