Savona (Consob): “Il risparmio sale ma non rende. Minacciato dalle criptovalute”
14 giugno 2021
di ELENA SCUDIERI
5 min
Accantonamenti su del 50%, se investiti avrebbero reso 30 miliardi. Incombe il rischio monete digitali: “Come i derivati: serve una nuova Bretton Wood”
Paolo Savona, presidente della Consob
Complice la paura della pandemia, il 2020 ha visto il risparmio delle famiglie italiane crescere ancora, di ben il 50%, restando però totalmente infruttuoso. Soldi che, se fossero stati messi a reddito, anche con una remunerazione di appena l’1% avrebbero reso 30 miliardi, il 2% del Pil, “la dimensione di una buona manovra di bilancio pubblico del passato”. Ha messo inevitabilmente il dito nella piaga il presidente della Consob, Paolo Savona, che nel suo discorso annuale al mercato si è soffermato a lungo sul problema del risparmio e della sua tutela, puntando i riflettori sulla serie di insidie che lo minacciano, dai tassi prossimi allo zero fino al pericolo rosso delle criptovalute.
Risparmio ed esportazioni pilastri dell’Italia
Il 2020 “è stato uno degli anni peggiori vissuti dall’Italia sul piano economico e sociale dalla fine della Seconda guerra mondiale” e ora, all’alba della ripresa, viene confermato per il presidente Consob che il risparmio e le esportazioni sono i due pilastri della forza sociale ed economica del Paese. “Per la prosecuzione della fase di rilancio dell’attività produttiva è però necessario integrare le decisioni finora prese per incentivare il capitale di rischio delle imprese al fine di migliorare la loro leva finanziaria e renderle più disponibili a intraprendere nuove iniziative”, ha evidenziato Savona, riferendosi anche alla riforma del fisco.
Anche se “l’intervento dello Stato per fini sociali ha raggiunto nell’anno forme e livelli inusuali” non è bastato ad attenuare la pressione sulle risorse pubbliche. Secondo il numero uno dell’authority bisogna quindi sostenere le imprese private, soprattutto se esportatrici, perché la loro capacità di risolvere i problemi della concorrenza e restare sul mercato rappresenta un cardine della crescita e un fondamento del buon funzionamento della democrazia, che ha il potere di correggere la distribuzione del reddito determinata dall’attività produttiva e commutativa attraverso regolamenti, imposte e tasse. “Quando queste forme sono insufficienti e il risparmio non viene utilizzato dai privati, lo Stato ricorre all’indebitamento, non sempre però a seguito di una fondata valutazione degli effetti redistributivi intergenerazionali”, ha avvertito.
Ciptovalute, una minaccia per il risparmio come i derivati
Sempre nel ruolo di protettore del risparmio delle famiglie italiane, Savona si è soffermato a lungo sul tema delle criptovalute, per il quale ha usato toni allarmati ma ha anche offerto soluzioni. Il fintech infatti corre più veloce del mercato e le regole finora applicate non bastano più, bisogna studiarne di nuove. “L’informatica finanziaria è una lampada prodigiosa dalla quale è uscito il genio”, ha detto, e per “riportarlo dentro” le authority devono usare le stesse tecniche digitali. Per rendere più chiaro il livello di allerta, Savona ha sventolato lo spettro dei derivati: “Pur con le dovute distinzioni, è prevedibile che stia accadendo qualcosa di analogo nel mercato dei prodotti monetari e finanziari virtuali, soprattutto criptati”. E ha poi evidenziato il nodo della cybersecurity e quel “confine d’incertezza di essere dentro o fuori il perimetro della legalità”, senza vigilanza.
È insomma emergenza sul fronte dell’innovazione finanziaria e non basta più dire ai risparmiatori di stare attenti. “Gli effetti sulla tutela del risparmio e sulla stessa distribuzione del reddito appaiono rilevanti e richiedono di essere oggetto di un’esatta comprensione per dare seguito urgente a una regolamentazione che colmi le lacune da questa palesate”, ha avvertito.
