Inflazione, la view dei gestori tra banche centrali e aspettative
29 giugno 2021
di Elena Scudieri
5 min
Per gli investitori è quasi impossibile fare previsioni precise su natura e durata dell’attuale rialzo dei prezzi. Ecco come mettere al sicuro i portafogli
Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia
Nonostante le rassicurazioni quotidiane delle banche centrali e il tono dovish utilizzato dal presedente della Fed, Jerome Powell, la scorsa settimana, scelto probabilmente per stemperare le conclusioni leggermente più hawkish emerse dall’ultima due giorni del Fomc, il tema inflazione continua a tenere i mercati globali con il fiato sospeso. In particolare, ciò che gli investitori cercano di capire è se – e per quanto – la fiammata dei prezzi sia davvero temporanea.
“Le aspettative svolgono un ruolo fondamentale nei modelli standard di inflazione”, osserva Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia, secondo cui spesso gli economisti si concentrano sulle componenti ‘tangibili’ del processo che governa la dinamica dei prezzi, come per esempio la pressione salariale, le materie prime, l’output gap eccetera, trascurando le aspettative. Una scelta comprensibile, quella degli esperti, perché come sottolinea Tentori le equazioni che modellano la visione futura delle famiglie e delle aziende spesso sfociano in un livello di complessità intrattabile. “Come capita spesso anche nelle scienze naturali, purtroppo ad oggi non disponiamo di un modello unificato che si possa applicare alle aspettative”, chiarisce Tentori, che ricorda anche come tale tema ponga alcune grandi problematiche fondamentali.
Ma al di là della comprensione della formazione e delle dinamiche delle aspettative, il cio di Axa Im Italia sottolinea come per loro natura, queste possono essere aleatorie, mutevoli, incomprensibili. “È quindi necessario monitorarle attraverso i prezzi e i sondaggi, in particolare per quanto riguarda l’inflazione. Ma questo non basta – avverte -. Così come la deflazione è spesso associata a un peggioramento delle aspettative sui prezzi e a processi virtuosi al ribasso, così potremmo anche assistere a un processo virtuoso dei prezzi al rialzo innescato dalle aspettative”.
Marc Rovers, head of euro credit di Lgim
La difficoltà di fare previsioni precise sulla natura e durata dell’attuale rialzo dei prezzi, peraltro in uno scenario inedito sia dal punto di vista monetario che fiscale, è considerata un’impresa troppo ardua anche da Marc Rovers, head of euro credit di Lgim. “La recente ondata di liquidità ha praticamente cancellato ogni traccia di volatilità e solo il tempo ci dirà fino a che punto l’intervento della banca centrale ha celato lo status reale dei fondamentali economici – afferma -. I nostri processi di investimento tengono ovviamente conto di questi fattori, ma, allo stesso tempo, tendono ad evitare quelle posizioni che vi fanno un affidamento eccessivo; pertanto, i capisaldi dello sviluppo del nostro portafoglio continueranno a essere un’accurata analisi del credito e le nostre idee sugli investimenti tematici”.
Per questo Rovers e il suo team hanno deciso di non inserire elementi specifici a tutela contro l’inflazione in portafoglio, ritenuti troppo costosi e tendenti a fagocitare buona parte dei rendimenti, se mantenuti troppo a lungo. “Preferiamo rivolgerci verso settori ed emittenti che non ne siano eccessivamente colpiti o che possano anche trarre vantaggio da un rialzo dell’inflazione – chiarisce -. Un esempio sono le banche, che traggono beneficio dai tassi d’interesse più elevati, ma anche i retailer sono ben posizionati per poter conseguire un guadagno da questo scenario”. Altri esempi di settori difensivi sono, per l’esperto, le telecomunicazioni e i servizi pubblici, che possono trasferire parte degli effetti dell’inflazione sui clienti.
Invece, dal lato opposto, per Rovers ci sono le imprese indebitate operanti nel real estate e i flussi di reddito meno garantiti, che potrebbero essere maggiormente colpiti e rispetto ai quali è quindi meglio essere molto selettivi, nonostante l’elevato compenso per gli investitori dovuto agli spread.
“Attualmente, gli investitori si ritrovano in una situazione in cui non esistono asset a basso costo e anche la liquidità viaggia su rendimenti negativi, proprio come molti titoli di Stato emessi da paesi europei, e questo vale in ogni scenario, escluso quello in cui i tassi d’interesse si risollevino dai livelli attuali”, osserva.
In questo scenario, per l’esperto Lgim il credito IG europeo è comunque una valida opportunità per gli investitori. “Si sente spesso dire che l’alta marea faccia navigare tutte le imbarcazioni e non c’è dubbio che un’inflazione costantemente superiore al target che incrementi i rendimenti delle obbligazioni e forzi la mano delle banche centrali possa avere impatti negativi sui rendimenti del credito investment grade europeo, ma se la storia ci insegna qualcosa è che questi ultimi rendimenti dovrebbero essere molto meno volatili rispetto a quelli di altri asset ad alto beta, come le azioni, o dei titoli di Stato a più lunga scadenza spesso supposti sicuri”, conclude.
David Zahn, head of european fixed income di Franklin Templeton
Secondo David Zahn, head of european fixed income di Franklin Templeton, l’inflazione costituisce un problema più negli Stati Uniti che in Europa, dove i tassi di vaccinazione sono ancora molto più bassi e non si registra lo stesso livello di domanda repressa e di pressioni inflazionistiche. “In generale, l’economia europea non produce inflazione al suo interno, ma la importa – osserva l’esperto -. Persino Christine Lagarde ha riconosciuto che l’Europa presenta dinamiche differenti; i mercati del lavoro non sono così tesi come negli Stati Uniti”.
Anche se i prezzi di alcune materie prime, come il legname, sono in aumento, per Zahn l’effetto di questo rincaro è marginale. “Vedendo salire i prezzi oltre oceano, i produttori preferiscono esportare i loro beni verso gli Stati Uniti. A parità di altre condizioni, è probabile che l’inflazione in Europa rimanga inferiore a quella statunitense a causa di problemi strutturali”.
Ad ogni modo, per l’esperto di Franklin Templeton, con la ripresa della crescita e dell’inflazione, è senz’altro ragionevole pensare di rimuovere in parte l’accomodamento monetario. “Ciò non significa che i rendimenti delle obbligazioni siano destinati ad aumentare, ma è probabile che gli spread dei titoli periferici si allarghino – analizza -. Il motivo per cui di recente sono stati molto stretti è da ricercarsi negli acquisti della Bce, per cui, se questo supporto diminuisce, è naturale che vedremo qualche movimento dei mercati”.
Pertanto, nel contesto attuale, Zahn non è particolarmente entusiasta riguardo alle obbligazioni dei Paesi periferici, ma continua ad apprezzare il credito corporate, sia high yield che investment grade, che dovrebbe evidenziare un buon andamento a fronte di una crescita più robusta e del trasferimento sui consumatori dei rincari legati all’inflazione. “Anche se riteniamo che i rendimenti in Europa rimarranno contenuti almeno nel breve termine, manteniamo un posizionamento difensivo poiché ci aspettiamo un loro rialzo a causa delle spinte inflazionistiche sul lungo periodo”, conclude.
Per gli esperti dell'asset manager svizzero le spinte inflazionistiche alle quali abbiamo assistito negli ultimi mesi non dovrebbero preoccupare perché causate da fattori momentanei
Ma la possibilità che nei prossimi mesi vengano gradualmente allentate le politiche monetarie non convenzionali delle Banche centrali è considerato il rischio di coda numero uno. Le evidenze della survey di Bank of America
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