A tutto risiko: asset e wealth management nel mirino
Il Covid19 accelera il consolidamento in corso. Numerose le ipotesi allo studio. In Piazza Affari occhio a Anima, Arca sgr, FinecoBank e Banca Generali
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E’ ufficiale: con l’Opa di Credit Agricole su Creval e le dichiarazioni d’amore tra Banco Bpm e Bper si è aperto a Piazza Affari il valzer dei fidanzamenti, nel segno di quel consolidamento del settore tanto auspicato dalla Bce. Non che si tratti di una sorpresa, ma le promesse di matrimonio (consensuali o minacciate), che prima si muovevano nell’ombra, ora stanno venendo a galla una a una, come in un grande gioco del domino. E già si commette su chi sarà a fare il prossimo annuncio.
La cartina al tornasole è come al solito il listino milanese, dove da venerdì i bancari sono protagonisti indiscussi. Stamane, al giro di boa, l’Ftse Mib viaggia in progresso dell’1% (dopo il +4% messo a segno nella scorsa ottava), spinto dagli effetti dell’Opa del Credit Agricole (+2,75%) su Creval (+23,29% a 10,72 euro), che viene scambiata a un prezzo superiore all’offerta. Sugli scudi anche Bps (+9,77%), Unicredit (+3,61%), Mps (+3,57%), e Bper (+2,45%), mentre si muove cauta Intesa (+1,34%) e viaggia in controtendenza Bpm (-0,67%), altra grande protagonista del risiko.
La notizia del giorno riguarda appunto il matrimonio italo-francese tra l’Agricole Italia e il Credito Valtellinese. La banca guidata da Giampiero Maioli e controllata per il 75,6% da Credit Agricole ha infatti lanciato un’offerta pubblica di acquisto volontaria con corrispettivo in denaro sulla totalità delle azioni del suo partner storico tricolore. Dalle nozze nascerebbe la sesta banca commerciale del Paese per asset in gestione e la settima per totale attivi e numero di clienti, con una quota di mercato del 5% a livello nazionale in base al numero del filiali (circa 1.200).
La banque verte ha messo sul piatto 10,5 euro per azione, cifra che comprende un premio del 21,4% rispetto ai valori di chiusura di venerdì e del 53,9% rispetto al prezzo medio ponderato degli ultimi sei mesi. L’esborso massimo per arrivare al 100% del capitale dell’istituto girato da Luigi Lovaglio sarà di 737 milioni. I francesi, spiega una nota, intendono “procedere alla fusione per incorporazione di Credito Valtellinese in Credit Agricole Italia al fine di consentire un’effettiva integrazione delle proprie attività con quelle di Credito Valtellinese” e delisteranno il titolo da Piazza Affari se supereranno il 90% del capitale.
Il Creval è partecipato dallo stesso Credit Agricole per il 9,847%, mentre gli altri soci rilevanti sono Dumont con il 5,784%, Altera Absolute Investments con il 7,07%, Algebris con il 5,286% (che ha già aderito all’Opa) e Hosting Partners con il 5,128%. Maioli prevede che la fusione produca un incremento dell’utile per azione al 2022 e che generi un Return on Investment (Roe) stimato superiore al 10% in 3 anni, basato solo su sinergie di costo e di funding. L’operazione permetterà la creazione di valore a lungo termine attraverso il progressivo crossselling con le linee di business di Credit Agricole e le sinergie attese sono pari a circa 150 milioni annui.
Oltre ad Algebris, hanno già ‘aderito’ all’Opa anche gli analisti. Gli esperti di Equita Sim ad esempio ritengono che l’offerta sia attraente per gli azionisti di Credito Valtellinese, che dovrebbero quindi aderire all’Opa. La Sim ha dunque allineato il target al prezzo dell’offerta a 10,5 euro e passato a hold da buy in termini di raccomandazione.
In Mediobanca Securities segnalano che dalla prospettiva francese l’operazione su Creval ha senso sia a livello strategico che finanziario, ma non muove le lancette. Pro-forma infatti la quota di mercato sarà al 5% a livello nazionale (in termini di filiali) e, nel lungo termine, gli esperti vedono ulteriori deal con Credit Agricole vista rafforzare ancora i suoi canali di distribuzione. Inoltre, cosa importante, l’impatto sul Cet1 negativo per 20 bps non minaccerà la capacità di distribuire dividendi e ci sarà un’esclusione implicata di deal più grandi nel breve termine; cosa che potrebbe permettere un recupero del prezzo del titolo. Banca Akros infine ha alzato il target price di Creval da 8,4 euro a 10,5 euro, confermando ad accumulate il rating, in linea con il prezzo dell’Opa.
L’uscita di scena del Credit Agricole, rende ancora più plausibile il deal tra Banco Bpm e Bper, che venerdì scorso si sono giurati amore a mezzo stampa, con il patron del gruppo Unipol, Carlo Cimbri, azionista di Bper col 20%, che ha definito “affascinante” l’idea di un matrimonio tra i due istituti ed è stato prontamente ricambiato dall’ad di Piazzetta Meda, Carlo Castagna.
