Bce, futuro meno accomodante
La Banca centrale europea dà il via al tapering. Dall’1 aprile è calato il ritmo di acquisti di obbligazioni. Ma il quantitative easing proseguirà fino a fine anno
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La disponibilità di obbligazioni ad alto rendimento nel mercato europeo è in calo. Tra i motivi della contrazione, che testimonia il recupero dell’economia della regione, ci sono sia la strategia di tassi bassi della Banca centrale europea – che ha aumentato la convenienza del ricorso al prestito come strumento di finanziamento delle imprese – sia il miglioramento del rating di solvibilità di alcuni grandi emittenti, società che alla luce di sviluppi positivi per gli outlook aziendali vengono promosse a investment grade.
Tra le cosiddette “rising star”, gli astri nascenti che si preparano a occupare l’universo dei titoli a più alta qualità c’è anche Telecom Italia, che pesa per il 4,25% del benchmark di riferimento del settore high yield, il Bank of America Merrill Lynch European high-yield bond index, che da inizio anno ha registrato l’uscita di circa 20 miliardi di euro di obbligazioni. La stima è che tra l’8 e il 10% dell’indice potrebbe diventare investment grade nei prossimi sei mesi. Tra le rising star all’orizzonte, oltre a Telecom spiccano Tesco, ArcelorMittal e Leonardo-Finmeccanica.
Di converso, nell’attuale congiuntura economica le aspettative in termini di ‘angeli caduti’ (in inglese, fallen angels) – termine che identifica le società che perdono il rating investment grade diventando high yield – sono molto più contenute.
Come cambia il lavoro del gestore obbligazionario high yield quando si restringe il mercato? Dove e come investire, quali sono le opportunità quando le emissioni sono ridotte o quando i grandi emittenti di bond ad alto rendimento avanzano di grado?

Come spesso accade, una mano potrebbe venire da oltreoceano. “È importante sottolineare come la composizione dell’indice tenderà a differenziarsi maggiormente, con molte aziende americane che potrebbero passare ad emissioni denominate in euro per finanziare potenziali acquisizioni nel Vecchio Continente” spiega Flavio Carpenzano, senior portfolio manager fixed income di Alliance Bernstein (AB). “Dal 2013 la percentuale di obbligazioni ad alto rendimento in euro emesse da società Usa è salita dal 3% al 10% del totale europeo e ci attendiamo che questo trend continui”.
Per Brian Kloss, capo dell’High yield di Brandywine Global (gruppo Legg Mason), l’importante è tenere sempre gli occhi sulla palla. “Continuiamo a tenere fede al nostro approccio di investimento value-oriented”, spiega il gestore. “La mutevole composizione dell’indice non influisce sul modo in cui analizziamo il segmento del credito nei mercati del reddito fisso. Invece, ci sforziamo di individuare i settori più economici e di allocare le risorse in quelli che offrono il miglior valore insieme ad un margine di sicurezza”.

