Francesca Campanelli di Axyon AI spiega come il deep learning aiuterà i gestori a scovare nei dati particolari difficili da rilevare dalla mente umana, consentendo loro di adottare strategie più efficienti
Francesca Campanelli, chief commercial officer di Axyon AI
Le applicazioni di intelligenza artificiale, e in particolare il cosiddetto deep learning, diventeranno uno strumento essenziale per il risparmio gestito, aiutando i gestori a trovare anomalie in enormi set di dati e a individuare possibili rischi in anticipo, in modo da poter prendere decisioni adeguate. A spiegarlo a FocusRisparmio è Francesca Campanelli, chief commercial officer di Axyon AI, azienda di soluzioni predittive per il risparmio gestito che applicano l’intelligenza artificiale e in particolare il deep learning, che è la sua forma più sofisticata. La società ha sviluppato una piattaforma tecnologica personalizzabile, che ha in sé un motore di intelligenza artificiale in grado di trattare enormi quantità di dati ed elaborare modelli in maniera automatica.
Quali sono le caratteristiche dell’intelligenza artificiale e come si declina il suo utilizzo nel risparmio gestito?
L’intelligenza artificiale è una tecnologia che prevede che per ciascun problema di predizione esista una soluzione specifica. Non ha particolari affinità, per esempio, con i sistemi ai tempi elaborati per il risk management, per i quali il modello elaborato per una certa realtà poteva poi essere adattato per un’altra realtà. L’IA è una tecnologia molto più sofisticata che per sua intrinseca natura trova la soluzione per un determinato quesito di investimento che è relativo solo a quel quesito, e non a un altro.
Cosa questa tecnologia consente di fare a un gestore del 2020?
Di utilizzare i dati disponibili in modo molto più efficiente, perché l’Intelligenza Artificiale è in grado di analizzare una quantità di dati impressionante, e inserire nei modelli anche dati che potrebbero non apparire significativi.
In che modo?
L’Intelligenza Artificiale ed in particolare il deep learning, che è la tecnologia che più frequentemente utilizziamo, può intervenire in tre ambiti, il primo – più maturo – è l’elaborazione di una strategia, che sfrutta al 100% la potenza di questa tecnologia. Un secondo modo di utilizzare le predizioni elaborate dalla nostra piattaforma è in modalità di affiancamento a una strategia già esistente, in pratica per aiutare il gestore nelle decisioni e per offrirgli un altro punto di vista. Il terzo ambito è un tipo di supporto al gestore attraverso il risk management. La piattaforma offre delle funzioni specifiche per il risk management che per esempio vanno a rilevare le cosiddette anomalie dei dati.
Di cosa si tratta?
Questa tecnologia, cioè l’unsupervised learning, analizza le relazioni tra i dati per trovare anomalie che i modelli tradizionali non vedono, perché di solito questi modelli come legge generale tendono a guardare in un certo range. Mettiamo caso che si stia guardando al dato di tutte le altezze in un certo territorio, se il modello ha impostato un range fino a 2 metri e 40, non andrà a includere un eventuale dato superiore, che verrà espulso perché considerato inutile. Invece l’unsupervised learning guarda il database nella sua completezza e va a vedere le varie combinazioni, in questo caso quindi non guarda solo l’altezza ma magari anche il sesso, il peso e altri aspetti. Se viene fuori il dato di una donna alta un metro e 85 che pesa 35 chili, si tratta di un dato anomalo che la mente umana capisce immediatamente, ma una macchina tradizionale no, mentre l’intelligenza artificiale è in grado di scovarlo. Ecco, questo tipo di lavoro appena descritto è quello che viene fatto nelle serie temporali finanziarie.