“Nelle attuali condizioni – ha proposto – le autorità possono intervenire divenendo parti attive nell’infosfera, ossia utilizzando anch’esse i vantaggi delle tecniche digitalizzate; la loro azione risulterà più efficace se cooperano tra loro ma, per raggiungere lo scopo, devono comprendere innanzitutto i limiti e le possibilità nell’uso delle nuove tecnologie che la Scienza dei dati e quella delle reti va sviluppando a ritmi incalzanti. Alle condizioni che si sono affermate sul mercato, i soli ammonimenti sui rischi corsi dai risparmiatori o le stesse proibizioni risultano inefficaci”.
La Consob e le altre authority vogliono recuperare la trasparenza del mercato facendo uso delle stesse innovazioni finanziarie, per questo secondo Savona l’attitudine favorevole alle nuove tecniche va accompagnata con norme chiare sulla nascita e sugli scambi degli strumenti criptati e sui loro intrecci tra attività/passività monetarie e finanziarie tradizionali, “siano esse già digitalizzate o meno, come guida indispensabile per gli operatori che gestiscono la liquidità e i risparmi”.
Perché i paradigmi finora usati per analizzare il mercato sembra non funzionare più davanti alle cryptovalute. E se il problema della cybersecurity nella percezione di chi investe è compensata dai guadagni, ha fatto notare Savona, rimane pur sempre il fatto che essi restano nel confine dell’incertezza di essere dentro o fuori il perimetro della legalità, soprattutto se includono l’uso delle cryptocurrency. “Per cogliere l’ampiezza delle possibilità messe a punto dai tecnici delle contabilità decentrate si usa l’acronimo DLT, dei cui reali contenuti sono coscienti solo gli esperti, ma non la clientela ordinaria, il retail, che, se vi accede, risulta di fatto meno protetta. Senza presidi adeguati, ne consegue un peggioramento della trasparenza del mercato, fondamento della legalità e delle scelte razionali degli operatori”.
Cybersecurity, un bene pubblico
La sicurezza, insomma, resta il fianco scoperto della nuova finanza digitale ed “è perciò ragionevole considerare la cybersecurity un bene pubblico”, ha scandito il presidente di Consob, secondo cui quindi l’esistenza e il funzionamento di un sistema di sicurezza, anche se lasciato ai privati, deve essere garantito e presidiato dallo Stato. La soluzione però, e qui sta la sua proposta, non può essere raggiunta a livello nazionale e richiede una stretta collaborazione internazionale, “ossia la nascita di un ‘bene pubblico globale’ – ha chiarito -, come lo furono il Fmi, l’Onu e il Wto. La parte dell’Accordo di Bretton Woods più vicino alle soluzioni del problema qui sollevato dell’intercambiabilità tra diverse monete nazionali non ha retto alla prova della cooperazione internazionale, ma le innovazioni tecnologiche applicate alla finanza hanno riproposto l’urgenza di un suo rilancio in chiave di attualità”.
Ma se i tempi di maturazione di un’iniziativa a livello europeo fossero lunghi, “il Paese dovrebbe provvedere autonomamente, non foss’altro per essere pronto a integrarsi nelle istituzioni comunitarie, quando esse entreranno in vigore – ha precisato il numero uno della Consob -. Gli esperimenti rappresentano la migliore scuola di formazione di professionisti del tema capaci di pervenire a normative in una materia che, per la sua rapida evoluzione, richiede continue messe a punto”.
E Savona ha anche dettagliato la sua proposta: “Un primo passo sarebbe il recepimento della raccomandazione del Comitato Europeo per il Rischio Sistemico del 2011 che darebbe vita a una controparte unica nazionale che si dia carico della stabilità macro-prudenziale. La Banca d’Italia manterrebbe un ruolo centrale, giustificato dalla sua partecipazione all’eurosistema intorno a cui ruota attualmente la finanza europea, ma verrebbe garantito uno stretto coordinamento tra le tre autorità di vigilanza indipendenti (Consob, Ivass e Covip), con la partecipazione del Mef”.
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