Le autorità Ue lanciano consultazione sull’informativa Esg
Esma, Eba e Eiopa hanno pubblicato un documento pubblico con le proposte di standard tecnici regolatori per la disclosure in base al regolamento Sfdr
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L’adozione di politiche di business orientate ai temi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance rappresenta un’opportunità per le piccole e medie imprese per contenere i rischi, aumentare la competitività di lungo periodo e crescere. A maggior ragione in una fase come quella attuale, e nel prossimo futuro, in cui le Pmi, spina dorsale del tessuto imprenditoriale italiano, devono cercare di riprendersi dagli impatti negativi della crisi del Covid-19. Il tema è stato al centro del dibattito nel webinar organizzato dal Forum per la finanza sostenibile, in cui diversi relatori hanno illustrato analisi, prospettive e progetti.
La prima domanda a cui rispondere è che cosa possa fare la finanza sostenibile per le Pmi. Alfonso Del Giudice, Professore Associato di Finanza Aziendale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha ricordato che secondo il FMI ha stimato un crollo del Pil mondiale, ma ha anche pronosticato che poi dovrebbe arrivare la ripresa. “Ma questa ripresa sarà particolarmente veloce se al termine del lockdown le imprese sopravvivono e i consumatori hanno ancora soldi in tasca”, chiosa Del Giudice. Secondo il docente, le misure di sostegno messe a punto dal governo con il Decreto Rilancio sono positive, ma le Pmi sono spesso molto fragili dal punto di vista finanziario e quindi hanno bisogno di strumenti per ristrutturare la finanza, ed essere così in grado di crescere, non solo di sopravvivere.
Gli investitori, dal canto loro, sono sempre più interessati a investire in imprese che adottino criteri di sostenibilità, visto che anche in questo periodo difficile si è vista “una netta differenza tra gli indici tradizionali e gli indici Esg, che sembrano essere stati più resilienti allo choc. Questo perché gli emittenti Esg sono percepiti come meno rischiosi, visto che hanno flussi di cassa più stabili”.
“Se vediamo il fattore più importante che non espone a rischio sistemico – ha proseguito Del Giudice -notiamo una prevalenza in imprese che hanno una ottima ‘S’, un fattore che è ritornato prepotentemente all’attenzione in questo periodo di crisi”. Le imprese che hanno ambienti di lavoro più salubri, che praticavano già prima lo smart working, che trattano meglio i lavoratori e gestiscono meglio la catena di fornitura sono più apprezzati, spiega.
A volte purtroppo con le imprese dimensionalmente più piccole si verifica una sorta di mismatch: uno studio svolto dalla Cattolica assieme a Equita metteva in luce per esempio che alcune aziende erano pesantemente sottovalutate sul piano della sostenibilità, perché svolgevano delle azioni meritorie che però sfuggivano ai rating provider. “Abbiamo sottolineato che sarebbe stato importante valorizzare alcuni fattori sottovalutati (per esempio il ricorso a fornitori locali, l’assenza di delocalizzazione, iniziative a favore della comunità locale e di welfare aziendale, flessibilità lavorativa, ndr), per una ricalibratura che avrebbe innalzato il rating del 5,7%. Se poi le stesse aziende avessero anche pubblicato le policy aziendali sul sito avrebbero ottenuto un beneficio complessivo di +11,3% sul punteggio Esg”, aggiunge Del Giudice.
Il binomio Pmi&sostenibilità ha comunque ricevuto una spinta in tempi recenti, soprattutto grazie alla spinta regolatoria, che ha portato le imprese per prime a maturare una maggiore sensibilità sul tema. E poi c’è ovviamente l’interesse crescete degli investitori, che come ha affermato Del Giudice oggi non si limita più a prendere in considerazione l’aspetto che finora era stato ritenuto il più importante nell’acronimo Esg, cioè la “E” relativa a environment, ma anche la “S” del sociale.
Il tema è molto importante anche nella valutazione della platea delle società quotate. Alessandra Franzosi, Head of Asset Owners & ESG Investing, Capital Markets di Borsa Italiana – LSEG, ha ricordato che su 350 società quotate, 290 sono di medie dimensioni. “E le principali Ipo degli ultimi anni sono arrivate da società di minori dimensioni”, aggiunge Franzosi. In un quadro del genere, è evidente che il tema degli strumenti di finanza sostenibile applicati alle Pmi sta assumendo una rilevanza centrale, visto che le piccole e medie imprese rappresentano una parte essenziale del panorama non solo economico ma anche finanziario, e che anche le ultime iniziative regolatorie nell’Unione europea “partono dal presuppposto che attraverso la riallocazione dei capitali si possono raggiungere i risultati di sostenibilità che ci siamo dati per il 2030”, ricorda Franzosi.
Certamente, non sempre è facile mettere insieme investitori istituzionali e Pmi, perché come ricorda la manager di Borsa Italiana “il framework è stato sviluppato per emittenti di grandi dimensioni”. Da parte di Borsa, si stanno prendendo l’impegno di facilitare l’incontro tra le esigenze degli istituzionali e quelle delle Pmi che vogliono accedere agli strumenti di finanza sostenibile.
Un dato promettente, in questo quadro, è che l’investimento Esg è diventato mainstream. Questo significa che è stato integrato sempre di più nelle policy dei grandi investitori istituzionali, che si stanno attrezzando per trasferire queste strategie su tutti i loro asset. Comprese le altre asset class come il reddito fisso, gli alternativi e non ultime – specifica Franzosi – le piccole e medie imprese.
Per questo è importante “valutare che le piccole e medie imprese siano bene equipaggiate, perché altrimenti rischiano di uscire dall’universo investibile da parte degli investitori istituzionali”. Le aziende devono dotarsi di set informativi, e comunicare la sostenibilità, ma nel farlo “devono chiedersi chi è il destinatario finale, perché gli investitori istituzionali hanno bisogni particolari”, afferma Franzosi.
Hanno cioè bisogno di sapere che la sostenibilità è integrata nelle strategie aziendali, di come sta cambiando il business model nel perseguire obiettivi sostenibili e di come l’azienda può addirittura trarre vantaggio da questi cambiamenti. Deve anche avere indicazioni sui valori intangibili in grado di creare valore nel lungo termine, e questa comunicazione deve integrare quella sui dati finanziari. Servono dati, accurati, comparabili nel tempo, coerenti. E occorre che auspicabilmente l’azienda si dia dei target.
“È sulla disclosure di sostenibilità che si giocherà la competitività”, afferma Franzosi.