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Gli orientamenti, aggiornati alla luce dell’integrazione delle preferenze di sostenibilità nel suitability assessment, entreranno in vigore dopo sei mesi dalla traduzione
L’Esma, l’autorità europea di supervisione dei mercati, ha pubblicato le nuove linee guida sulla valutazione di adeguatezza, in seguito alle modifiche alla Mifid che hanno introdotto l’obbligo di integrazione delle preferenze di sostenibilità del cliente.
Le nuove linee guida, che fanno seguito alla consultazione lanciata a gennaio 2022, sono la versione aggiornata delle Guidelines del 2018, in cui adesso si specifica anche come integrare i fattori, i rischi e le preferenze di sostenibilità sia nella valutazione di adeguatezza sia nei requisiti organizzativi imposti agli intermediari, e indicano le buone e le cattive pratiche osservate come risultato dell’azione comune di vigilanza.
La valutazione di adeguatezza è uno dei pilastri principali su cui si basa la protezione dell’investitore predisposta dalla Mifid. Le modifiche alla direttiva impongono agli intermediari di spiegare ai clienti in modo chiaro e comprensibile i contatti relativi alle preferenze di sostenibilità, e tra prodotti che integrano principi di sostenibilità o meno, raccogliere le indicazioni dei clienti in tal senso e integrarle nella valutazione di adeguatezza, e individuare i prodotti che le soddisfano. A monte, vengono imposti anche dei requisiti organizzativi, che impongono cioè alle imprese di formare adeguatamente i consulenti sui temi legati alla sostenibilità e di tenere una registrazione accurata delle preferenze dei clienti e di eventuali aggiornamenti.
Nel suo report, l’Esma ha elencato una serie di vantaggi che dovrebbero derivare dalla pubblicazione delle linee guida, tra cui innanzitutto la riduzione del rischio di misselling e delle relative conseguenze finanziarie (che per gli intermediari vorranno dire una riduzione dei reclami, dei costi dei ricorsi e delle spese legali per le cause giudiziarie, dei danni alla reputazione, delle multe, eccetera). Ma anche la possibilità di evitare il greenwashing nella distribuzione di prodotti di investimento con caratteristiche di sostenibilità, ridurre i rischi legati all’arbitraggio normativo o di vigilanza grazie a un maggior grado di armonizzazione e a una convergenza di vigilanza più coerente.
Le Linee guida
Il primo principio espresso dalle linee guida è che gli intermediari devono informare i clienti in modo chiaro e semplice sulla valutazione di adeguatezza e sul suo scopo, che è quello di consentire alla società e al consulente di agire nel migliore interesse del cliente. “Ciò dovrebbe includere una chiara spiegazione del fatto che è responsabilità della società condurre la valutazione, in modo che i clienti comprendano il motivo per cui viene loro richiesto di fornire determinate informazioni e l’importanza che tali informazioni siano aggiornate, accurate e complete”. Questo dovrebbe aiutare l’investitore a capire il perché della valutazione di adeguatezza e a fornire tutte le informazioni necessarie in maniera accurata e aggiornata.
Per aiutare poi i clienti a comprendere il concetto di “preferenze in materia di sostenibilità” introdotto dalle recenti modifiche alla Mifid, e le scelte da compiere, è necessario che i clienti siano in grado di scegliere tra le varie opzioni.
Gli intermediari dovrebbero quindi spiegare innanzitutto i termini e le distinzioni tra i diversi elementi della definizione di preferenze di sostenibilità sulla base delle tre tipologie definite dal testo, cioè: a) uno strumento finanziario per cui il cliente determina che una minima percentuale debba essere investita in investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale ai sensi dell’articolo 2 punto 1 della Tassonomia; b) uno strumento finanziario per cui il cliente determina che una minima percentuale debba essere investita in investimenti sostenibili ai sensi dell’articolo 2 punto 1 della Tassonomia; c) uno strumento finanziario che considera i principali impatti avversi (Pai) sui fattori di sostenibilità. Vanno inoltre spiegate le differenze tra questi prodotti e quelli privi di tali caratteristiche di sostenibilità in modo chiaro, evitando il linguaggio tecnico. Nonché i termini e i concetti utilizzati quando si riferiscono agli aspetti ambientali, sociali e di governance.
