Comunque vada, vinceranno le infrastrutture
Covid, elezioni Usa, climate change: tutto gioca a favore del settore. Che per gli investitori può rivelarsi ricco di opportunità
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La corsa avrà come motore gli Usa di Joe Biden, ma non si limiterà agli States. Il settore delle infrastrutture ha infatti di fronte un futuro brillante e nei prossimi anni sarà spinto dal piano di sviluppo del neo inquilino della Casa Bianca e da trend di lungo termine che gli garantiranno una crescita stabile. Ne è convinto Jeremy Anagnos, portfolio manager della strategia Global Listed Infrastructure di Nordea AM, secondo cui la progressiva decarbonizzazione e le nuove abitudini dei consumatori e dei business, che necessitano di gestire più dati, di un maggior processing power e una più elevata profondità di banda, giocheranno a favore dell’asset class a lungo.
Gli investitori dovranno essere lungimiranti e approfittare delle buone valutazioni ma anche, come avverte il gestore, tenere conto che i benchmark sono stati definiti oltre dieci anni fa e non riescono a rappresentare il set di opportunità offerto dalle infrastrutture quotate. Dove investire? Nelle rinnovabili, nelle integrated utility, nei data center e anche nel rinnovamento delle infrastrutture esistenti.
“Se il Senato sarà a maggioranza democratica, la cosiddetta ‘blue wave’ aprirà la strada al piano di circa 2 trilioni di dollari preannunciato da Biden, che coinvolge molte aree delle infrastrutture con un chiaro focus sull’energie rinnovabili, sui trasporti e sulle comunicazioni. Anche con una leggera maggioranza repubblicana, il piano non dovrebbe essere alterato. C’è la consapevolezza in America del bisogno di migliorare le infrastrutture che implica la creazione di posti di lavoro in un’economia seriamente danneggiata dal Covid-19. Perciò, anche se non vedremo spendere tutti i 2 trilioni, c’è una buona probabilità che venga messo in atto un piano di investimenti bipartisan”.
“È un’opportunità per le imprese del settore energetico di partecipare alla transizione verso un futuro più green. Pre-elezioni il fabbisogno di investimenti nei prossimi 10 anni per conseguire gli obiettivi di sostenibilità prefissati da ogni singolo Stato era stato stimato per oltre 400 miliardi di dollari l’anno. Questa cifra non è cosi aggressiva come il piano deciso da Biden per il 2035. Oltre ad asset dedicati alle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare, sono richiesti anche impianti di immagazzinamento e strutture per la diffusione. Lato consumatori bisognerà implementare ad esempio le stazione per la ricarica dei veicoli elettrici. Abbiamo già riconosciuto una grossa opportunità a lungo termine e il piano di Biden la sta supportando ulteriormente”.
“Certo. L’Ue ha rivelato il proprio green recovery plan quest’estate dedicando un grossa somma agli investimenti nell’energia rinnovabile. Il cancelliere britannico ha altresì dichiarato il piano di investimenti nelle infrastrutture che, con un livello di disoccupazione attorno al 7.5%, darà una bella spinta all’economia inglese. Inoltre Giappone e Cina hanno recentemente annunciato i propri obiettivi di net-zero carbon per il 2050 e il 2060. La decarbonizzazione è un fenomeno globale. Fortunatamente i maggiori produttori di asset rinnovabili, impianti di energia eolica e solare, sono aziende quotate. Queste dispongono delle dimensioni necessarie a competere in un continuo sviluppo di progetti supportati dal crescente numero di normative emanate ai governi”.
“Le utility tradizionali, che gestiscono tubature e condutture stanno progressivamente diventando integrate, costruendo impianti dedicati alle energie rinnovabili. Queste aziende stanno investendo in griglie originalmente ideate per condurre energia agli utenti finali, ma dato l’aumento dei pannelli solari a uso domestico, ora hanno il potenziale di riportare energia alla griglia stessa. Questi impianti devono essere rimodernati. Le aziende integrate che stiamo osservando, come Enel in Italia, stanno supportando questa transizione”.
“Non vogliamo porci limiti riguardo l’individuazione di opportunità. Stiamo investendo da molto tempo in torri e strutture a fibre ottiche, ma i data center sono fondamentali per la movimentazione di dati. Anche se non tutti i data center dimostrano di avere le caratteristiche specifiche delle infrastrutture, abbiamo individuato alcuni nomi che giocano un ruolo centrale e possono godere di una crescita a lungo termine. Gli indici spesso mancano di costanza e i data center spesso possono essere classificati nel segmento della comunicazione e nei Reit”.
“Assolutamente. Abbiamo citato alcuni trend estremamente interessanti come le energie rinnovabili e i data center, ma c’è un forte bisogno di sviluppare la sicurezza e l’affidabilità delle infrastrutture già esistenti. Ci sono vecchie infrastrutture nelle economie sviluppate che sono state ben costruite, ma ora ci troviamo nella posizione di dover rinnovare questi impianti vecchi anche di 50-100 anni. Questo supporta la crescita organica per un 3-4%”.
“Sì, e il gap è aumentato quest’anno. Stiamo iniziando a vedere transazioni e nel private equity si pagano prezzi che sono 20-30% o anche un 40% superiori al mercato delle infrastrutture quotate. Per quanto riguarda l’azionario globale, le infrastrutture quotate presentano un tasso di sconto superiore nei multipli legati all’Ebitda fin dalla grande crisi finanziaria. La resilienza degli utili e la stabilità dei flussi di cassa sono state ampiamente dimostrate, ma il mercato è rimasto concentrato sulle solite aree dell’azionario e sui nomi altisonanti del Tech. Noi ci relazioniamo con istituzioni a livello globale e riscontriamo un numero crescente di flussi nel mercato delle infrastrutture sfruttando l’opportunità presentata da questi tassi di sconto”.
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