Le banche centrali spingono gli attivi rischiosi
Robson (Columbia Threadneedle Investments): “Le aziende di alta qualità operanti in settori più ciclici metteranno a segno buone performance”
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Cresce tra gli investitori l’appetito per il rischio. Merito delle schiarite geopolitiche, con l’accordo sulla Brexit e la firma della ‘Fase uno’ tra Usa e Cina, delle politiche espansive delle banche centrali e delle rinnovate speranze di una ripresa ciclica sostenuta. Un ottimismo che neppure l’escalation delle tensioni tra Iran e Stati Uniti è riuscito a scalfire a lungo.
Ad evidenziarlo, è Stefan Scheurer, director – global gapital markets & thematic research di Allianz Global Investors, che sottolinea come la propensione al rischio è in crescita da oltre quattro mesi e i mercati azionari globali hanno toccato i massimi annuali o assoluti. “Le posizioni degli investitori riflettono tale contesto – evidenzia -. Secondo l’ultimo sondaggio dell’American Association of Individual Investors, il numero medio di ‘orsi’ per un dato mese si è quasi dimezzato. I put-call ratios indicano un forte ottimismo, in particolare negli Usa”.
L’esperto sottolinea come, al contempo, gli indicatori tecnici come gli indicatori di forza relativa, suggeriscano una situazione di ipercomprato sempre più evidente. “I significativi flussi netti in entrata nei fondi obbligazionari e monetari globali (oltre 1.000 miliardi di dollari nel 2019) hanno sorpreso gli investitori – osserva -. I nuovi risk budget degli investitori istituzionali, i segnali di ripresa ciclica, le politiche monetarie e fiscali favorevoli e le minori incertezze politiche potrebbero portare ad un aumento dei flussi netti nei fondi azionari, già a quota 50 miliardi di dollari circa negli ultimi tre mesi. Il trend a livello fondamentale potrebbe subire delle battute d’arresto, anche se tutto sembra indicare che gli investimenti nelle asset class più rischiose proseguiranno”.
Secondo Scheurer, se i mercati sconteranno premi per il rischio (geopolitico) più alti a medio termine, la ripresa economica ancora fragile potrebbe però registrare una battuta d’arresto. “Ad ogni modo – chiarisce -, i segnali di stabilizzazione sono aumentati. Il nostro Global Macro Breadth Index è avanzato per la prima volta in otto mesi, trainato dagli Usa, dall’area euro e dai principali mercati emergenti (Cina inclusa). I Pmi indicano un miglioramento delle prospettive e iniziano a emergere i primi segnali di ripresa del commercio globale. I dati recenti dalla Cina sono particolarmente interessanti, in quando indicano una stabilizzazione a livello sia di esportazioni che di importazioni. Pertanto, le stime di consensus sulla crescita del Pil sono state riviste al rialzo in gran parte dei Paesi del nostro universo per la prima volta negli ultimi 19 mesi”.
Nonostante i mercati scontino prospettive future più rosee, permangono i dubbi circa un’accelerazione sostenuta della crescita globale. “I recenti progressi sono ampiamente ascrivibili agli indicatori di sentiment – sottolinea Scheurer -. Al contempo, le prospettive per gli investimenti societari globali, fattore imprescindibile per un aumento della crescita del Pil, sono quanto meno modeste”.
Ecco perché la prossima stagione di pubblicazione degli utili aziendali del quarto trimestre sarà oggetto di grande attenzione. E già la prossima settimana la ‘reporting season’ delle società statunitensi entrerà nel vivo. Inoltre, a detta dell’esperto, gli investitori si concentreranno probabilmente su diversi indicatori anticipatori, in particolare l’indice dell’attività di Chicago (martedì), il Kansas City Fed Index (giovedì), e il Pmi manifatturiero preliminare di Markit (venerdì). “Anche il Pmi di Markit dell’area euro (venerdì) potrebbe rivelarsi interessante, in quanto potrebbe confermare il recente miglioramento dei dati macroeconomici dell’area”, avverte.
Lunedì si attendono poi i risultati dell’indagine tedesca Zew. Inoltre, gli operatori di mercato monitoreranno la decisione sui tassi della Bce attesa per giovedì. “Sebbene i tassi di interesse dell’area euro rimarranno probabilmente invariati, il dibattito su una nuova strategia monetaria potrebbe accendersi e rivelarsi un argomento importante della conferenza stampa”, spiega.
In Asia sarà protagonista il Giappone. Martedì la Bank of Japan dovrebbe confermare l’attuale politica sui tassi di cambio. “Nonostante l’aumento dell’inflazione dallo 0,2% allo 0,5% a/a in novembre, riconducibile al rialzo dell’Iva del primo ottobre, le pressioni sui prezzi in Giappone sono ancora ben al di sotto del target della Banca Centrale (i dati sull’inflazione sono attesi per venerdì). All’ultima riunione, l’autorità monetaria ha confermato la sua visione, secondo la quale l’economia è in una fase di crescita moderata, ma ha segnalato i rischi di ribasso per il 2020. I dati sugli scambi di dicembre (giovedì) e il Pmi manifatturiero preliminare (venerdì) potrebbero far chiarezza sulla situazione”, conclude Scheurer.