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Le tensioni geopolitiche restano la principale preoccupazione. E solo il 40% si sente ben preparato a raggiungere i propri obiettivi. Aumenta l’attenzione alla pianificazione finanziaria. L’EY Global Wealth Research Report 2025
Gli investitori italiani sono soddisfatti e si fidano sempre di più dei loro wealth manager. Preferiscono però diversificare, affidandosi a due provider, e per scegliere guardano sopratutto alla performance. D’altra parte i tempi sono difficili e in cima alle preoccupazioni si conferma esserci il difficile contesto geopolitico. Sale intanto l’interesse per gli investimenti alternativi, che però continuano a incutere un po’ di timore, e diventa sempre più centrale la pianificazione finanziaria e previdenziale. È questa, in sintesi, la fotografia scattata dall’EY Global Wealth Research Report 2025, l’indagine che ogni due anni indaga il sentiment di individui e famiglie con un patrimonio netto elevato che si rivolgono ad un professionista per proteggere la loro ricchezza e farla crescere.
Tra incertezza e fiducia
L’analisi ha coinvolto oltre 3.600 clienti distribuiti in 30 Paesi, tra cui appunto il nostro, e conferma come in testa alle preoccupazioni (55%) restino le tensioni geopolitiche e le guerre commerciali. Gli investitori italiani, in particolare, non si sentono pronti a navigare nella complessità dell’attuale scenario, tanto che solo due su cinque si considerano ‘ben preparati’ a raggiungere i propri obiettivi finanziari (il 36% si definisce ‘abbastanza preparato’). Ne deriva che oltre la metà dei clienti (53%) ha aumentato il numero di incontri con l’advisor per approfondire gli eventi di mercato e soprattutto per discutere di come proteggere e conservare le proprie ricchezze. Quest’ultimo è infatti uno dei due temi più importanti tra quelli affrontati per l’89% degli intervistati. Se quindi prevale un sentimento di incertezza nei confronti dei mercati, l’approccio verso i propri consulenti è di sostanziale fiducia: l’83% non ha dubbi sulla correttezza delle commissioni applicate, mentre i costi nascosti continuano a preoccupare un intervistato su due (51%).
Parole d’ordine: performance e diversificazione
Le banche commerciali e retail sono ancora le preferite dagli italiani per la gestione dei loro portafogli, una tendenza in crescita rispetto al 2022 (+10%). Cruciale per la scelta dei wealth manager resta per tre su quattro (75%) la valutazione della performance degli investimenti. In media, inoltre, ci si affida a più di due professionisti, preferendo quindi una strategia di diversificazione anche dei fornitori. Un’attenzione premiata dal tasso di soddisfazione per l’accesso a prodotti e servizi, così come per la performance degli investimenti, rispettivamente all’87% e all’85%.
Cresce l’interesse per gli investimenti alternativi
L’indagine mostra poi come il rapporto di fiducia tra investitori e clienti diventi l’asse attorno al quale indirizzare la scelta dei prodotti, in base a propensione al rischio, rendimenti attesi e commissioni all’ingresso e in uscita. Nonostante infatti la maggioranza degli investitori (53%) consideri importante acquisire maggiori informazioni su forme alternative di investimento, soltanto una minima parte (10%) è stata attivamente ingaggiata dal proprio advisor sul tema. Un dato che evidenzia la necessità per gli operatori di incrementare l’efficacia commerciale così da estendere la penetrazione dei prodotti innovativi. Tanto più che per una quota significativa (47%) degli investitori italiani il rischio associato a questo tipo di investimenti desta ancora preoccupazione, seguito dalla mancanza di trasparenza o chiarezza delle informazioni sul profilo di rischio e su quello di rendimento (38%). Non sorprende, quindi, che l’asset alternativo più diffuso sia ancora il mattone (53%). Sale però anche l’interesse verso gli hedge fund azionari (51%) e il private equity (35%). Infine, rispetto ai modelli di tariffazione, cresce più del doppio la percentuale di investitori che opta per commissioni basate sulla performance (al 24%, dal 10% del 2022) e triplica quella di chi sceglie un mix di modelli tariffari (al 23%, dal 7%).
Più attenzione per pianificazione finanziaria e passaggi generazionali
Altra priorità degli investitori è poi pensare al proprio futuro, adottando una strategia di pianificazione finanziaria e previdenziale. Infatti, oltre la metà (53%) utilizza servizi di questo tipo, mentre crescono anche quelli di pianificazione fiscale e di governance (49% e 31% rispettivamente), suggerendo un certo margine potenziale di sfruttamento. Inoltre, il 56% dei clienti non si ritiene preparato al trasferimento intergenerazionale della propria ricchezza, e una larga maggioranza degli eredi italiani (90%) si dice molto o abbastanza propenso a continuare a lavorare con lo stesso advisor del donatore.
Millennial, boomer e Gen X: tre stili diversi
Dall’indagine emergono anche alcune differenze generazionali nella gestione dei patrimoni: i millennial italiani (nati tra il 1981 e il 1994) sono i più autonomi e digitali, con il 78% che dichiara di avere oggi un maggiore controllo sui propri portafogli e il 67% che ha intensificato il dialogo con il proprio wealth manager. I boomer (1946-1964), invece, restano più legati alla relazione personale e alla reputazione del brand, mentre la Gen X (1965-1980) si distingue per una forte propensione all’uso di strumenti digitali (69%). Diverse anche le priorità: i primi guardano ai tassi di interesse (56%), i secondi ai rischi geopolitici (69%), mentre i terzi temono soprattutto l’incertezza economica (53%). Nella scelta dei partner finanziari, i millennial sono i più dinamici e aperti a nuovi interlocutori, mentre i boomer preferiscono le relazioni personali con gli advisor finanziari.
Approccio cauto all’AI
Infine, l’adozione dell’Intelligenza Artificiale nel wealth management viene vista con crescente interesse da parte dei clienti italiani. Tanto che il 47% si aspetta che il proprio provider la integri nei servizi offerti, percentuale che sale al 75% tra i clienti che superano un milione di patrimonio (Very High Net Worth). Nonostante questo, resta una certa prudenza tra gli investitori nei confronti dell’AI, con forti riserve: tra le principali preoccupazioni emergono l’uso improprio dei dati (56%), la tutela della privacy (53%) e la mancanza di un ‘tocco umano’ (40%).
“I dati ci dicono che l’industria del wealth management in Italia sta pienamente soddisfacendo le esigenze dei clienti: l’80% infatti si dichiara soddisfatto su molteplici aspetti del servizio”, commenta Giovanni Andrea Incarnato, Italy wealth & asset management sector leader di EY. Che sottolinea come il valore percepito resti tuttavia largamente connesso alle performance d’investimento. “Il ruolo del wealth management italiano è di guidarli con competenza e visione, aiutandoli a trasformare l’incertezza in opportunità e valorizzando appieno le competenze di consulenza patrimoniale, guardando al contempo alle opportunità che l’innovazione offre, dalle asset class alternative all’utilizzo delle nuove tecnologie”, conclude quindi l’esperto.
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