Esg, tutti i rischi del greenwashing
Sebastien Thevoux-Chabuel fornisce alcuni consigli per distinguere quelle realtà che hanno un approccio ESG serio e trasparente
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La nuova Europa, con il rinnovo ai vertici di Commissione e Bce, prende forma e con essa l’impegno green. Una strategia che potrà dare gas ai green bond e in generale agli investimenti verdi, secondo i gestori.
È dell’11 dicembre la Comunicazione della Commissione, il primo atto di governo di Ursula von der Leyen, sul Green Deal, “una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse”. Secondo la tabella di marcia, entro marzo 2020 la Commissione proporrà la prima “legge per il clima europea per stabilire in modo chiaro le condizioni di una transizione equa ed efficace, assicurare la prevedibilità agli investitori e garantire che la transizione sia irreversibile. In questo modo l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 sarà sancito per legge”. Entro l’estate 2020 inoltre, sarà presentato “un piano per la valutazione dell’impatto finalizzato ad aumentare in modo responsabile l’obiettivo dell’UE di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 di almeno il 50-55% rispetto ai livelli del 1990”.
Insomma, un nuovo mood che potrebbe avere un effetto positivo in termini di miglioramento del profilo del mercato dei green bond. Così come un impulso a questi e ad altri investimenti sostenibili potrebbe arrivare da un programma di quantitative easing (QE) green promosso dalla nuova presedente della Bce Christine Lagarde. Anche se non è green l’ultimo Qe da 20 miliardi la mese partito a novembre, le cui regole rendono ammissibili solo circa 50-80 miliardi di euro di green bond, il 10% del totale disponibile.
Ma non è escluso che la Bce si muova verso la sostenibilità, “ad esempio, potrebbe comunicare il volume di obbligazioni verdi che acquista o fissare una soglia minima mensile di acquisto e mirare ad aumentarla nel tempo. Ciò darebbe un segnale molto forte al mercato sul cambiamento climatico. Una tale mossa attirerebbe anche un maggior numero di emittenti, il che alimenterebbe ulteriormente la crescita del mercato. Un mercato che nel dicembre 2019 ha superato la soglia dei 500 miliardi di euro e che prevediamo continui a crescere raggiungendo a fine 2020 gli 800 miliardi di euro”, dice a Focus Risparmio Bram Bos, Lead Portfolio Manager Green Bonds di NN Investment Partners.
Il 2019 è stato anche il secondo anno consecutivo in cui gli emittenti corporate hanno dominato il mercato dei green bond. “Tuttavia, a differenza del 2018, oltre ai soliti sospetti (financial e utility), sempre più emittenti nel settore industriale, tecnologico e delle comunicazioni hanno lanciato un primo green bond. Sono arrivate sul mercato anche le prime compagnie assicurative, mentre PepsiCo ha ampliato il settore relativamente piccolo delle obbligazioni verdi relativi ai consumatori non ciclici – continua Bos – NN IP prevede un’ulteriore diversificazione nel settore delle obbligazioni verdi. Le case automobilistiche, ad esempio, stanno passando ai veicoli elettrici per conformarsi alle mutevoli normative UE e dispongono di una solida base di asset verdi. Anche loro dovrebbero essere in grado di iniziare a emettere green bond nel prossimo futuro”.
Nel 2020 dovrebbero emettere green bond anche governi come la Germania, l’Italia e la Svezia, dopo che nel 2019 i Paesi Bassi sono stati il primo Stato con rating AAA ad entrare sul mercato a maggio, con la più grande emissione di green bond (quasi 6 miliardi di euro). Anche Francia e Irlanda hanno sfruttato il mercato quest’anno. Gli Stati rappresentano attualmente il 24% del mercato delle obbligazioni verdi in euro.
Se i green bond sono un buon modo per cavalcare l’onda della sostenibilità, non sono certamente l’unico.
“Il cambiamento climatico offre un’ampia gamma di opportunità per un investitore globale a lungo termine. Le obbligazioni verdi, anche se rappresentano meno dell’1% del fabbisogno finanziario globale per la transizione energetica, sono un esempio rilevante di innovazione che però non è sufficiente da solo al momento a garantire la transizione verso un mondo più rispettoso dell’ambiente”, afferma Ophélie Mortier, Responsabile degli Investimenti Responsabili di DPAM. “Per consentire la decarbonizzazione e realizzare un modello di sistema sostenibile, abbiamo introdotto dunque nel nostro universo di investimento anche le obbligazioni emesse da realtà impegnate nel facilitare la transizione energetica e nella sfida al cambiamento climatico. Le prime sono emesse da aziende con una quota significativa del loro business in prodotti o servizi verdi innovativi come quelli di riciclo, i produttori di turbine eoliche, contatori intelligenti o altre soluzioni nel quadro dell’efficienza energetica. I secondi sono emittenti societari o governativi che stanno compiendo progressi significativi nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio”.