Albertini, portfolio manager della casa Usa, lancia nel Belpaese il First Eagle Amundi Sustainable Value Fund. Azioni globali di qualità, scontate e sostenibili: “Ecco come battere la volatilità”. E, in prospettiva, attenzione a immobiliare e Giappone
Julien Albertini, portfolio manager and senior research analyst di First Eagle
Con la traiettoria dell’inflazione ancora incerta e le banche centrali che si muovono a tentoni sul fronte dei tassi, sono tanti gli investitori che rischiano di trovarsi indecisi sulla strategia da adottare per affrontare i prossimi mesi. Specie in Italia, dove molti sono rimasti spiazzati dalla decisione della Bce di alzare ulteriormente il costo della moneta unica. Secondo Julien Albertini, portfolio manager and senior research analyst di First Eagle, la risposta a questi dubbi risiede nell’approccio value. Meglio, però, se sviluppato in chiave sostenibile. Ecco perché il gestore della casa americana, insieme al suo team e affiancato dal partner Amundi, ha lanciato anche nel Belpaese il First Eagle Amundi Sustainable Value Fund. Un prodotto che, puntando su qualità dei titoli e approccio bottom-up, mira a preservare il potere d’acquisto del capitale anche nelle fasi di mercato avverse, senza però sacrificare il rendimento.
Inflazione, tassi di interesse, recessione. Qual è la sua view macroeconomica per la fine del 2023?
Ci risulta difficile formulare previsioni specifiche sul picco dei tassi, perché i fattori di incertezza all’orizzonte sono ancora tanti. In generale, rispetto a chi prospetta uno scenario senza nubi all’orizzonte, tendiamo comunque a considerarci più prudenti. Le banche centrali hanno iniziato ad alzare il costo del denaro ormai un anno e mezzo fa ma le serie storiche ci insegnano che possono volerci anche più di 18 mesi perché l’impatto di una politica monetaria restrittiva si trasmetta alle radici dell’economia. È vero che l’inflazione sta effettivamente rallentando ma se guardiamo alla componente dei salari, che è la parte più importante dell’indice headline, possiamo osservare quanto in realtà resti elevata. Ciò rafforza l’ipotesi di tassi a livelli elevati ancora a lungo, nell’attesa che l’economia inizi a sperimentare gli effetti della stretta di Federal Reserve e Banca centrale europea. Negli Stati Uniti, in particolare, riscontriamo maggiori criticità: da un lato crediamo che il tasso di occupazione americano resterà molto alto nonostante l’elevato livello dei tassi, ma i dati forniti dal sistema bancario ci portano anche a ritenere che il credito si stia progressivamente contraendo. Il tutto mentre il settore manifatturiero e una parte dell’industria scivolano in recessione. Sul fronte macro permangono molte incertezze, che non si riflettono necessariamente nella valutazione del mercato azionario globale, per cui rimaniamo cauti e altamente selettivi.
In uno scenario di questo tipo, qual è il modo corretto di interpretare l’approccio value? In cosa si differenzia la vostra filosofia di investimento?
Ci distinguiamo dalla maggior parte degli investitori value tradizionali perché non guardiamo immediatamente a metriche come il price/earnings o il price/book value. Il nostro approccio al mercato parte, infatti, da un restringimento dell’universo investibile a società di alta qualità e gestite da un management capace: solo allora iniziamo a focalizzarci sui prezzi e cerchiamo di comprare titoli disponibili a valutazioni scontate (il cd. Margine di Sicurezza). Quando parlo di qualità, mi riferiscono all’insieme di due caratteristiche: persistenza, nel senso che l’impresa deve avere una storia di successo pregressa e deve essere riuscita a rimanere rilevante in buona parte delle fasi del ciclo economico; scarsità, nel senso che deve trattarsi di un business difficile da replicare grazie alla proprietà o al controllo di asset sia materiali che immateriali.
In questa prospettiva, ritiene ci siano settori o specifiche aree geografiche che meglio si prestano al value investing?
Sicuramente il real estate è un settore che attualmente presenta delle condizioni favorevoli per un incremento dell’esposizione di portafoglio nell’ottica di ottenere un investimento remunerativo: molti edifici vengono infatti messi sul mercato a prezzi che non riflettono assolutamente il valore di pochi mesi o trimestri fa. Ecco perché stiamo investendo molto tempo all’interno del settore per individuare asset di qualità. Un altro settore che ci piace è quello del lusso. A livello geografico, vediamo ottime prospettive in Giappone: è un Paese che ci piace per l’alto livello delle competenze manageriali e il miglioramento in termini di corporate governance, oltre che per la presenza di aziende solide a livello di fondamentali. Riteniamo che lì le valutazioni rimangano interessanti.
Quali sono le caratteristiche del nuovo fondo che state lanciando in Italia e quali sono le vostre aspettative rispetto al gradimento del mercato?
