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Nel 2020 i crediti deteriorati erano ai minimi dal 2008. Ma secondo Pwc con la pandemia torneranno “inevitabilmente” a crescere. Gli Utp tra i più colpiti
Per le banche italiane il Covid ha in serbo una nuova, difficile sfida. L’inevitabile deterioramento del credito dopo la pandemia porterà infatti a un’ondata fino a 100 miliardi di euro nell’arco dei prossimi due anni. L’avvertimento arriva da Pier Paolo Masenza, financial services leader di PwC Italia, che nel corso della presentazione il rapporto “Reshuffling the Cards”, dedicato appunto agli Npl, conferma la virtuosità degli istituti tricolori che nel 2020, grazie al processo di smaltimento iniziato cinque anni prima, avevano toccato i livelli minimi dal 2008 per quanto riguarda i non performing loans.
“Le misure governative di sostegno – ha spiegato il manager – hanno permesso di congelare e frenare il processo di deterioramento dei crediti”. Dunque, secondo lo studio Pwc, i volumi lordi di crediti deteriorati sui libri delle banche si sono ridotti di oltre il 70% rispetto al picco di 5 anni fa, scendendo dai 341miliardi del 2015 ai 99 del dicembre scorso. Per gli analisti, lo stock ‘cumulato’ includendo anche la porzione in capo a investitori, vale oltre 350 miliardi e rende il mercato italiano uno dei principali a livello europeo.
Ma ora c’è “grande incertezza”, scrivono gli esperti, sull’impatto dell’attuale crisi sui nuovi flussi di credito deteriorato, poiché ad oggi “questo fenomeno non è ancora visibile per effetto delle misure speciali introdotte”. I dati più recenti sui crediti in Stage 2, che comportano un deterioramento significativo del rischio di credito con 30 giorni di presunto ritardo nei pagamenti, iniziano a “mostrare i primi segnali di attenzione” in quanto sono cresciuti nel 2020 di circa 64 miliardi, arrivando a rappresentare mediamente il 14% del totale portafoglio crediti. A fine marzo 2021, secondo Pwc, risultavano classificati a Stage 2 rispettivamente oltre il 30% dei crediti in moratoria e oltre il 10% dei prestiti con garanzia pubblica.
L’effetto stimato da Pwc sulla pandemia sarà quindi tra gli 80 e i 100 miliardi di nuovi Npl nei prossimi 24-30 mesi. Si tratta di situazioni critiche che riguardano prevalentemente piccole e medie imprese attive nei settori più colpiti dalla crisi. E gli incagli (Utp) saranno “tra le asset class più colpite dalla pandemia e la più complessa da gestire per le banche”.
In questo quadro sarà il Pnrr a fare la differenza, perché giocando un ruolo chiave nella ripresa dell’economia reale “condizionerà anche il mercato dei crediti deteriorati, incidendo direttamente sulla probabilità di default di imprese che hanno avuto accesso alle misure straordinarie di sostegno”, ha sottolineato Masenza.
Quanto alle banche, il processo di consolidamento, il ‘calendar provisioning’ e le linee guida della Bce le obbligheranno a proseguire nella loro strategia di smaltimento. Il 2020 si è chiuso con oltre 40 miliardi in transazioni, nei primi mesi del 2021 si è registrato un rallentamento causato dal contesto di generale incertezza del mercato ma nel biennio 2022-2023 sono attese operazioni in linea con gli ultimi anni. In parallelo c’è da aspettarsi, secondo Masenza, “uno sviluppo importante del mercato secondario, supportato anche da interventi normativi a livello europeo volti a favorire la creazione di un mercato secondario efficiente e trasparente”.
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