Fed, per i gestori Powell aspetterà ancora: occhi su settembre (e sul dot plot)
I mercati non si aspettano tagli dei tassi prima della fine dell’estate. Ma prende piede l’ipotesi che il Fomc possa poi procedere con due riduzioni consecutive
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Buone notizie, per ora, dall’inflazione a stelle e strisce. Ad aprile l’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti ha infatti rallentato più del previsto, attestandosi al 2,3% dal 2,4% di marzo. Si tratta del minor incremento da febbraio 2021, inferiore alle stime degli analisti di una conferma al 2,4%. Per il momento i mercati tirano un sospiro di sollievo, ma restano ben consapevoli che il pieno effetto dei dazi voluti dal presidente Donald Trump inizierà a farsi sentire soprattutto a partire da maggio. Secondo i gestori è quindi inevitabile che la Federal Reserve rimanga ancora in modalità wait and see, in attesa di dati certi. E la previsione più accreditata resta quella di un primo taglio dei tassi dello 0,25% a settembre.
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Su base mensile, l’indice dei prezzi statunitense è aumentato dello 0,2%, dopo essere sceso dello 0,1% a marzo, segnando il primo calo da maggio 2020. Gli economisti si aspettavano una risalita allo 0,3%. L’indicatore core, ossia quello depurato delle componenti più volatili e osservato speciale della Fed, ha registrato un aumento dello 0,2%, contro il +0,3% del consensus e dopo il +0,1% del mese precedente. Rispetto a un anno prima, ha invece segnato una crescita del 2,8%, in linea con le stime.
“Il dato finale dell’inflazione cpi rappresenta probabilmente un sollievo per la Federal Reserve”, comenta Alexandra Wilson-Elizondo, global co-head and co-chief investment officer of Multi-Asset Solutions di Goldman Sachs Asset Management. Precisando che tuttavia gli aggiustamenti di prezzo più consistenti legati ai dazi dovrebbero manifestarsi nei prossimi mesi. “Per questo, continuiamo ad attenderci un atteggiamento attendista da parte della Fed nel breve periodo, con mercati guidati dalle notizie relative alle trattative e ai compromessi politici”, afferma. L’esperta fa infatti anche notare come l’ampio ventaglio di previsioni emerse prima della pubblicazione del dato di aprile evidenzi proprio quanto sia difficile per gli operatori di mercato prezzare l’elevato livello di incertezza che grava su imprese e consumatori.
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Per quanto riguarda il prezzo del petrolio, Wilson-Elizondo aggiunge che, sebbene molti investitori siano ottimisti riguardo agli effetti positivi della sua discesa sul carovita, tali benefici vengono però in gran parte compensati dall’indebolimento del dollaro, che rende più costose le importazioni. “Considerando questi elementi, i movimenti di queste due asset class dal ‘Liberation Day’ si sono effettivamente compensati dal punto di vista dell’inflazione core”, analizza.
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