Petrolio in (leggera) ripresa solo dalla seconda metà del 2020
Goldman boccia l'Opec: “Taglio reale di soli 4,3 mln di barili”. Prezzi bassi ancora per la prima metà del 2020. Poi State Street e MS prevedono un ritorno in area 30 dollari
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È stata una questione di poche ore. E ha riguardato un solo contratto, quello con scadenza maggio 2020. Ma la portata storica della discesa dei prezzi del contratto future sul petrolio Wti sotto lo zero è stata tale da sollevare gran clamore fra gli investitori.
Anche perché può rappresentare, secondo gli osservatori, il grimaldello che forzerà il mondo corporate a shiftare definitivamente verso investimenti di tipo green.
Il mercato del petrolio si trova in una situazione eccezionale. Mai nessuno, neanche l’analista più pessimista, avrebbe azzardato previsioni che proiettassero il prezzo del Wti – contratto con scadenza maggio, la più vicina – in negativo di addirittura 37 dollari.
Il sell off è collegato a ragioni prettamente pratiche. “Quello che si è verificato sul contratto future del Wti è stato causato dall’impossibilità da parte degli investitori finanziari di ricevere il petrolio oggetto del contratto future. Nessuno di noi operatori finanziari è nella condizione di ricevere la consegna fisica del petrolio alla scadenza del future. Ne consegue che tutti dobbiamo rollare la posizione o chiuderla”, spiega Luca Riboldi, responsabile investimenti di Banor Sim.
E se nessuno vuole comprare? Questo il problema che si è verificato lunedì sera. In pochi, quasi nessuno era disposto ad acquistare il future in scadenza martedì perché nessuno era in grado di far fronte alla consegna fisica
“Questa inefficienza, meramente di natura tecnica, ha solo indirettamente a che fare con lo sbilancio tra domanda ed offerta sul mercato del petrolio. Al contrario, essa dipende da quanto siano preponderanti le posizioni finanziarie rispetto a quelle degli operatori commerciali. Quanto più le prime prevalgono, tanto più si verifica la distorsione dato che solo gli operatori commerciali possono di fatto ottenere la consegna fisica”, analizza l’esperto di Banor.
Riboldi ne individua almeno tre.
Pericolo riscatti. Alcuni operatori finanziari professionali possono avere registrato delle perdite importanti nella giornata di lunedì. Esse si rifletteranno nella necessità di liquidare posizioni su altre asset class per far fronte ad eventuali riscatti;
Tensione sugli Etf. La situazione nel mercato petrolifero statunitense potrebbe aggravarsi in modo sensibile. Molte compagnie petrolifere falliranno senza onorare i propri debiti. Questo avrà un impatto sull’andamento degli Etf high yield Usa in cui molte di queste obbligazioni sono inserite;
Focus sul prezzo cash. È molto probabile che la discesa del prezzo del petrolio continui nei prossimi giorni. La scadenza di giugno quota attualmente a 21 dollari. Gran parte di quel prezzo incorpora gli elevati costi di magazzino. Il prezzo del petrolio sul mercato cash è quello che conta e guiderà i movimenti del future. È altrettanto molto probabile che nei prossimi giorni assisteremo ad ulteriori discese del prezzo del petrolio in quanto la domanda, da parte di alcuni settori grandi consumatori di petrolio come le linee aeree, rimarrà completamente assente. L’unica buona notizia potrebbe arrivare dagli Usa, che stanno pensando sia di tagliare la produzione sia di aumentare le riserve strategiche.
Per il mercato azionario, vale a dire le azioni delle compagnie petrolifere, alcune società stanno mettendo in conto scenari negativi e potrebbero procedere con il taglio dei dividendi.
“Stimiamo che le grandi compagnie petrolifere integrate come BP, Shell stiano quotando il prezzo del petrolio a circa 45 dollari al barile e notiamo che il prezzo del greggio di lungo termine è di 55 dollari al barile. I tagli all’offerta dell’oro nero sono più duri e più strutturali che ciclici in questo periodo di recessione, fattore che priva la produzione petrolifera del potenziale di ripresa nel 2021 e oltre. Questi tagli avranno un effetto duraturo che si protrarrà oltre la crisi legata al Covid-19”, ragiona Tal Lomnitzer, senior investment manager del Global Natural Resources Team di Janus Henderson Investors.
È abbastanza probabile che i bassi prezzi del greggio accelerino le tendenze esistenti, dato che i governi stanno facendo leva su questa situazione per sbloccare i sussidi ai combustibili fossili e usare gli stimoli per incentivare i programmi di sviluppo di energia pulita.
“La strategia JHI Global Resources – continua l’esperto – è stata sottopesata rispetto ai produttori di petrolio, con una preferenza per quelle aziende che beneficiano della transizione al carbonio in corso, come gli sviluppatori di energie rinnovabili e i fornitori di attrezzature, o i produttori di gas. Non abbiamo alcuna esposizione alle società di servizi petroliferi dove il peso della minore spesa da parte delle compagnie petrolifere si farà sentire. I fondi sono altamente liquidi. Il rapporto rischio/rendimento viene continuamente rivalutato, dal momento che le mosse che a volte richiedono mesi o anni per essere messe in atto sono state assunte in giorni o settimane”, chiosa Lomnitzer.