QE, nuvole nere all’orizzonte dell’Italia
Sullo sfondo del Tapering si percepisce un crescente nervosismo, che è la naturale benzina sul fuoco di potenziali crisi finanziarie, con lo scoppio di “bolle”
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Mentre i mercati attendono il nuovo corso della Fed con l’avvicendamento di Jerome Powell al posto di Janet Yellen, al di qua dell’Oceano una cosa è chiara: Mario Draghi non ha nessuna intenzione, per ora, di dire la parola fine alla sua politica accomodante. Così, la Bce nell’ultima riunione ha solo dimezzato gli acquisti mensili di titoli, portandoli da 60 a 30 miliardi, e li ha protratti per nove mesi. Lasciando intendere che un possibile rialzo dei tassi non ci sarà prima del 2019. Il che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai mercati, perché l’afflusso di liquidità non è concluso.
Ovvero non è stato rimosso l’elemento che ha di fatto, fino a oggi, sostenuto le Borse e le obbligazioni. Tuttavia sarà necessario mettere in conto che, soprattutto per effetto delle scelte di politica monetaria Usa, questo afflusso abnorme di denaro si placherà, gradualmente, a partire dal 2018. Come si dovrà investire in questo nuovo mondo?
“I dati macroeconomici mostrano un trend solido, ma non abbastanza da alimentare l’inflazione. Pertanto le valutazioni sono ancora influenzate dalle iniezioni di liquidità o dalla loro imminente scadenza – dice a Focus Risparmio Jeanne Asseraf-Bitton, head of Lyxor Cross Asset Research – anche se lo scoppio della bolla obbligazionaria potrebbe non essere immediato. Tuttavia, per restare investiti in bond, è necessario identificare i rischi assunti e concentrarsi sui maggiori rendimenti aggiustati per il rischio, piuttosto che considerare il settore nel suo complesso”. Secondo Asseraf-Bitton “in Europa, i bund tedeschi saranno quelli che più beneficeranno dell’estensione del QE da parte della Bce. Nel Regno Unito, i rischi di stagflazione collegati alla Brexit dovrebbero tenere cauta la BoE e stabili i rendimenti a livelli interessanti”. Fuori dall’Europa, “i Treasury Usa sono gli unici a lasciare spazio a prospettive negative. Un rendimento superiore al 2% significa un ottimo rendimento”, continua Asseraf-Bitton, che per gli ottimisti intravede invece “due interessanti opportunità di carry: mercati emergenti e obbligazioni europee high yield. Queste ultime dovrebbero beneficiare di solidi fondamentali economici, di un leverage contenuto e della presenza costante di un grande compratore come la Bce. L’idea riguardo gli emerging, valida sia per titoli in valute forti sia per quelli in valute locali, poggia le proprie basi sul miglioramento della qualità creditizia di questi mercati, che oggi garantiscono metà dei loro fabbisogni finanziari in valuta locale. Tuttavia, i flussi sono stati enormi e la dipendenza dalla Fed è tuttora un fattore cruciale, tanto da farci essere leggermente meno convinti”.
“La reazione immediata dell’obbligazionario è stata positiva – conferma Massimo De Palma, responsabile asset management di Gam Sgr – e lo è stata perché Draghi ha rimosso l’elemento incertezza, che è ciò che crea la massima tensione sui mercati”. Nell’ultimo periodo, per via di questa incertezza, “abbiamo assistito, in particolare sugli high yield, a flussi in uscita per paura che un cambiamento nella politica monetaria avrebbe avuto effetti negativi. Gli spread nei confronti dei titoli governativi sono particolarmente contenuti. La decisione della Bce rende però meno vulnerabile questo segmento, alla luce anche di una crescita economica solida e al di sopra delle attese”, continua De Palma, che vede benefici dall’azione di Draghi, anche per “il mercato azionario della zona euro, che è inoltre relativamente più interessante dell’obbligazionario per prospettive di rendimento, seppur a fronte di valutazioni non particolarmente convenienti”. La Fed invece dovrebbe agire più rapidamente rispetto a quanto ci si attendeva alcuni mesi fa. “I dati macroeconomici stanno sorprendendo in positivo. Sembra inoltre che ci siano segnali di un risveglio nei prezzi che, ove confermati, potrebbero generare ulteriori attese di rialzo dei tassi e di conseguenza dare nuovo slancio al dollaro”.
La liquidità generata dalle banche centrali