Consob: “Rendicontazioni ai clienti entro fine aprile”
L’autorità di vigilanza bacchetta gli intermediari e li invita a rivedere in “chiave critica” le scelte effettuate ai fini dell’adempimento degli obblighi di dislocure dettati da Mifid 2
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Nel 2019 solo il 30% degli intermediari ha provveduto a trasmettere alla propria clientela le rendicontazioni su costi e oneri entro il primo semestre. È quanto emerge da una survey promossa dalla divisione practice asset e wealth management di Pwc Advisory, visionata in anteprima da FocusRisparmio.
Il sondaggio, volto a indagare il comportamento degli operatori di mercato a due anni dall’entrata in vigore della direttiva MiFID 2, mostra che – su un campione di 10 banche collocatrici di fondi comuni di investimento interpellate – la metà ha trasmesso l’informativa ex-post alla propria clientela nel secondo semestre dell’anno.
I risultati del sondaggio appaiono di stretta attualità, dopo la richiesta di consultazione con il mercato avviata a febbraio da Consob in materia di trasparenza degli oneri associati ai servizi d’investimento offerti dagli intermediari. Una sollecitazione che intende colmare alcune lacune lasciate aperte in ambito applicativo dalla direttiva MiFID 2 che, però, per alcuni osservatori appare tardiva.
Nel documento Consob fa esplicito riferimento a un termine perentorio entro cui le società mandanti devono inviare le rendicontazioni. Nello specifico, l’Autorità suggerisce agli intermediari di trasmettere le rendicontazioni riferite all’anno solare entro il mese di aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, “per consentire ai clienti di apprezzare i costi e il relativo impatto sui rendimenti in data il più possibile prossima alle determinazioni assunte sul patrimonio investito”.
Il problema è che nelle intenzioni di Consob tali indicazioni sarebbero “…da considerare a partire dalla redazione delle prossime rendicontazioni relative all’anno 2019…”. Tempistiche “di sicuro molto sfidanti e che – almeno per quest’anno – potrebbero essere difficili da rispettare per gli intermediari”, avverte Mauro Panebianco, Pwc partner e capo asset & wealth management advisory Emea.
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Elemento di sostanziale interesse è rappresentato dalle cause che stanno alla base delle tempistiche di trasmissione alla clientela del rendiconto annuale sui costi e oneri, che costituisce uno dei nuovi obblighi normativi MiFID 2 più impattanti per gli intermediari finanziari.
Secondo il dettato normativo, tale documento consente un’illustrazione di dettaglio al cliente delle spese realmente pagate nel corso dell’anno in termini percentuali nonché in valore assoluto, suddividendole per le diverse tipologie di prodotti e servizi offerti. In questo modo al cliente è consentito di valutare non solo l’effettivo guadagno derivante dai propri investimenti ma i costi effettivamente sostenuti per tutta la durata di mantenimento del prodotto.
L’indagine rileva come lo scorso anno il 30% degli intermediari abbia provveduto a inviare i rendiconti alla propria clientela entro il primo semestre dell’anno. Il 20% del campione ha invece preferito trasmettere il rendiconto a fine anno, “presumibilmente sulla scia della ripresa dei mercati, così da fornire ai propri clienti una rappresentazione più favorevole del proprio portafoglio”, commenta la società di consulenza.
“In generale è stato rilevato come la frequenza di trasmissione sia legata ad esigenze organizzative e operative e non in base alle specifiche caratteristiche di rischiosità di portafoglio della propria clientela”, aggiunge Panebianco.
La survey evidenzia l’adozione, da parte della quasi totalità degli intermediari distributori oggetto di indagine, di processi che consentono di ottenere i dati necessari alla predisposizione dell’informativa ex post direttamente dai produttori.
Il quadro che emerge vede il 90% degli intermediari impegnati nel richiedere alla casa di gestione o a provider terzi certificati le informazioni sui costi e oneri di ciascun prodotto di risparmio gestito necessarie alla predisposizione della rendicontazione.
Coerentemente con le disposizioni normative di riferimento, gli intermediari distributori si avvalgono altresì delle informazioni disponibili pubblicamente, detenute da provider di mercato certificati ovvero richieste direttamente ai produttori, al fine di fornire alla propria clientela informazioni sufficienti e adeguate sui prodotti offerti.
L’indagine rivela inoltre come il 70% del campione si sia servito di dati aggiornati relativi a fondi comuni di investimento e fondi alternativi (Fia) elaborati in forma aggregata fornendo informazioni sulle spese sostenute con riferimento al singolo prodotto, senza considerare la posizione del singolo cliente.
Fonte: Pwc Advisory Asset & Wealth Management
Con riferimento alle polizze Unit Linked, nel 70% dei casi gli intermediari si avvalgono di dati in forma disaggregata volti alla predisposizione del rendiconto annuale su costi e oneri, fornendo una rappresentazione esaustiva a livello di singola posizione detenuta dal cliente.
Il 70% si è servito di dati aggiornati relativi alle gestioni di portafoglio elaborati in forma disaggregata così da fornire al cliente una rappresentazione esaustiva della singola posizione detenuta. Tale modalità di disclosure, analizza Pwc, risulta “perfettamente in linea con le caratteristiche peculiari che contraddistinguono il servizio di investimento in oggetto e che prevedono un alto grado di personalizzazione del servizio di gestione svolto principalmente attraverso i mandati istituzionali”.
Fra i temi del sondaggio non solo il tema delle rendicontazioni ma anche quesiti sulle regole sulla gestione degli incentivi e dei benefici non monetari e sui presidi di product governance.
Dai risultati della survey emerge che i punti da attenzionare maggiormente sono quelli relativi alla gestione degli incentivi: il 60% del campione ritiene ammissibili partecipazioni a convegni, seminari o altri eventi formativi svolti nei Paesi dell’Unione europea, senza definire limiti di spesa giornalieri per viaggi, pernottamenti, pranzi e/o cene. Solo il 40% del campione oggetto d’indagine dichiara di comunicare in maniera puntuale al cliente i benefici non monetari ricevuti da, o pagati a, terze parti.
Tutti gli intermediari coinvolti nel sondaggio prevedono la possibilità di accettare regali, omaggi e premi di un valore minimo ammissibile, senza attuare procedure di segnalazione nei confronti delle strutture aziendali competenti. Di questi, l’80% del campione adotta misure di controllo volte a verificare il rispetto dei limiti quantitativi in materia di incentivi definiti a livello aziendale.
Per quanto riguarda la product governance tutti gli intermediari dichiarano di prevedere il divieto di commercializzazione di prodotti in “target market negativo” in fase di raccomandazione di investimento, vale a dire la clientela per la quale – in base a caratteristiche, obiettivi ed esigenze specifici – un certo prodotto non può essere ritenuto idoneo.
Per l’individuazione del target market più idoneo per ciascun prodotto d’investimento, solo un intermediario su dieci dichiara di non avvalersi degli standard EMT (European MiFID Template) elaborati da Efama, l’associazione paneuropea degli asset manager. Il 70% del campione adotta processi di segnalazione alle case prodotto delle vendite effettuate a clientela non idonea (target market negativo).
In termini di trasparenza verso la clientela, le procedure adottate dall’80% del campione consentono lo svolgimento di test di equivalenza al fine di incentivare la confrontabilità della proposizione commerciale, individuando prodotti caratterizzati da costi inferiori rispetto a quelli raccomandati.