Tra attivi e passivi la verità è nel mezzo
Un portafoglio efficiente dovrebbe essere costruito con un giusto mix. Gli Etf hanno il vantaggio di essere più economici. Ma su alcune asset class, come i corporate bond, il gestore può essere determinante
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Ott – Nov 2018 |
Continua a crescere il fenomeno dell’automazione finanziaria. Che oggi comincia a prendere forma anche in Italia. Il numero di operatori attivi nel mercato dei robo-advisor che sta aumentando e l’offerta è sempre più polarizzata. Da un lato abbiamo il mercato cosiddetto mass market (retail), con servizi standardizzati e semplificati, dall’altro abbiamo la clientela private (i Paperoni, per intenderci), con un’offerta customizzata. Tuttavia, il robo-advisor puro non sembra essere il modello di business ottimale. “Da una survey di Global Data, condotta su 27 mila investitori retail distribuiti su 27 paesi, emerge che soltanto l’1% dei risparmiatori investe attraverso piattaforme automatizzate – fa notare Mauro Panebianco, partner di Pwc – La maggior parte fa ancora appello al canale tradizionale della consulenza”. Le ragioni sono diverse. A partire dai costi elevati di servizio per il mantenimento del portafoglio. “Ma c’è anche un’elevata difficoltà di acquisizione di nuovi clienti. Un robo-advisor che vuole entrare sul mercato deve investire tanto, in pubblicità e marketing. Ma non tutti hanno questo buffer economico”.
L’offerta
Ciò nonostante, il parterre dei robo-advisor ha visto crescere gli operatori negli ultimi anni. Negli ultimi anni sono arrivati Che Banca!, Euclidea e anche Ing. Che hanno affiancato altri operatori come Ib Navigator e AdviceOnly. “Anche noi avremo presto una soluzione automatizzata, che si chiamerà Leo – puntualizza Panebianco –, sviluppata attraverso la partnership con due provider tecnologici. Leo è una piattaforma di supporto al lavoro del consulente finanziario, dove ci sarà un’evoluzione del rapporto, grazie all’utilizzo di una chatbot, creata tramite Noovle, che automatizza e rende più efficiente i processi interni del servizio di consulenza. La partnership con Deus Technology, invece, ci fornirà un algoritmo per ottimizzare il portafoglio. Sarà un robo-advisor ibrido, in cui la consulenza automatizzata coesisterà con gli operatori classici del sistema”. Una scelta che Pwc ha fatto anche per incrementare il livello di educazione finanziaria del cliente. Anche se si inizia a vedere qualche miglioramento, l’Italia continua a viaggiare in termini di cultura finanziaria al di sotto delle media europea. “E proprio i robo-advisor potrebbero cambiare l’attuale scenario – argomenta il partner di Pwc – Il nostro progetto, infatti, ha una triplice finalità: approfondire le determinanti legate alle scelte investimento, aumentarne la consapevolezza e fornire delle linee guida facili per evidenziare i benefici di una gestione automatizzata del proprio portafoglio”.
Il quadro internazionale
A livello globale, le piattaforme di robo-advisor gestiscono circa 400 miliardi di dollari. Un numero che è destinato a crescere, per effetto soprattutto dell’ingresso di nuovi attori. Come potrebbe essere Jp Morgan, che ha già annunciato di voler entrare in questo mercato nel 2019. “Sono tanti gli asset manager che stanno stringendo numerose partnership per coprire quest’area di business”, puntualizza Panebianco. Ne sono un esempio i deal tra BlackRock e Futureadvisor, Schroders e Nutmeg, o ancora Aberdeen e Parmenion. E oltre al business tradizionale degli asset manager, anche il mondo assicurativo ci sta pensando, come testimonia la partnership Aviva-Wealthify. “Il tema è che queste realtà hanno una parte importante del portafoglio caratterizzato dalla clientela di tipo affluent – aggiunge Panebianco – Per loro il costo del servizio è molto importante e soluzioni automatizzate, che per la clientela risultano più efficaci ed efficienti, vanno ad abbattere questa voce di spesa”. Trend che lasciano trapelare un certo ottimismo. E anche l’Italia si adeguerà presto al contesto internazionale.
Gli strumenti
Per i robo-advisor, il mattoncino preferito da inserire in portafoglio continua a essere l’Etf, “perché è la soluzione a più basso costo. Le piattaforme automatizzate si caratterizzano per il fatto di offrire soluzioni a basso costo. Un business che funziona laddove anche il sottostante ha un costo basso. Per questo la maggior parte si rivolgono agli Etf. Anche se di recente stanno nascendo soluzioni ibride, come dimostra Euclidea”, conclude Panebianco.