La Bce vede ancora più nero: Pil 2020 giù dell’8,7%
Stime riviste al ribasso. Nello scenario peggiore la contrazione sarà del 12,6%. Maglia nera per Italia, Francia e Spagna. “Pronti a ogni intervento”
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Aiuti sì ma non per sempre. Un nuovo altolà è giunto ieri a Francoforte da Berlino. Il programma di acquisto di titoli messo in campo dalla Bce per fronteggiare l’emergenza pandemica “deve essere flessibile ma dovrà avere una natura temporanea”, ha affermato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, avvertendo i governi dell’Eurozona di non fare affidamento su un sostegno permanente dell’Eurotower per beneficiare all’infinito di tassi artificialmente bassi a vantaggio delle finanza pubblica e soprattutto rivendicando l’importanza di una politica monetaria che “non stabilisca incentivi scorretti per le finanze pubbliche”.
“Deve essere chiaro che il Pepp è legato alla situazione di pandemia, e quindi di natura temporanea”, ha sottolineato Weidmann, e i governi “non devono presumere che avremmo mantenuto i costi di finanziamento dei governi bassi per sempre o attenuare differenze nei premi per il rischio sovrano”.
Un’ennesima puntualizzazione che oltre a riportare in cima all’agenda di Christine Lagarde la sentenza della corte costituzionale tedesca, evidenzia le spaccature interne alla Germania. Angela Merkel, infatti, mentre si prepara a guidare la Ue, è ben decisa a lavorare ai fianchi i frugal four (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia), dopo il fallimento del Consiglio Europeo di venerdì per per far passare il Next Generation Eu, e a risolvere la spinosa contrapposizione Bundesbank-Banca centrale europea.
La risposta di Francoforte, seppure indiretta, è stata affidata al vicepresidente Luis de Guindos, che in un’intervista rilasciata al ‘Der Spiegel’, ha ribadito come la Bce sia pronta a collaborare con la Bundesbank dopo la sentenza del 5 maggio scorso in cui la Corte costituzionale federale tedesca ha giudicato in contrasto con i limiti del mandato dell’istituto centrale il programma di acquisto di titoli di Stato, il Pspp, avviato da Mario Draghi nel 2015. Un primo di segnale di collaborazione, inoltre, secondo quanto riporta Bloomberg, emergerà dai verbali della riunione del 4 giugno in via di pubblicazione questa settimana, in cui dovrebbero essere incluse le motivazioni, con tanto di documenti a supporto, a giustificazione del piano di acquisti.
“Siamo pronti a collaborare con la Bundesbank e a fornire informazioni per facilitare la risposta che le istituzioni tedesche devono dare alla Corte costituzionale federale”, ha spiegato de Guindos, tornando però a sottolineare che l’autorità monetaria europea è “del tutto impegnata a mantenere la propria indipendenza” e ha “preso atto” della sentenza. Le decisioni di politica monetaria della Bce sono sempre state “proporzionate e appropriate”, ha rimarcato.
C’è da dire che su questo fronte l’Eurotower ha appena segnato un punto a favore. Mentre infatti il ministro dell’Economia tedesco, Olaf Scholz, si affrettava a dire che si giungerà presto a una soluzione indolore riguardo alla sentenza (“Non si tratta di un dramma irrisolvibile”), è stato nominato il nuovo presidente della Corte costituzionale tedesca, cosa che potrebbe avere conseguenze distensive nei rapporti con la Bce. Come nuovo numero uno dei magistrati di Karlsruhe è stata infatti scelta Astrid Wallrabenstein, europeista in quota ai Verdi, da sempre sostenitrice di un buon rapporto con l’istituto centrale di Francoforte.
Quanto al Peep, de Guindos nel suo successivo intervento al Frankfurt Finance Summit 2020, ha chiarito che “il consiglio direttivo continuerà a valutare se le dimensioni, la durata e la composizione del programma di acquisti per l’emergenza pandemico restano appropriate via via che le conseguenze economiche della pandemia diventano più chiare”. “L’Eurozona sta sperimentando una contrazione senza precedenti”, ha aggiunto, puntualizzando che dopo la contrazione del del Pil in termini reali (-3,6%) nel primo trimestre, è atteso un calo ancora più significativo, del 13%, nel secondo trimestre. L’economia registrerà invece una ripresa nella seconda parte dell’anno, ha ricordato, ma la “velocità e l’entità del recupero sono estremamente incerti”.
“Ci sono considerevoli rischi al ribasso, in particolare se l’allentamento delle misure di contenimento si riveleranno troppo premature o se il loro impatto sulla capacità produttiva sarà troppo persistente”, ha spiegato, facendo notare come “il peggioramento delle condizioni economiche potrebbe far crescere le preoccupazioni per la sostenibilità del debito nel medio periodo, in particolare nei Paesi che hanno già poco spazio di manovra”. A suo parere “l’aumento dei livelli di debito pubblico, anche se necessari oggi, devono essere gestiti nel medio periodo”.
Di rischi però ce ne sono anche sul fronte dei mercati finanziari, che per ora viaggiano senza scossoni, fiduciosi di un accordo sul Recovery Fund entro fine luglio. La stessa presidente della Bce, Christine Lagarde intervenendo venerdì Consiglio Europeo, come fa notare Marco Vailati, responsabile ricerca investimenti di Cassa Lombarda, “ha ammonito i leader europei che i mercati finanziari sono a rischio se non verrà raggiunto velocemente un accordo poiché l’attuale calma sugli stessi è dovuta al fatto che è atteso un intervento, ma se ciò non dovesse accadere, allora il sentiment potrebbe cambiare”.
Pone invece l’accento sul debito, sfida cruciale del prossimo decennio, Martin Wolburg, senior economist di Generali Investments. “Le coraggiose misure politiche della Bce aiutano notevolmente e ci aspettiamo che la banca centrale mantenga i tassi bassi anche dopo la pandemia. Detto questo, saranno inevitabili riforme volte a rafforzare la crescita e un consolidamento equilibrato dei conti pubblici”, osserva ricordando come all’interno dell’area dell’euro si prevede che sette economie su 19 presenteranno un rapporto debito/Pil ben al di sopra del 100%, mentre solo in sei economie questo rapporto rimarrà al di sotto dell’obiettivo del 60%.
“Le agenzie di rating considerano la pandemia un evento temporaneo e presumono che i costi fiscali saranno annullati con la ripresa della crescita. Alcune agenzie particolarmente concentrate sui rischi legati al debito hanno già ridotto le loro prospettive per il rating sovrano delle economie dell’Unione Monetaria. Altre stanno adottando un approccio più comprensivo, considerando anche la forza dei conti con l’estero di cui gode la maggior parte dei paesi dell’Unione, e aspetteranno una maggiore visibilità circa le prospettive economiche e fiscali prima di prendere una precisa posizione”, conclude Wolburg.