Previdenza complementare, un film già visto o l’inizio di un nuovo capitolo?
È finalmente arrivato il tanto atteso momento di rilanciare il secondo pilastro o siamo davanti all'ennesimo rinvio?
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Nel 2023 la spesa pubblica per il sistema assistenziale crescerà del 3,7% e toccherà quota 632,4 miliardi di euro. È la stima del think tank ‘Welfare, Italia’, sostenuto da Unipol e The European House – Ambrosetti, secondo cui il peso delle pensioni sulla spesa sociale complessiva toccherà il 50,3% per un totale di quasi 318 miliardi di euro. Numeri che, se confermati, testimonieranno una crescita del 7,1% rispetto ai 296,9 miliardi di un anno fa e imporranno un patto generazionale per rendere il sistema ancora sostenibile.
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Stando al più recente report prodotto dal gruppo di ricerca, che include nel perimetro del welfare non solo i tre pilastri tradizionali (sanità, politiche sociali e previdenza) ma anche l’istruzione, la spesa sanitaria salirà entro fine anno dal 17,7% del 2022 al 21,5%. In calo del 2,9% invece i fondi per le politiche sociali, che si attesteranno al 16,9% in seguito alla revisione Reddito di cittadinanza ma comunque sopra i livelli pre-Covid. In leggero aumento, +0,6% all’11,3%, anche il denaro destinato all’istruzione. Dal 2019 al 2023, viene sottolineato nello studio, le risorse investite nel welfare hanno registrato una dinamica in espansione in tutte le loro componenti: politiche sociali (+23,6%), sanità (+17,5%), previdenza (+15,6%) e istruzione (+2,4%).
La ricerca contiene anche l’indicatore sintetico Welfare Italia Index 2023, che valuta aspetti legati sia alla spesa sia ai risultati da questa prodotti. Nel 2023, in base alla metrica, l’amministrazione territoriale con il punteggio più elevato è risultata la Provincia di Bolzano (83,3 punti). A seguire, quella di Trento (81,4 punti) e dall’Emilia Romagna (76,3 punti). Dal lato opposto del ranking, si posizionano Basilicata (61,4 punti), Campania (60,4 punti) e Calabria (56,7 punti). L’edizione di quest’anno, rispetto ai dati 2022, segnala una costante polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni: il divario tra la prima e l’ultima è infatti pari a 26,6 punti. Il loro posizionamento segue l’ordine Nord-Centro-Sud, con le settentrionali che si confermano ai vertici della classifica e le meridionali in coda.
Secondo l’analisi, sul welfare tricolore pende una seria ipoteca dovuta alla crisi demografica. Un calo della popolazione italiana a 51 milioni nel 2050 potrebbe i fatti generare una perdita economica di un terzo del Pil. Questo significa che, se si ipotizzano i tassi di crescita al 2050 previsti dal Mef, non resta come unica soluzione che un raddoppio della produttività. Obiettivo assai difficile da raggiungere. Per gli esperti, poi, oltre un quarto della produzione che si avrà rischia di essere assorbito da pensioni e sanità: se infatti il Paese manterrà il tasso di crescita del periodo 2000-2019, il peso della spesa pensionistica toccherà il 19% a metà secolo. Inoltre, per far fronte a tutti i bisogni di salute e assistenza, si stima che l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil debba salire del 2,4% rispetto al 2022 e toccare il 9,5%.
Per far fronte alle dinamiche demografiche, inflattive e salariali, il think tank propone quindi un nuovo patto generazionale con quattro ambiti d’azione. Questi partono da un disegno organico per invertire il trend demografico in linea con le migliori pratiche europee, con misure come più risorse all’assegno unico, congedi parentali neutrali rispetto al genere e sistemi premianti per l’immigrazione di stranieri qualificati. Gli altri ambiti d’azione sono il sostegno al ruolo del sistema sanitario nazionale, aumentando gli investimenti e valorizzando appieno la componente integrativa; l’aumento degli strumenti e la flessibilità del sistema previdenziale integrativo; un piano per lo sviluppo delle competenze e il potenziamento del ruolo dei centri per l’impiego.
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