“L’acquisizione di Creval da parte di Credit Agricole elimina nel breve periodo un potenziale compratore per Banco Bpm visto che nei prossimi mesi sarà necessaria l’integrazione della banca”, osservano gli analisti di Equita Sim, secondo sui venendo meno un’opzione strategica per Banco Bpm, a questo punto “aumentano le chances di un deal con Bper che, pur avendo senso dal punto di vista industriale vista la complementarietà delle reti distributive delle due banche e dei modelli di business, si configurerebbe sostanzialmente come un merger of equals con minor spazio per risultare in un premio up-front rispetto ai prezzi di mercato di Banco Bpm”.
Intanto, Mediobanca Securities ha alzato il rating dell’istituto emiliano a outperform da neutral, con un target price fissato a 2,05 euro. Gli esperti in particolare vedono un upside dell’11% su base stand-alone e uno del 38% tramite M&A. Piazzetta Cuccia quindi “gioca” il tema M&A tramite Bper visti i bassi multipli e la recente sottoperformance. Quello che guida questo cambiamento è legato al limitato rischio di erosione del Cet1 (grazie alla conversione delle Dta) e l’’interesse sull”argomento M&A della parti coinvolte, che potrebbe portare ad un’operazione M&A nel 2021. MB in particolare simula un’eventuale operazione tra Banco Bpm e Bper. Questa opzione (insieme alla già ipotizzata Banco Bpm/Credit Agricole Italia) sarebbe molto accrescitiva per il Banco (del 35% circa), lasciando l”istituto ben capitalizzato.
Non solo. Per gli esperti di Mediobanca Securities, con una fusione tra Banco Bpm e Bper, “un’aggregazione tra Anima Holding e Arca diventerebbe altamente probabile e i vantaggi per Anima potrebbero essere sostanziali”. Arca, infatti, nel 2019 ha registrato un utile netto di 43 milioni euro, praticamente senza commissioni di performance (1,4 milioni euro), corrispondente al 24% dei profitti rettificati della società guidata da Alessandro Melzi D’Eril nello stesso anno. Inoltre, Anima potrebbe autofinanziare l’accordo grazie ai 350-400 milioni euro di liquidità disponibile per le operazioni, aggiungendo alcune sinergie, come evidenziano gli esperti, secondo cui Anima Holding può svolgere un ruolo fondamentale nell’imminente ondata di fusioni e acquisizioni tra le banche italiane.
In luce a Piazza Affari ci sono oggi anche due note protagoniste del risiko, Unicredit e Mps, sulla cui unione si sarebbe fatto più intenso il pressing del Mef. Secondo indiscrezioni, infatti, i tecnici di via XX Settembre, azionista al 68% di Siena, e il management dell’istituto milanese sarebbero al lavoro per trovare le condizioni per una business combination fra le due banche. E il Tesoro sarebbe pronto a garantire la condizione di neutralità sul capitale di Unicredit dall’acquisizione attraverso un aumento di capitale da 2,5 miliardi del Montepaschi e attraverso l’emanazione di un decreto che permetta la conversione da asset fiscali in crediti fiscali, quindi computabili nel Cet, di circa 3,7 miliardi di DTA attualmente fuori bilancio di Mps. Infine il ministero starebbe anche studiando lo spin-off di 10 miliardi di rischi legali dall’istituto senese.
A queste condizioni, per gli analisti di Equita Sim l’accordo “sarebbe sostanzialmente neutrale/leggermente accreativo sotto il profilo del capitale per Unicredit, nonché neutrale dal punto di vista del profilo di rischio in quanto verrebbero sterilizzate le componenti company-specific di Mps (cause legali e minacce di contenzioso)”. L’operazione “potrebbe presentarsi vantaggiosa per Unicredit sebbene diluitiva sull’Eps 2021-2023″, mentre in termini relativi Banco Bpm rappresenta “un’opzione più valida dal punto di vista industriale perché rafforzerebbe maggiormente la presenza di Unicredit nel Nord Italia e” nello specifico “in Lombardia, oltre che presentare in ogni caso un minor rischio di esecuzione”, spiegano gli esperti.
Equita evidenzia inoltre che “un’operazione che preveda l’integrale sterilizzazione dei rischi legali da Mps possa presentare ostacoli anche a livello domestico relativamente alla possibilità di trasferire rischi determinatisi nello svolgimento di un’attività privata sul bilancio pubblico”. Infine, gli analisti segnalano che, con un aumento di capitale di Mps da 2,5 miliardi senza sterilizzazione integrale dei relativi diritti di voto, “il Mef diventerebbe il primo azionista di Unicredit post businesss combination con una quota del 14%, scenario che rappresenterebbe un ulteriore overhang per la valutazione del titolo”.
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