I mercati ora hanno bisogno di utili
L'attenuarsi dei timori macroeconomici ha alimentato una sorprendente ripresa del mercato nonostante un rallentamento dei profitti. Ma ora c'è bisogno di una spinta. L'analisi di Mfs
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“All’inizio dell’anno ci si aspettava un’ulteriore divergenza dei rendimenti nel corso del 2019, con gli Usa orientati verso una politica monetaria più aggressiva rispetto agli altri mercati. Ma il cambiamento di rotta della Federal Reserve verso un atteggiamento più accomodante ha ampiamente frenato queste aspettative, determinando un conseguente rally sia per gli asset rischiosi sia per quelli ritenuti porti sicuri”. Michael Ho, global head multi-asset e alternatives di Janus Henderson, riassume così, con queste poche parole, l’andamento (a sorpresa) dei mercati nei primi sei mesi del 2019, sottolineando poi come questo faccia “apparire molti segmenti di mercato valutati equamente o a prezzo pieno, con una potenziale divergenza futura”.
Il solito effetto traino della Fed…
Sì, anche questa volta. Piuttosto che generare un’ulteriore divergenza nelle politiche monetarie globali, il cambiamento di rotta della Fed verso toni meno aggressivi ha dato il via libera alle economie ancora in difficoltà per prolungare un approccio già accomodante (situazione simile al ’98, quando alla Fed c’era Ben Bernanke, ndr).
D’altronde, era quello che “chiedevano” i mercati. Che poi hanno festeggiato.
Dopo la svolta della Fed, hanno guadagnato terreno sia gli asset rischiosi sia i cosiddetti “porti sicuri”. Tuttavia, non sono mancate sottili ma evidenti divergenze.
Che tipo di divergenze?
I titoli statunitensi hanno superato le azioni globali e quelli growth hanno generato rendimenti più elevati rispetto alle controparti value. Lato fixed income, invece, le società investment grade e le obbligazioni governative sono state le dirette beneficiarie della riduzione dei tassi d’interesse, ma con il rischio di un grave errore politico ancora incombente, i titoli high yield hanno battuto altri segmenti del mercato a reddito fisso.
E ora? Dobbiamo aspettarci un mercato ribassista?
Questa domanda è piuttosto frequente e alimenta le preoccupazioni sulle valutazioni azionarie, che persistono dal 2010. Il rapporto p/e di Shiller rettificato per il ciclo supera la soglia dei 30. Le ultime due volte in cui ha raggiunto questo livello sono state nel 1929 e nel 1998, rispettivamente poco prima della Grande depressione e dello scoppio della bolla Dot-com. Ecco perché la situazione è piuttosto critica per gli investitori, specialmente ora che molti baby boomer stanno andando in pensione e non possono permettersi di perdere capitali in un drastico crollo del mercato.
Come comportarsi allora?
Piuttosto che sui cambiamenti della politica monetaria o degli indicatori macroeconomici, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla crescita degli utili. Dopo tutto, i titoli promettono dividendi che provengono dagli utili. Se gli investitori avessero acquistato i titoli consapevoli della crescita degli utili nell’anno precedente, ma fossero passati ai Treasury decennali quando la crescita è venuta meno, gran parte dei disordini del mercato a medio termine sarebbero stati evitati.
E cosa ci dicono gli utili oggi?
Gli utili per azione realizzati delle società incluse nell’indice S&P 500 stanno ancora crescendo, ma forse troppo in fretta. Questo suggerisce che gli investitori a lungo termine non dovrebbero preoccuparsi troppo dell’incertezza macroeconomica di oggi. Ad ogni modo, è bene prestare attenzione a qualunque segnale di eventuale rallentamento della crescita degli utili.
Alla ricerca di ‘Alpha’” è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata a investimenti, mercati e all’attualità economico-finanziaria. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli appuntamenti che avranno effetti sul medio e lungo termine.