Le informazioni sulle preferenze di sostenibilità dei clienti dovrebbero essere sufficientemente granulari da consentire un abbinamento di tali preferenze con le caratteristiche di sostenibilità degli strumenti finanziari. Gli intermediari devono innanzitutto verificare se il cliente abbia delle preferenze di sostenibilità oppure no; e in caso positivo verificare se le preferenze riguardano una o più delle tre tipologie menzionate in precedenza. Per raccogliere queste informazioni, spiega Esma, il consulente dovrebbe porre domande “chiuse”, in cui la risposta sia sì o no. In caso di indicazione delle prime due tipologie – a) e b) – occorre anche indicare la specifica percentuale minima (e non quella esatta) che lo strumento dovrebbe dedicare a investimenti sostenibili secondo le preferenze del cliente; nella terza tipologia – la c) – quali tipi di impatti principali avversi andrebbero considerati. In caso di preferenze per la seconda e la terza tipologia – b) e c) – il consulente deve anche verificare se le preferenze di sostenibilità del cliente si riferiscono ad aspetti ambientali, sociali o di governance o a una combinazione di questi.
Nel caso in cui il cliente desideri includere uno strumento finanziario che tenga conto dei Pai, il consulente dovrebbe “testare le preferenze e la propensione del cliente per l’integrazione del Pai in relazione alle famiglie di indicatori Pai nel loro complesso, sulla base di un’eventuale focalizzazione del cliente su aspetti ambientali, sociali o di governance, utilizzando le categorie presentate nello standard Rts 35 della Sfdr” (quali emissioni, performance energetiche, acqua e rifiuti, eccetera). Inoltre, a tal riguardo il consulente dovrebbe anche chiedere al cliente se ci siano delle attività che vuole escludere, sulla base della considerazione della loro contrarietà alle norme di sostenibilità o alle sue considerazioni etiche.
Inoltre, è necessario anche chiedere al cliente quale percentuale del suo portafoglio desidera investire in prodotti sostenibili in base alle preferenze espresse.
Le società dovrebbero anche dotarsi di policy e istruzioni da adottare nel caso in cui il cliente esprima di avere delle preferenze di sostenibilità ma non riesca a indicare nessuna delle tre tipologie specifiche menzionate dal testo. Il consulente dovrebbe spiegare l’approccio adottato al cliente e informarlo sulle caratteristiche si sostenibilità del prodotto identificato, e documentare tutto nella relazione di adeguatezza.
Le preferenze in materia di sostenibilità devono essere prese in considerazione solo dopo aver valutato l’adeguatezza in base ai criteri di conoscenza ed esperienza, situazione finanziaria e altri obiettivi di investimento. Una volta individuata la gamma di prodotti idonei in seguito a questa valutazione, in una seconda fase si dovrebbe identificare il prodotto o una strategia di investimento che soddisfi le preferenze di sostenibilità del cliente. Nel caso in cui l’intermediario intenda raccomandare un prodotto che non soddisfa le preferenze iniziali del cliente in materia di sostenibilità, potrà farlo farlo solo dopo che il cliente ha adattato le sue preferenze in materia di sostenibilità. La spiegazione sul motivo per cui si è ricorsi a tale possibilità e la decisione del cliente devono essere documentate nella relazione di adeguatezza. Esma ricorda che questa possibilità si riferisce solo alle preferenze di sostenibilità e che, per quanto riguarda gli altri criteri della valutazione di idoneità, il prodotto deve soddisfare il profilo del cliente.
Il report sulla consultazione
Nella consultazione sulle linee guida pubblicata dall’Esma a inizio anno, gli stakeholder hanno sollevato una serie di osservazioni sulle linee guida, tra cui spicca innanzitutto il rilievo sulla mancanza di dati Esg, che rende difficile per i distributori e i produttori offrire prodotti di investimento con percentuali elevate di allineamento alla Tassonomia o di investimenti sostenibili o che considerano i principali impatti negativi utilizzando indicatori quantitativi. Un altro punto sottolineato riguarda i problemi di tempistica disallineata dei diversi elementi del quadro normativo dell’Ue sulla finanza sostenibile, che hanno reso la vita più difficile ai player di mercato, con elevati oneri legali e operativi. Gli intervistati, tra cui le associazioni dei consumatori, hanno inoltre sottolineato che i prodotti di investimento sono per natura molto complessi e che i consumatori hanno difficoltà a comprenderli, indicando che le banche e le società di investimento dovrebbero essere disposte a contribuire all‘educazione finanziaria degli investitori, ma anche il settore pubblico e le autorità nazionali di vigilanza.
Entrata in vigore differita
L’Esma ha deciso di fissare la data di applicazione delle linee guida a sei mesi dopo la pubblicazione delle loro traduzioni in tutte le lingue ufficiali dell’Ue (anziché a due mesi come inizialmente previsto), quindi fino a quel momento resteranno valide le linee guida del 2018. Tuttavia, bisogna considerare che anche se la pubblicazione delle guideline è arrivata con qualche ritardo, l’obbligo di integrazione delle preferenze di sostenibilità nella valutazione di adeguatezza è in vigore già dallo scorso 2 agosto.
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