Quello attuale potrebbe essere uno stato di calma apparente. Ecco perché è meglio uscire dagli asset Uk
A Downing Street l’arrivo di Boris Johnson è stato accolto con una certa tensione. E la ragione è evidente: il nuovo premier britannico sta spingendo per una hard Brexit. Ha formato un governo decisamente sbilanciato verso la frangia più estremista del partito dei Tory che rappresenta e ha, fin da subito, fatto il muso duro contro l’Unione, dichiarando che intende stralciare il backstop sui confini irlandesi, ovvero l’accordo negoziato da Theresa May con l’Ue per evitare la creazione di un confine rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord fino al raggiungimento di un accordo (è stato bocciato tre volte dal Parlamento). Inoltre, non intende rispettare i tempi di pagamento dei 39 miliardi di sterline dovuti da Londra alla Ue.
Per l’Unione, queste proposte sono irricevibili e già il Financial Times ipotizza che saranno convocate nuove elezioni prima del 31 ottobre, data ultima per una decisione su Brexit. E questo nonostante Johnson sia stato lapidario, promettendo che “rispetteremo la promessa fatta dal Parlamento al popolo e usciremo dall’UE il 31 ottobre. I confini, le banche e l’attività economica sono pronti per il no deal”.
È trascorsa una settimana dall’insediamento del nuovo premier: come hanno reagito i mercati? Impassibili, in quanto scontavano già nei prezzi la notizia: il Ftse 100 così come la sterlina sono rimasti pressoché immobili. Ma non è detto che la situazione sia destinata a durare. “La sfida per la sterlina è che, con poche cose a suo favore, non è abbastanza economica per assorbire sia i rischi legati a Brexit sia i capricci della politica interna – sostiene Colin Dryburgh, co-gestore del Kames Global Diversified Growth Fund – Date alcune forti similitudini tra Donald Trump e Johnson è stato suggerito che quest’ultimo potrebbe essere positivo per la sterlina come Trump lo è stato per il dollaro. La verità è, tuttavia, che il dollaro oggi si è apprezzato solo dell’1% dall’elezione di Trump. L’idea che Johnson sia di spinta alla sterlina potrebbe essere allo stesso modo scorretta. Entrambe le economie hanno avuto una performance relativamente positiva e le loro banche centrali hanno alzato i tassi di interesse. Entrambe, però, hanno anche enormi deficit commerciali. Le similarità finiscono qui. Comunque la si veda, il governo statunitense è stabile e intraprende politiche economiche coerenti, al contrario della caotica situazione britannica, che vede in Boris la sua manifestazione piuttosto che la sua cura”.
Insomma, i mercati non si muovono solo perché sono già scesi dal primo voto per il “Leave”, tre anni fa. “Le azioni britanniche hanno registrato notevoli deflussi di capitale da parte degli investitori globali sin dal voto referendario del 2016 e la posizione speculativa sulla sterlina è assai sfavorevole – afferma Paul O’Connor, responsabile del team Multi-Asset di Janus Henderson Investors – Se consideriamo i mercati delle scommesse come indicatori delle aspettative del consenso, vediamo che una Brexit senza accordo viene data uno su tre, con il timore da parte degli investitori che questa prospettiva sia controbilanciata dall’opinione che ci possa essere una possibilità su quattro di annullare l’intera procedura di uscita (revoca dell’articolo 50, ndr). La percezione che possa esserci un’elezione generale nel 2019 è cresciuta negli ultimi mesi, mettendo in luce un altro livello di incertezza attorno alle prospettive del Regno Unito e una ragione ulteriore per gli investitori globali, per starne alla larga”.
La crescita rimane una preoccupazione cruciale, con il 2019 che probabilmente vedrà il Pil del Regno Unito crescere meno del 2% per il quarto anno consecutivo. La fiducia si sta deteriorando nell’edilizia, nei settori manifatturiero e terziario, così come tra i consumatori. “Un taglio dei tassi di interesse nel 2019 sembra sempre più probabile – conclude O’Connor – ed è quasi certo che Johnson introdurrà misure di stimolo fiscale. Mentre entrambe le misure possono contribuire ad attenuare l’impatto dell’incertezza sull’economia legata alla Brexit, un pieno ripristino della fiducia sembra improbabile fino a quando la questione principale non sarà risolta”.
Parla Jonathan Hill, ex commissario UE per l’Unione dei mercati dei capitali «spodestato» dal referendum che ha cambiato le sorti dell’Europa. Che, a suo dire, ha un’urgente bisogno di ripensare sé stessa. A causa della Brexit, e non solo. L’intervento al Salone del Risparmio.
Dai rapporti con l’Iran alle divisioni nei Tory passando per l’uscita dalla Ue, la crescita economica e i mercati. Secondo Franklin Templeton quella di Johnson non sarà una passeggiata
Secondo i gestori l’incertezza continuerà a dominare. Irrealistico l’obiettivo del 31 ottobre, più probabili nuove elezioni o il no deal. E per sterlina e gilt ancora volatilità all’orizzonte
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