Per esempio, tra febbraio e marzo sul mercato delle materie prime si sono riscontrate importanti anomalie, che i nostri modelli avevano scovato perché riguardano combinazioni di dati. Questo tipo di tecnologia è per esempio molto importante per gli operatori di mercato – non a caso noi lavoriamo già con qualcuno di questi – perché nella formazione del prezzo è importante accorgersi dell’anomalia in modo tempestivo, per evitare ripercussioni economiche anche gravi.
Come funziona in pratica la messa in opera di questi sistemi tecnologici?
Prima di renderla operativa la macchina viene resa intelligente, e per fare ciò occorre istruirla. Dipende dai casi ma la media di addestramento di un modello molto complesso è di due o tre giorni. Ovviamente però questo processo deve essere preceduto da un lavoro preparatorio, il cosiddetto framing, che può essere un po’ più lungo, a seconda della disponibilità dei dati e da quanto lavoro si deve fare su questi dati, e che richiede un’esperienza specifica. È una fase in cui per esempio si procede alla “traduzione” nel linguaggio della macchina. Un problema di investimento non è, di per sé, un problema di machine learning ma un problema di strategia che va tradotto.
Questo è l’aspetto più delicato di questa fase, in cui conta molto l’esperienza umana e la capacità di saper tradurre. Nella nostra società, per esempio, abbiamo un team di ingegneri informatici e fisici “nativi di intelligenza artificiale”, cioè che si sono proprio formati con questa tecnologia e non l’hanno imparata strada facendo, e ai quali il processo di traduzione viene naturale.
Qual è la risposta dell’asset management a queste soluzioni?
In Italia vediamo una certa curiosità, molti nostri interlocutori stanno partendo con progetti di innovazione ma in molti casi non sono ancora passati alla fase di implementazione. Su questo fronte siamo un po’ un passo indietro rispetto a Francia, Germania e chiaramente al Regno Unito, dove l’industria fintech è molto sviluppata anche se meno nel risparmio gestito. Qualcuno si è dotato di risorse nel campo del machine learning ma sono casi rari, mentre all’estero è più facile trovare operatori con team dedicati in questo campo.
Da questo punto di vista, ritiene che la crisi del Coronavirus abbia smosso le acque?
Sicuramente. Da un punto di vista culturale in primo luogo perché come sappiamo esiste un mondo pre-Covid e un mondo post-Covid, con una nuova normalità, in cui ci si è resi conto quanto sia importante capire la volatilità dei mercati prima degli altri. Inoltre la pandemia ha reso tutti più consapevoli del fatto che uso dei dati è fondamentale. Siamo tutti interconnessi e pertanto esiste una quantità di dati imponente, e saperli sfruttare è un tesoro. Nel pharma si è iniziato a fare ampio uso di queste tecnologie, ma questa nuova consapevolezza si propagherà anche in altri settori.
Pensa che il machine learning ridisegnerà l’industria del risparmio gestito?
Crediamo che al solito, quando arriva una nuova tecnologia non tutti l’accolgono con entusiasmo. Ma pensiamo che nel mondo di domani i gestori avranno tutti implementato un set di modelli basati sull’intelligenza artificiale, nessuno ne potrà fare a meno. Perché è una tecnologia talmente potente, e ormai matura e robusta, che la sua importanza diventerà un dato acquisito e scontato. Sarà uno strumento in più nelle mani del gestore, perché sarà comunque lui a valutare i risultati ma potrà farlo su numeri e dati che sono diventati difficili da gestire solo con l’occhio umano. Saranno degli strumenti in più ma sarà comunque l’uomo a guidarli. Noi per esempio abbiamo sviluppato una piattaforma per far sì che l’intervento umano sia quasi inesistente nella parte in cui non serve, cioè nell’analisi dei dati grezzi, in modo che il gestore non perda tempo e possa concentrarsi sulla formulazione del problema e sull’utilizzo del risultato.
Il risparmio gestito guarda alle tecnologie che possono essere applicate nelle decisioni di investimento e nella costruzione dei portafogli. Ma è presto per fare una valutazione sui risultati