Crescita globale, salvati dall’ottimismo dei consumatori (per ora)
Secondo gli esperti Dws, l'umore dei vertici nelle aziende è però peggiorato più rapidamente che tra i consumatori. E la cosa è fonte di non poca preoccupazione. L’analisi
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“L’esperienza insegna che le previsioni economiche sono un compito ingrato. Il tasso di successo è basso e, anche se si è abbastanza precisi, le possibilità di prendere decisioni di investimento di successo su questa base sono ancora molto scarse”. Parola di Bert Flossbach, board member e senior portfolio manager di Flossbach von Storch, che sottolinea però come moti investitori hanno bisogno di una base di riferimento accettabile per la pianificazione e prestano particolare attenzione alle previsioni economiche di esperti di fama internazionale, come Bce, Fmi, ed economisti importanti.
Peccato però, avverte l’esperto, che le previsioni economiche debbano essere costantemente riviste nel corso dell’anno, per diverse ragioni. “Negli anni passati, le cause principali sono state il conflitto commerciale, la Brexit, i conflitti geopolitici o le tensioni regionali, come le attuali tensioni a Hong Kong, oltre alle ripetute turbolenze nella zona euro. In futuro, gli effetti delle politiche sul clima saranno probabilmente inclusi anche nelle previsioni economiche”, precisa.
“Gli indicatori economici ampiamente riconosciuti incidono raramente sui mercati dei capitali per più di pochi giorni o ore – osserva Flossbach -. Essi riflettono generalmente solo le condizioni attuali e non possono essere utilizzati per trarre conclusioni sull’evoluzione a lungo termine del mercato. Ironia della sorte, il mercato azionario è spesso un indicatore di crescita economica migliore degli indicatori economici, il che non sorprende, dato che in genere è molto più avanti rispetto all’ economia. D’altra parte, tuttavia, ogni periodo di debolezza del mercato azionario non è un indicatore precoce di recessione”.
Secondo l’esperto, infatti, il potenziale di crescita economica a lungo termine è molto più importante degli indicatori economici a breve termine e delle previsioni basate su di essi. “Esso fornisce informazioni sui potenziali ricavi aziendali e sulla crescita degli utili – spiega -. Con 123 mesi, la crescita negli Stati Uniti ha già raggiunto un nuovo record. Il prodotto interno lordo (reale) (Pil), tuttavia, è aumentato solo del 26 %, il che lo rende solo il quinto incremento più forte dal 1945. Sulla base di una crescita reale annua di appena il 2,3 %, è stato addirittura il più debole”.
Ma Flossbach aggiunge che i rialzi tuttavia non muoiono di vecchiaia, ma sono generalmente seguiti da un riscaldamento economico, inflazione e dal conseguente aumento dei tassi di interesse (in casi meno frequenti si verifica una recessione dovuta a fattori esogeni, come la crisi petrolifera degli anni ’70). “Attualmente nessuno di questi fattori è applicabile – sottolinea -. Da notare che negli ultimi 70 anni i tassi di crescita annuale negli Stati Uniti sono costantemente diminuiti. Questo non vale solo per i cinque maggiori periodi di crescita del dopoguerra, ma per tutti”. Le ragioni sono complesse, a detta dell’aperto. La guerra è stata seguita da un boom di crescita a livello mondiale e la globalizzazione ha successivamente creato periodi di forte crescita. La dinamica ha tuttavia subito un notevole rallentamento dopo la crisi finanziaria.
“La crescita economica globale, invece, è rimasta relativamente stabile grazie al massiccio contributo della Cina – aggiunge -, che ha fatto crescere anche altre economie. Lo slancio economico globale quindi risentirebbe di un’escalation sostenuta del conflitto commerciale”.
Ciò interesserebbe soprattutto le economie dell’Asia e dell’Europa, per le quali la Cina è un importante mercato di vendita, secondo Flossbach che, ipotizzando una piccola riduzione della crescita economica a medio termine e un’inflazione ancora bassa, fa notare come si ottengano i seguenti tassi di crescita nominale per le tre grandi aree economiche (“Questa dovrebbe essere considerata un’ipotesi operativa, non una previsione”, avverte): 2,5% per l’area dell’euro (1% di crescita reale); 3% per gli Stati Uniti (1,5% di crescita reale); 7% per la Cina (5% di crescita reale). In questo scenario, la Cina contribuirebbe con 5,7 trilioni di dollari alla crescita globale entro il 2024, 500 miliardi di dollari in più degli Stati Uniti e della zona euro messi insieme.
“Per tutte e tre le aree economiche nel loro insieme, la crescita nominale attesa sarebbe del 5% (sulla base del dollaro Usa), che utilizziamo come approssimazione della crescita nominale nell’economia globale e della crescita dei ricavi per le imprese globali. La soglia del 5 % è tuttavia relativamente ambiziosa, poiché molte aziende globali realizzano la maggior parte delle loro vendite in paesi a bassa crescita (soprattutto Europa e Giappone). La continuazione del conflitto commerciale potrebbe ridurre ulteriormente la crescita, in quanto è già prevedibile che la conseguente incertezza ridurrebbe la propensione all’investimento di molte aziende”, conclude infine l’esperto.