Anche per il petrolio inizia la Fase 2
I tagli Opec in arrivo e le graduali riaperture in molti Paesi fanno segnare la quinta seduta in rialzo per Wti e Brent. Ma per gli operatori il mercato è ancora vulnerabile
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Wti e Brent viaggiano da settimane sopra i 60 dollari al barile. E ieri, dopo la riunione dell’Opec, i corsi del petrolio hanno confermato il rally in atto con rialzi del 5%. Tutto merito dell’estensione, anche per aprile, dell’accordo precedente: tagli collettivi alla produzione di petrolio con una produzione limitata a 7 milioni di barili al giorno.
Sicuramente, dopo lo shock di quasi un anno fa verificatosi per l’inizio della pandemia, il mercato si è stabilizzato e in più si è verificato un calo di volatilità inusuale per i prezzi del petrolio”, commenta Stefano Gianti di Swissquote, spiegando che “storicamente il prezzo del petrolio è più volatile di altri asset e materie prime, ma nella seconda parte del 2020, la sua volatilità è scesa drasticamente, il che è un bene. In più, nove delle ultime 15 rilevazioni settimanali dei dati relativi alle scorte di petrolio hanno fornito ottime indicazioni: è emerso che c’è stata una ripresa della domanda. D’altra parte, però, proprio l’ultima rilevazione di mercoledì 3 marzo ha evidenziato un nuovo eccesso di scorte e l’Europa è entrata nella terza ondata della pandemia e gli Stati Uniti addirittura sono alla quarta, quindi questo suscita molte preoccupazioni per almeno i prossimi tre mesi”.
Ci sarà nuova volatilità? In parte sì. Ma il sostegno delle banche centrali, i buoni dati macroeconomici relativi alla fiducia degli imprenditori e una ripresa della produzione industriale fanno comunque ben sperare. “Alla luce di tutto questo, ci aspettiamo quindi nel breve periodo un leggero ritracciamento verso il basso dei prezzi per poi proseguire il trend rialzista in corso, fino ad un possibile target situato in area 67 dollari al barile per il Brent e 65 dollari per il WTI”.
Per Julius Baer l’ottimismo da Qe e la campagna vaccinale negli Usa stanno garantendo sostegno al prezzo del barile, che a loro parere potrebbe arrivare oltre i 70 dollari entro la metà dell’anno.
In questo quadro, conviene ancora investire nel petrolio. E secondo Swissquote “lo si può fare in maniera abbastanza semplice, selezionando alcuni ETP. Il più diffuso a livello globale ha il ticker: USO (United States Oil Fund), quotato al New York Stock Exchange, che ha come obiettivo quello di ricalcare l’andamento del petrolio di tipo WTI. Si possono tranquillamente cercare altri ETP (acronimo di Exchange Traded Products, ovvero strumenti quotati che replicano l’andamento di un’attività sottostante), denominati in euro, ovviamente prima di procedere all’investimento bisogna conoscere tutti i rischi annessi e connessi”.
Ma attenzione, solo i trader più esperti possono investire direttamente sul mercato dei futures o dei CFD, dove si può anche beneficiare dell’effetto leva, il che non fa per tutti. In questi casi, si può anche investire su eventuali movimenti ribassisti. Guardando all’azionario, per Equita il titolo su cui puntare è Eni che ieri è arrivato a sfiorare quota 9,9 euro per un rialzo del 2,24%. D’altra parte Rbc Capital Markets spiega che “i gruppi petroliferi integrati trattano sui listini europei a sconto rispetto ai competitor americani. E hanno il vantaggio di offrire elevati rendimenti del dividendo”. Concorde Ubs secondo cui “dopo un 2020 caratterizzato dalla sospensione dei piani di buyback e dal taglio dei dividendi, le prospettive per quest’anno sono più promettenti”. Bp, Eni, Repsol, Total, Equinor e Royal Dutch Shell i titoli più promettenti.