Si tratta di un prodotto azionario globale dalla filosofia value che punta a costruire un universo d’investimento rigorosamente sostenibile, utilizzando la ricerca e il framework di Amundi Esg. L’allocazione azionaria non è vincolata da fattori come settori, Paesi, capitalizzazioni o stili ma, adottando un approccio bottom-up, si propone piuttosto di sviluppare un focus su società globali di alta qualità, con ottimi fondamentali e che possano offrire un adeguato margine di sicurezza. Il tutto con un orizzonte d’investimento di lungo periodo. L’attuale asset allocation vede investito in equity (prevalentemente europee e statunitensi) circa il 90% del portafoglio, mentre la liquidità rappresenta il 10%. Si tratta di un livello che ci permettere di poterla impiegare in modo anticiclico, sfruttando la volatilità di mercato per investire opportunisticamente.
Quanto alle aspettative di gradimento, è il track-record del prodotto a farci stare tranquilli. Il debutto nel Vecchio Continente del First Eagle Amundi Sustainable Value Fund risale infatti a tre anni fa e, da allora, le performance si sono dimostrare in linea con le previsioni. Perfino in una stagione drammatica per i mercati finanziari come quella vissuta nel 2022, il fondo ha mostrato grande resilienza. Questo ci permette di mettere a disposizione anche ai clienti italiani una soluzione di investimento attrattiva.
Come integrate i criteri Esg?
Il primo step consiste in uno screening quantitativo dell’universo d’investimento basato sui rating di sostenibilità di Amundi. A partire dalle valutazioni della società, escludiamo i titoli di aziende attive in settori controversi (armi, carbone, oil&gas, tabacco) e il 20% di quelle che si collocano più in basso nelle classifiche risultati dall’applicazione delle metriche riferite alla sostenibilità. Uno sforzo a cui si somma anche l’avere un rating medio ponderato Esg superiore a quello dell’universo investibile. Segue un’analisi qualitativa in cui, oltra al tradizionale engagement, coinvolgiamo direttamente le società investite cercando di identificare insieme al loro management i punti deboli da sanare o le leve su cui agire per migliorare la traiettoria di sostenibilità del business e aumentare il valore aziendale. Puntiamo a investire in aziende che riteniamo si comportino in modo responsabile all’interno del loro ecosistema.
Cosa ne pensa della polemica sorta negli Stati Uniti a proposito dei fondi Esg?
Quello del green washing è un tema che non smette di far discutere. Proprio per questo, insieme ad Amundi, abbiamo convenuto fosse opportuno sviluppare da zero un nuovo prodotto sostenibile piuttosto che trasformare in chiave Esg una strategia global value già esistente. First Eagle Amundi Sustainable Value Fund nasce da questo sforzo. E si configura come un prodotto non solo capace di discostarsi dalle logiche top-down o di focus tematico che contraddistinguono la maggior parte dei fondi Esg distribuiti in Italia e in Europa, ma anche in grado di abbinare alla sostenibilità l’obiettivo di preservare il potere d’acquisto del capitale nelle fasi di mercato avverse.
E l’Intelligenza artificiale? Si adatta al vostro approccio?
Assolutamente, ma a condizione che l’alta qualità per cui si contraddistingue tradizionalmente il settore vada di pari passo con valutazioni convenienti. In questo senso, gli andamenti di mercato dell’anno scorso ci sono venuti incontro: nel terzo e nel quarto trimestre, abbiamo visto infatti molte grandi compagnie del comparto tecnologico incappare in corsi azionari piuttosto negativi e questo ha rappresentato per noi un’ottima opportunità per consolidare la nostra esposizione nei loro confronti. L’obiettivo è quello di investire in società di elevata qualità, gestite da un management forte, ma solo quando offrono valutazioni interessanti.
Quali opportunità sono offerte, invece, dalla transizione energetica?
È uno spazio che in First Eagle teniamo monitorato e verso il quale non abbiamo preso direttamente esposizione poiché stiamo valutando quali modelli di business siano più efficaci e su quali livelli delle catene del valore concentrare gli investimenti. Ecco perché adottiamo un approccio ancora più paziente.
I mercati emergenti rappresentano una quota relativamente limitata del vostro attuale portafoglio. Pensate di aumentare l’esposizione verso queste aree in futuro? Quali Paesi, dal vostro punto di vista, sono più promettenti per un investitore value?
Il fondo è attualmente investito in Messico, Brasile, Corea, Taiwan e altri mercati emergenti. In generale si tratta di un’area in cui sono presenti aziende e team manageriali che incontrano i nostri criteri di qualità e presentano valutazioni attraenti. Oggi rappresentano una piccola parte del portafoglio, ma è sicuramente un’area che stiamo considerando.
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