Banche, Polimi: “Covid ha accelerato processi digitalizzazione”
Studio Politecnico Milano: "Covid e fintech danno spinta a ecosistema innovativo. Banche e assicurazioni più digitali e aperte a startup"
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Crescere per non restare schiacciati. Carlo Messina, ceo di Intesa SanPaolo e reduce delle maxi nozze con Ubi, non ha dubbi ed esorta gli istituti italiani a spingere sulle aggregazioni per non relegare il sistema bancario italiano a una posizione di debolezza quando comincerà il consolidamento europeo. “Credo che oggi ci sia la consapevolezza che bisogna accelerare, ci sono diversi soggetti sul mercato che possono combinarsi tra di loro. Ed è indispensabile che questo accada il prima possibile, perché quando ci sarà round dei consolidamenti europei il nostro Paese dovrà disporre di due-tre gruppi bancari forti che potranno posizionarsi in Europa come leader per favorire l’Italia nel contesto europeo”, ha avvertito il manager nel corso del webinar de Il Messaggero ‘Obbligati a crescere’.
“Indubbiamente il settore bancario italiano ed europeo ha necessità di concentrarsi, quindi prima avverranno le concentrazioni a livello domestico e poi si passerà a quelle internazionali”, ha osservato Messina, secondo cui nella prima area, quella domestica, è più semplice realizzare sinergie. Anche se “in qualsiasi aggregazione è cruciale individuare una leadership: in operazioni come quella che abbiamo realizzato con Ubi, rivolta al mercato e non ostile, è chiaro chi comanda e chi gestisce, ma in operazioni che devono nascere da elementi consensuali si pone l’aspetto di chi comanda, ed è questo che ha rallentato i processi di M&A in Italia negli ultimi anni”, ha chiarito.
Il numero uno del primo gruppo bancario italiano si poi è anche mostrato preoccupato per la situazione del Paese, avvertendo che se il Pil non crescerà almeno del 2% gestendo gli attivi, si avrà un problema di debito pubblico difficilmente gestibile. “Il debito e la crescita devono bilanciarsi correttamente. Oggi abbiamo una fase in cui è indispensabile fare debito e lo si sta facendo in tutto il mondo, ma nel 2021 il debito futuro raggiungerà livelli che porranno dubbi sulla sostenibilità se non ci sarà crescita”, ha sottolineato affermando che per quest’anno prevede una riduzione del Pil “molto forte”, compresa tra il 9 e 10%, e l’anno prossimo un rimbalzo tra il 3 e 5%.
“Siamo uno dei Paesi dove se immaginiamo una crescita del Pil al 2% e un avanzo primario all’1% il nostro rapporto debito/Pil scenderebbe al 135% nel 2035: parliamo di numeri enormi – ha aggiunto -. Dobbiamo riuscire a generare una accelerazione superiore, sopra al 2% gestendo gli attivi. Pensiamo che oggi gli interessi passivi che paghiamo sul debito, ci impediscono di fare investimenti su salute e giovani e, quindi, il debito è un aspetto di grandissima attenzione. Io da tempo ho posto l’attenzione sull’utilizzo del patrimonio pubblico perché un Paese con 2 trilioni e mezzo di debito e un trilione di attivi non è gestito correttamente; è importante che sia, quindi, tutto focalizzata sulla crescita”.
Per il manager è urgente dunque investire in infrastrutture, green, digitale e formazione e combinare tutte queste cose insieme per far crescere l’economia, “altrimenti bisognerà fare delle manovre strategiche sul debito o sul patrimonio degli italiani e non credo che sia assolutamente auspicabile”, ha osservato, mettendo in guardia il governo su un’intelligente utilizzo del Recovery Fund. “Bisogna riuscire a focalizzare gli interventi su poche cose che siano importanti come acceleratore della crescita perché se cominciamo a fare mille interventi a pioggia non è quello che può consentirci di far ripartire l’economia”, ha affermato. Per Messina è fondamentale “l’attivazione di investimenti”, in particolare per le infrastrutture, l’unico acceleratore del Pil che può generare occupazione e crescita nel breve periodo, mentre “la priorità assoluta è la formazione e una forza lavoro che vada dove c’è richiesta da parte aziende”.
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