Anche Konstantin Leidman, gestore del fondo Schroder ISF EURO High Yield, pone l’accento su ricerca e strategia di lungo termine. “Con l’aiuto dei nostri analisti sul credito, dobbiamo capire cosa rende solido un business, quale è la catena dei fornitori, chi sono i clienti, chi ne finanzia lo sviluppo”, spiega Leidman. “Se riusciamo a comprendere questi elementi, possiamo avere una visione di lungo termine più chiara di come i cambiamenti globali a cui stiamo assistendo (cioè i cambiamenti nei trend dei consumi, a livello legislativo, nell’ambito delle energie rinnovabili, delle tecnologie, ecc.) potranno impattare sull’efficienza degli emittenti di bond high yield. È qui che possiamo trovare valore e generare alpha in questo mercato”.
Il problema di un mercato ristretto si pone anche per le gestioni passive. “L’impatto si riflette attraverso gli indici che tracciamo”, spiega Antoine Lesné, responsabile della sales strategy per SPDR ETF, parte del gruppo State Street Global Advisors. “Ciò significa una maggiore attività intorno al ribilanciamento di fine mese, quando i proventi che derivano dai movimenti degli emittenti che lasciano l’universo investibile vengono reinvestiti nel resto delle partecipazioni”. Tuttavia, sottolinea Lesné, l’impatto complessivo in termini di carta disponibile e del numero di emittenti attivi rimane sotto controllo. “L’indice che tracciamo, il Bloomberg Barclays Liquidity Screened Euro High Yield Bond Index, ha visto il numero di emittenti scendere dai 206 di fine luglio ai 201 di fine agosto, ma a fine settembre, gli emittenti erano risaliti a 206”.
Angeli caduti cercasi
Il 2017 è l’anno in cui si è osservato il minor numero di fallen angel dallo scoppio della crisi. Questo, unito al potenziale aumento delle rising star, riflette il miglioramento dei fondamentali di credito delle società europee. “Nonostante i bassi costi di finanziamento, un outlook migliore e la minore incertezza politica, le aziende in genere non approfittano dell’occasione per rivedere il debito a bilancio”, osserva Carpenzano di AB. “Di fatto, la leva finanziaria delle società high yield europee è scesa fino al minimo toccato nel 2011, di riflesso ad una ripresa dei profitti, una lenta crescita del debito e una scarsa attività M&A. Ci aspettiamo però che i movimenti M&A riprendano nei prossimi 12-18 mesi, portando con loro più fallen angels dati da acquisizioni effettuate attraverso indebitamento”.
E se è pur vero, come afferma Leidman di Schroders, che “cercare di predire le azioni delle agenzie di rating non è certo la strategia più efficiente”, alcuni nomi di possibili angeli caduti cominciano a circolare. Gli analisti stanno indicando in Syngenta, azienda svizzera del settore agrochimico il cui rating di investimento è messo in discussione dall’incertezza sugli investimenti cinesi nella compagnia, attualmente in attesa di conferma dal governo di Pechino, una delle possibili meteore. “Anche se non abbiamo alcun nome specifico sulla lavagna dei trade in questo momento, un credito come Syngenta potrebbe potenzialmente offrire valore a causa delle circostanze aziendali”, commenta Kloss. “In passato, crediti come Fiat e Telecom Italia hanno dato agli investitori l’opportunità di acquistare aziende con asset di alta qualità a un prezzo interessante a causa di specifiche problematiche aziendali”.
Chi cerca trova
Guardando al 2018, ulteriori opportunità insite nel mercato europeo dell’high yield “continueranno a esistere in un contesto che vede 500 emissioni e 300 emittenti”, riflette Carpenzano. “Le valutazioni sono meno interessanti, ma una manciata di possibilità rimangono, soprattutto nel comparto dei beni strumentali”. Un altro comparto è quello finanziario, in particolare per quanto riguarda i titoli Additional Tier 1. Come spiega il gestore di AB: “Molti istituti, anche italiani, hanno implementato efficienti operazioni di deleverage e miglioramento della qualità degli asset, ben posizionandosi per raccogliere i frutti di una semina che godrà dell’effetto di un rialzo dei tassi e di una curva di rendimento più ripida”.
Anche Leidman ravvisa opportunità nel settore finanziario europeo. “Le banche e le assicurazioni continuano a migliorare le proprie posizioni di solvibilità e perciò sono un po’ indietro rispetto al ciclo rispetto a emittenti più focalizzati sui consumi: ciò offre un set di opportunità molto diversificato”, spiega il gestore di Schroders.

Kloss di Brandywine Global è invece meno positivo sull’outlook del credito europeo ad alto rendimento, che attualmente “offre poco valore agli investitori”. Meglio gli emergenti allora, anche in Europa. “Il credito corporate emergente in America Latina ed Europa offre un rendimento migliore rispetto al rischio, in particolare nei settori come le telecomunicazioni, l’energia, i beni strumentali e i titoli di credito quasi-sovrani”, dice Kloss.
Attenti agli spread
La contrazione del mercato high yield porta però con sé anche un effetto collaterale: con una diminuzione della qualità media del paniere di titoli high yield gli spread possono diventare un fattore di criticità, con il rischio di un aumento e possibili effetti negativi sul tasso medio di default. “Logicamente, se grossi emittenti a basso spread dovessero uscire dall’indice, lo spread medio probabilmente si allargherebbe”, concede Leidman. Ma come sempre accade per gli investimenti, ai rischi si accompagnano le opportunità. “La maggior parte dei gestori preferirebbe vedere un po’ più di volatilità in misura ragionevole, dato che essa produce dislocazioni di mercato e disallineamenti del pricing del rischio, due elementi che creano molto valore per gli investitori”.
Dal canto suo, Carpenzano non intravede grossi rischi sul fronte spread legati all’aumento delle rising star. A parità di condizioni, spiega il gestore, “se un’azienda come Telecom Italia fosse promossa, l’impatto sullo spread dell’indice sarebbe un aumento di soli tre punti base. È improbabile, quindi, che ci siano effetti negativi sul tasso di default, che dovrebbe mantenersi intorno al 2%-2,5% nei prossimi 12-18 mesi”.

L’aumento dello spread sui titoli ad alto rendimento “rappresenta una normale evoluzione del mercato” conclude Lesné di SPDR ETF. “Tuttavia, in termini di qualità del credito non abbiamo registrato un grande impatto sui rating, e la media degli spread è all’incirca aumentata di soli 10 punti base. Il tasso totale dei default rimane relativamente basso e il contesto economico attuale si pone a sostegno dell’asset class”.
