L’approccio di investimento di lungo e lunghissimo termine “è l’unica vera stella polare del buon gestore”. Tutti i rischi di un mercato sempre più ‘algoritmizzato’. Come investire
“Il funzionamento del mercato è ormai improntato al brevissimo termine, dinamica che non è eccezionale per gli investitori in quanto tende a distruggere valore. Il periodo medio di detenzione dei titoli dell’S&P 500 è sceso sotto i 10 mesi. Riteniamo che una migliore capacità di generare valore per i nostri investitori sia di investire sul lungo termine di cinque anni con una view su un’orizzonte temporale anche più esteso”.
Così Zehrid Osmani, head of global long-term unconstrained di Martin Currie (gruppo Legg Mason). “Vi è una maggiore attenzione dell’analisi fondamentale sui big data”, prosegue il gestore. “Molti investitori ne parlano, ma per noi i big data rappresentano un’incidente che aspetta solo di verificarsi. Questo tipo di analisi può essere molto fuorviante”.
Perché?
I big data, se interpretati come segnali di dati a brevissimo termine, possono indurre gli investitori in tentazione e instradarli nella direzione sbagliata. E’ il lungo periodo il modo più adatto di analizzare i titoli azionari e lo stato di salute dei settori. Ai big data preferiamo gli smart data, ossia l’analisi fondamentale, tutto il lavoro in termini di esposizione geografica e settoriale che risulta in un’esposizione schematica di stampo anche tradizionale, se vogliamo.
Dove trovate le migliori opportunità?
Pensiamo che ci siano sicuramente opportunità nel segmento growth di qualità, che è dove cerchiamo sempre nuove idee di investimento. La nostra preferenza ricade sulle aziende che hanno una buona esposizione globale. In particolare, abbiamo nel mirino le società che hanno un’esposizione ai mercati emergenti perché riteniamo che nel lungo periodo queste offrano grandi opportunità di crescita e il mercato ha già scontato molte delle preoccupazioni legate ai mercati emergenti come classe di attività negli ultimi 18 mesi.
Nello specifico troviamo opportunità nei settori dei beni di lusso, che offrono una buona esposizione ai trend di consumo di lungo termine che possono favorire i mercati emergenti, così come alcune grandi aziende industriali in particolare nel mercato delle auto di fascia alta.
Può darci dei nomi?
Nei beni di lusso pensiamo a campioni italiani come Moncler o Ferrari nel mercato automobilistico di fascia alta. Parliamo di società con un forte potere di determinazione dei prezzi, rendimenti elevati e un profilo di crescita attraente nel lungo termine. Ci sono altri nomi, ma l’azionario europeo è comunque appesantito dalla situazione politica nel continente, che va ancora definendosi dopo le elezioni.
Come investe attorno a questo tema?
Una situazione politica che crea incertezza può innervosire i mercati innescando volatilità. I rischi politici tendono però a essere eccessivamente enfatizzati, e non c’è sempre un collegamento diretto con il potenziale di crescita a lungo termine per le imprese in cui investiamo. Quindi vediamo qualsiasi riacutizzazione del rischio politico come un’opportunità per sfruttare gli investitmenti di lungo termine.
Prendiamo Brexit, che è un rischio per il Regno Unito ma è anche per le economie europee. C’è stata sicuramente una perdita di slancio nell’economia del Regno Unito e in quelle europee. Il modo in cui guardiamo a questo evento pur non sapendo quale sarà il risultato finale è che si tratta di un rischio potenziale da valutare attentamente.
La preoccupa lo stato dell’economia globale? C’è troppo debito nel sistema?
È vero che il debito a livello aggregato è cresciuto dall’ultima crisi finanziaria, quindi potrebbe essere motivo di preoccupazione. Parte di questo debito si è spostata dal settore privato al settore pubblico e quindi c’è un elemento di consapevolezza che ciò potrebbe portare a una duration che può essere sostenuta più a lungo. Ma in ultima analisi è di certo un fattore di rischio, dunque quando valutiamo le opportunità di investimento preferiamo aziende con rating più alto e un livello molto più basso di indebitamento rispetto all’aggregato nel mercato.
Meglio investment grade che high yield, insomma.
È assolutamente così, il che evidenzia il nostro approccio non vincolato agli investimenti, il che significa che non dobbiamo preoccuparci di benchmark che non creano valore ma concentriamo tutti i nostri sforzi sulla ricerca delle migliori opportunità a lungo termine. Siamo in grado di costruire il fondo con convinzione, come dimostrano le posizioni anche molto grandi che assumiamo nelle aziende in cui crediamo.
Esistono segmenti del mercato che la preoccupano particolarmente?
Energetici, risorse di base, banche, utilities e telecomunicazioni: i settori in cui le società tendono a fare fatica nel coprire il costo del capitale. Nel lungo termine, queste aree del mercato avranno difficoltà a per creare valore per i loro investitori. Ci sono sempre alcune eccezioni alla regola in ogni settore, ma su base aggregata questi sono i settori verso cui non siamo esposti.
Cosa prediligete?
Concentriamo la nostra esposizione sui beni di consumo, in particolare tecnologici, sull’assistenza sanitaria e sui finanziari da lato delle assicurazioni e delle società specializzate, ad esempio nel risparmio gestito.
Un altro elemento di preoccupazione è il persistere di una scarsa pressione inflazionistica a livello globale. Ci sono ancora molte correnti deflazionistiche là fuori. Quindi è fondamentale per gli investitori trovare aziende che hanno un potere di determinazione dei prezzi in un mondo in cui i prezzi sono stabili o depressi. Per questo ci concentriamo su aziende che sono protagoniste del proprio settore, o che hanno vantaggi industriali che gli consentono di “fare il prezzo”.
Come si articola il vostro impegno in termini di investimenti sostenibili?
Fa tutto parte dell’approccio di investimento di lungo e lunghissimo termine. Governance e sostenibilità sono elementi molto importanti per l’analisi di lungo periodo delle potenzialità di rendimento delle aziende. Il mercato ormai comprende il valore aggiunto dell’Esg dal lato della governance: la qualità della gestione, le policy di remunerazione e così via. Ma riteniamo che la sostenibilità sia importante anche per la valutazione delle aziende in chiave di fiducia del mercato e dei consumatori. Abbiamo visto di recente alcune aziende il cui valore è stato influenzato negativamente dalla perdita di fiducia dei clienti. Pensiamo soprattutto alle piattaforme social, con alcune aziende che non sono state in grado di proteggere i dati e la privacy dei loro utenti. È solo un esempio di come il focus sulla sostenibilità e la governance sia importante sia per la creazione sia per la conservazione del valore. Se una società non gestisce la propria attività in modo sostenibile il valore di lungo termine sarà influenzato negativamente.
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