La rivoluzione industriale da Covid: globalizzazione al capolinea
14 aprile 2020
di Sofia Fraschini
3 min
Pimco: “Le imprese ridurranno la complessità e i rischi”. Commercio e turismo saranno i primi. Banor: “Ci saranno poche aziende dominanti”
Martin Moeller,co-Head Swiss & Global Equity di Union Bancaire Privée (Ubp)
Globalizzazione addio? A lanciare l’allarme – sulla scia del devastante impatto mondiale che sta avendo il Covid-19 – è Pimco, una delle principali società di gestione di investimenti nel mondo, secondo cui il mondo post-virus lascerà una cicatrice di lungo termine chiamata deglobalizzazione: “Le imprese – spiega il consulente economico di Pimco Joachim Fels – potrebbero voler ridurre la complessità e i rischi di filiere produttive globali e i governi limitare gli scambi commerciali, i viaggi e le migrazioni sulla scorta dei timori per la salute pubblica. Il modello economico di aziende, settori e paesi che dipendono largamente dagli scambi commerciali e dal turismo potrebbe subire pesanti conseguenze durature.
Francesco Castelli, responsabile Fixed Income di Banor Capital
Un ritorno al passato che secondo Martin Moeller,co-Head Swiss & Global Equity di Union Bancaire Privée (Ubp), “si sta manifestando in modo violento”. E che per Francesco Castelli, responsabile Fixed Income di Banor Capital “si rivelerà un severo banco di prova per molte filiere produttive e favorirà un processo già in atto da alcuni anni, quello della regionalizzazione delle economie”.
Le supply chain si sono interrotte, la domanda di molti beni e servizi è stata limitata dall’intervento del governo e in molte aree è addirittura crollata.
“Il commercio e il turismo sono le aree che attualmente soffrono di più a causa dello shock improvviso. Una volta che la crisi sanitaria avrà raggiunto il suo apice, molte di queste interruzioni verranno prima o poi ripristinate, ma alcuni cambiamenti potrebbero prolungarsi nel lungo termine” spiega Moeller.
Lo scenario futuro per il settore dei viaggi e del turismo è particolarmente negativo. “Nel lungo termine – aggiunge Moeller – ciò avrà un impatto significativo su alcune delle parti più redditizie del settore dei viaggi (viaggi d’affari) che saranno significativamente sostituite dalle videoconferenze. Ci aspettiamo che le compagnie aeree, gli hotel, i retailer e le compagnie di crociera opereranno in condizioni difficili anche dopo che la crisi sanitaria avrà raggiunto il suo picco”.
Un percorso che non sarà lineare. Secondo Banor Capital “in primo luogo, la pandemia ha ridotto il costo del trasporto merci, basta guardare il prezzo del petrolio. In secondo luogo, sta risultando evidente che i Paesi asiatici, tradizionalmente esportatori di merci, hanno gestito la pandemia in maniera molto più efficiente di Europa e Usa, tradizionalmente importatori. L’accorciamento della catena di approvvigionamento richiede investimenti ingenti in loco, a volte per ricostruire settori economici chiusi da anni, e lascia gli importatori più esposti al rischio dato che il loro approvvigionamento dipende da un solo Paese. Quello che vediamo chiaramente è il consolidamento delle posizioni dominanti: in molti settori, la leadership è di poche aziende, ben capitalizzate, provviste di risorse sufficienti a superare la crisi”.
Guardando ai settori che beneficeranno di questa inversione di tendenza industriale ci saranno l’IT e la Medtech. “I Paesi – aggiunge Moeller- costruiranno riserve e rivedranno le loro catene di approvvigionamento per i farmaci. Ci aspettiamo che l’Europa inizi a produrre più farmaci e Api (principi attivi) a livello nazionale e importerà meno dalla Cina e dall’India. Questo potrebbe andare a beneficio di alcuni produttori europei come la svizzera Lonza”.
In conclusione, dunque, “forse gli azionisti perderanno uno o due anni di dividendi, ma dopo la crisi si troveranno a ripartire più forti di prima e con meno concorrenti, a causa degli inevitabili fallimenti”, afferma Banor Capital. Una sorta di selezione naturale-industriale in cui solo chi saprà adattarsi rapidamente ai cambiamenti in atto potrà competere e restare sul mercato.
Ai microfoni di Focus Risparmio il Senior Sales & Relationship Manager di DWS analizza la tensione tra le spinte ad una maggiore divisione e minor globalizzazione e il processo di unione dei mercati finanziari sempre più in crescita: "La nuova globalizzazione dovrà essere più regolamentata".
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