A gennaio prezzi in risalita oltre le attese. I mercati vedono uno slittamento della prossima sforbiciata, ma per alcuni gestori Powell potrebbe non tagliare affatto quest’anno
Altro che riduzione dei tassi subito “per andare di pari passo con i dazi”, come è tornato ad invocare il presidente Donald Trump: l’inflazione americana rafforza la linea della cautela ribadita dal numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell, davanti al Congresso americano. A gennaio, infatti, l’indice dei prezzi a stelle e strisce è aumentato del 3,0% su base annua e dello 0,5% nel confronto con dicembre, gelando gli analisti che si aspettavano un incremento rispettivamente del 2,9% e dello 0,3%. Una sorpresa negativa che ha portato i mercati a scommettere su uno slittamento della prossima sforbiciata a dicembre, non più a settembre come precedentemente atteso. Con alcuni gestori convinti che l’istituto centrale potrebbe non tagliare affatto quest’anno.
Il mese scorso ha visto infatti un aumento anche dell’indice core, quello depurato delle componenti più volatili e maggiormente osservato dalla Fed, che ha segnato un +3,3% su gennaio 2024 e un +0,4% su dicembre. In entrambi i casi sopra il consensus. In risalita sono risultati anche i prezzi energetici (+1% e +1,1%) e quelli dei generi alimentari (+2,5% e +0,4%).
Calano le probabilità di un taglio dei tassi
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia
Per Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, i dati mostrano come le pressioni inflazionistiche siano tornate a salire in modo consistente. “I rincari non sono solamente nel comparto energetico ma anche in quello dei trasporti e in quello sanitario. E l’inflazione core mostra la crescita su base mensile più alta degli ultimi dieci mesi”, fa notare. Sottolineando come tale surriscaldamento non abbia ancora integrato gli effetti delle politiche trumpiane. Per questo, l’esperto è convinto che non esistano al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Fed. E ritiene altamente probabile che Powell e colleghi continuino a monitorare l’andamento delle variabili macro (in particolare inflazione, PIL e disoccupazione) per decidere nel corso dei prossimi mesi la direzione. “I tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Le nostre attese non prevedono alcun taglio nel 2025”, afferma.
Ancora più netto Dan Siluk, head of global short duration & liquidity and portfolio manager di Janus Henderson, secondo cui “la Fed non dovrebbe tagliare”. “Indipendentemente dal modo in cui l’istituto centrale sceglie di analizzare i dati, sono tutti risultati superiori alle aspettative. Anche i quelli annualizzati a 3 e 6 mesi sono in aumento”, spiega. Aggiungendo che, sebbene i dati dell’IPC di inizio anno siano noti per la stagionalità e le distorsioni, il mercato del lavoro è chiaramente stabile e le condizioni economiche non giustificano condizioni più favorevoli. “Tutti i segnali suggeriscono che il tasso di interesse neutrale dovrebbe essere più alto”, sostiene.
Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm
Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, sottolinea come, dopo l’audizione di Powell al Congresso, sia apparsa evidente la preoccupazione per i potenziali rischi di rialzo dell’inflazione nel breve periodo. Preoccupazioni che riflettono in parte anche l’incertezza sulla politica commerciale USA e il suo potenziale impatto sui prezzi al consumo. “La Fed non sembra avere fretta di abbassare ulteriormente i tassi di interesse, e gli operatori del mercato monetario hanno già ridimensionato le scommesse sui tagli quest’anno”, evidenzia l’esperto.
“I numeri usciti rendono molto complicato il taglio dei tassi da parte della Fed che, secondo le stime degli analisti, avrebbe dovuto ridurre il costo del denaro nel mese di giugno del 2025. Dopo la pubblicazione di questi dati, però, le previsioni raccontano di un possibile taglio dei tassi solo in autunno”, aggiunge Saverio Berlinzani, senior analyst di ActivTrades. Che sottolinea anche come le prime reazioni sui mercati hanno visto Wall Street ripiegare e il dollaro salire. “Tuttavia per ora il biglietto verde non sfonda le resistenze chiave. Occorre qualcosa di più, in termini di dati e di dichiarazioni di funzionari Fed che potrebbero confermare le parole di Powell”, conclude.
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