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La rottura tra la Merkel e i liberali tedeschi apre le porte a nuovi leader europei. E il tricolore potrebbe fare compagnia alla Francia di Macron
Nel colloquio avuto con Matteo Renzi settimana scorsa all’Eliseo, Emmanuel Macron è stato chiaro. Il cielo grigio sopra la Germania ha fatto emergere un nuovo pilastro dell’Europa, l’Italia. Lo ha ricordato anche Eugenio Scalfari, ex Psi e fondatore di Repubblica, intervenuto martedì 21 novembre alla trasmissione “Dimartedì” condotta da Giovanni Floris. “Macron è uno dei pilastri dell’europeismo, oltre che della Francia ovviamente – ha detto Scalfari – E proprio Macron ha fatto questo ragionamento con Renzi, come mi ha raccontato lo stesso Renzi e come hanno raccontato anche i Tg: prima i perni dell’Europa erano la Germania della Merkel e la Francia. Ora, la Germania della Merkel non è più un pilastro. Allora chi è l’altro pilastro insieme alla Francia? L’Italia”.
Un’Italia che tra l’altro sembra essersi risvegliata dal torpore economico in cui ha vissuto nell’ultimo decennio e più. Quest’anno, infatti, secondo le stime Istat la Penisola dovrebbe crescere a un ritmo dell’1,5%; un dato confermato anche dall’Fmi. Certo, il Belpaese rimane sempre fanalino di coda del Vecchio Continente. Ma l’accelerata del Pil fa ben sperare per il futuro. E intanto, l’attenzione dei mercati è tutto per lo stallo politico tedesco che ha reso evidente come la vittoria della Merkel alle ultime elezioni non sia stata poi una cera vittoria. Anzi.
Germania in ombra
Lo stallo politico in Germania sembra una sorta di contrappasso. Per anni i politici tedeschi hanno criticato il nostro sistema politico ed elettorale perché dalle urne usciva spesso una situazione confusa. “E ora si è italianizzato un po’ anche chi voleva germanizzarci – ironizza Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf – Battute a parte, quanto si deciderà a Berlino è molto importante per noi italiani e la possibile riedizione di una Grande Coalizione è probabilmente lo scenario meno peggiore per l’Italia nel breve”. Se nel nuovo governo dovessero entrare i liberali, i “falchi” del nord Europa sarebbero probabilmente ancora più forti e “noi cicale italiane i più sotto scacco su temi delicati come quello dell’Unione Bancaria, salvataggi e bilanci bancari”, aggiunge Gaziano.
Le difficoltà della Merkel, che secondo i commentatori politici ha vinto le elezioni dello scorso settembre, pur portando il consenso del proprio partito ai minimi da decenni, lascia spazio a molte riflessioni. “La prima è che anche l’elettorato del Paese che, dati alla mano, ha maggiormente beneficiato della divisa unica, sta manifestando una certa disaffezione alle politiche tendenti alla cessione di sovranità a entità sovranazionali non elette – fa notare Gabriele Roghi, responsabile investimenti di Invest Banca – La seconda è che a lungo andare anche i mini job, le famigerate riforme, perdono quell’appeal che hanno avuto inizialmente. È meglio lavorare per 400 euro al mese piuttosto che non lavorare, d’accordo. Quando però prevedi di crearti una famiglia, ti accorgi drammaticamente che non sei in grado di fare nulla, quindi potresti con il voto schierarti contro chi ha gestito questa novità”.
Chi guida l’Europa
Ma senza la Germania, chi guiderà ora l’Europa? “Sicuramente le grandi corporation che hanno un potere legislativo e interdittivo eccezionale, da quelle europee a quelle americane – tuona l’esperto di SoldiExpert – Se Google, Amazon, Facebook ed Apple in questi anni hanno potuto accumulare miliardi di profitti pagando tasse ridicole è perché è stato loro concesso dai burocrati e politici europei”. La politica, dunque, risulta essere oggi la grande assente; ma è una logica conseguenza di una costruzione che non è stata ben progettata e che sta mostrando tutti i suoi difetti. “La guida di un’Unione che non esprime organismi immediatamente identificabili come espressione della volontà popolare e quindi non pienamente controllabili dalle popolazioni su cui va a incidere con la legislazione è di fatto affidata a un gruppo di burocrati di alto rango che sembrano avere dei propri obiettivi da raggiungere, molto poco comprensibili e compatibili soprattutto per i Paesi della Periferia che, non a caso, ne soffrono in modo particolare”, sottolinea Roghi.
Gli effetti dello stallo
E gli effetti di questa situazione sono ormai visibili a tutti, ovvero una crescente insofferenza per questo tipo di struttura di governo che i cittadini non sentono propria. “Questo inevitabilmente alimenta le tendenze centrifughe, perché i cittadini cercano degli interlocutori a cui rivolgersi per risolvere i loro problemi (lavoro, sicurezza, mantenimento delle proprie abitudini e tradizioni, ndr) e non sono certo soddisfatti di rifarsi a presunti principi europeisti – puntualizza il responsabile investimenti di Invest Banca – La risposta è un cambiamento radicale, verso l’originario progetto confederale rispettoso delle radici di ogni nazione, oppure una progressiva degenerazione del rapporto tra euro, burocrazia e cittadini”. Sempre più chi viene eletto è rappresentanza del potere economico e finanziario a cui deve rispondere per il bene della causa. “La Germania ha le migliori carte da giocare e dovrebbe essere il ‘king maker’ ma, per il gioco dei veti incrociati, è in una posizione paradossalmente svantaggiata – conclude Gaziano – Quindi oggi l’Europa è un po’ come Gulliver: un gigante incatenato”.