Bell (T Rowe Price): “Mercati di frontiera, la sovraperfomance continua. Riflettori puntati sull’Africa”
30 gennaio 2018
di Eugenio Montesano
3 min
Il 2017 ha segnato il sorpasso dei frontier market sui paesi sviluppati grazie a Vietnam e Argentina. Secondo Oliver Bell, gestore azionario specializzato in mercati di frontiera per T Rowe Price, alcune economie africane hanno il potenziale per guidare le performance quest’anno.
Inflazione contenuta, Pil in espansione, miglioramenti nella crescita degli utili societari. Tre tendenze che, mediamente, accomunano le economie di frontiera facendo sì che nel 2017 l’indice azionario MSCI Frontier Markets abbia registrato un rendimento del 32,3% in dollari e del 16,2% in euro, superiore all’apprezzamento del 22,4% (in dollari) e del 7,51% (in euro) raggiunto dall’MSCI World, l’indice dei mercati sviluppati, nello stesso periodo di tempo.
Secondo l’analisi di Oliver Bell, gestore del fondo T Rowe Price Frontier Markets Equity, gran parte della crescita dello scorso anno è da attribuirsi all’Argentina (che pesa per il 24% dell’indice) e al Vietnam (13,7%), “paesi dove gli sforzi politici pacificamente condivisi hanno portato a programmi di riforma economica che hanno innescato i motori della crescita e degli investimenti”, sottolinea il gestore.
Dopo un periodo di performance così forte è ancora il momento giusto per investire ancora in questi mercati? Secondo Bell, la frontiera rimane un investimento strategico allettante, soprattutto in un’ottica di diversificazione dei portafogli globali e alla luce delle aspettative su un ulteriore apprezzamento degli utili aziendali. “La ripresa degli utili è appena iniziata, e le valutazioni all’interno della regione sono in linea con quelle dei mercati emergenti e trattano a sconto rispetto a quelle dei mercati sviluppati”.
Attenti al “fattore A”
Tra i temi più spinosi che tipicamente tengono i risparmiatori più avversi al rischio lontani dai mercati di frontiera si annoverano l’instabilità politica dei paesi di riferimento e la scarsa liquidità di questi investimenti, caratteristiche che hanno finora relegato l’Africa a fanalino di coda dei mercati globali. Tuttavia, dopo essere stato tormentato dalla siccità e dalla stagnazione economica delle principali economie, secondo Bell i paesi africani – e in particolare quelli a sud del continente – contribuiranno in misura sempre maggiore ai rendimenti dei mercati di frontiera, già a partire dal 2018.
Oliver Bell, gestore del fondo T Rowe Price Frontier Markets Equity
“Le notizie positive viaggiano velocemente attraverso i mercati in generale, e questo vale tanto più per quelli di frontiera”, ancora relativamente inesplorati dalla gran parte degli investitori, “dove piccoli cambiamenti positivi possono rapidamente portare allo sblocco di un vasto potenziale economico”, sottolinea Bell. “Il nostro maggiore auspicio quest’anno è che i recenti sviluppi politici in Africa portino a un reale miglioramento della situazione economica del continente”.
In particolare, benché sia annoverato tra i paesi emergenti, Bell osserva che le ramificazioni positive di un miglioramento dello stato di salute economica del Sudafrica possono estendersi a gran parte del continente.
“Alla fine del 2017 abbiamo assistito a sviluppi politici positivi in Sudafrica, con l’elezione da parte del partito di governo ANC (African national congress) di Cyril Ramaphosa, nuovo presidente sudafricano dalle posizioni business e market-friendly. Nutriamo grandi speranze che questo avvicendamento possa avviare un processo di riforme che porti allo scioglimento del presunto giogo autoritario che soffocava il paese sotto la direzione del presidente Jacob Zuma. Questo sviluppo ha il potenziale di sbloccare miliardi di dollari americani di investimenti da parte di aziende nazionali e internazionali, nonché di fondi pensione e fondi assicurativi locali”. Ramaphosa dovrebbe svelare il suo piano d’azione nelle prossime settimane, anche se le tempistiche della ‘Zexit’, come è stata ribattezzata l’uscita di scena di Zuma, restano da definire. Secondo ufficiali di governo l’avvicendamento avverrà a giugno, ma c’è chi è pronto a scommettere che Zuma si prenderà tutto il tempo che gli resta e non lascerà prima del 2019.
Ciò non toglie che il vento in Africa stia cambiando, insiste Bell. Oltre all’evoluzione della situazione politica sudafricana, un altro storico spartiacque è certamente rappresentato dall’estromissione, a fine novembre scorso, del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, in carica per 37 anni.
“Abbiamo accolto con favore questo cambiamento e ci auguriamo di assistere a elezioni libere ed eque in Zimbabwe quest’anno, che darebbero legittimazione al governo di un paese che in passato è stato uno dei mercati azionari più grandi e liquidi del continente”, commenta Bell.
“Questo dovrebbe liberare la strada a ingenti investimenti in dollari per contribuire a ristabilire quello che un tempo era anche noto come il ‘granaio dell’Africa’”, un paese in grado di sfamare la propria popolazione e quella di molti paesi limitrofi, e che decenni di malgoverno hanno trasformato in una regione afflitta da carestie.
La graduale uscita dall’impasse politico di questi paesi avrà, secondo Bell, un effetto positivo su paesi limitrofi come Namibia, Botswana e Zambia, produttori di materie prime che stanno beneficiando del recupero del prezzo del rame. “Ma il vento che oggi soffia nelle ali di questi paesi deve essere rafforzato da una piena definizione degli accordi commerciali con gli stati membri del Fondo monetario internazionale, che devono ancora essere pienamente concordati”, conclude il gestore.
In un contesto di crescita macroeconomica globale che continua a essere generalmente positivo, tre specialisti di mercati emergenti scrutano l’orizzonte dell’asset class per i prossimi dodici mesi.
Un aspetto interessante di queste piazze finanziarie è la minore correlazione con l’andamento dei Paesi sviluppati. Ne parliamo con Aberdeen Am ed East Capital.
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