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Per l’economista, arduo dire chi si muoverà prima fra Lagarde e Powell. Anche se ci sono i presupposti per un allentamento monetario in Europa entro l’estate. Salari e Mar Rosso non preoccupano. Ma il vero freno all’Eurotower può arrivare dal board. E il rischio sarebbe la recessione
Dopo dodici mesi di rialzi dei tassi quasi ininterrotti, il 2024 promette di essere l’anno in cui Federal Reserve e Banca centrale europea torneranno finalmente ad allentare la propria politica monetaria. C’è però chi scommette che le due banche centrali, finora impegnate allo stesso modo nella lotta al carovita – ma con tempi di reazione diversi – non seguiranno neppure stavolta lo stesso ritmo. Specialmente alla luce dei dati sull’inflazione americana di gennaio, che hanno stupito in negativo gli analisti, sta infatti prendendo piede la convinzione che Christine Lagarde possa bruciare sul tempo il collega Jerome Powell. Per Carlo Cottarelli, alla guida dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica dopo aver diretto il dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale ed essere stato commissario per la Revisione della Spesa Pubblica nei governi Letta e Renzi, i presupposti macroeconomici in tal senso non mancano. Raggiunto da FocusRisparmio (in data 23/02/2024), l’economista ha però sottolineato come l’Eurotower abbia un problema da risolvere: il predominio dei falchi in seno al Consiglio direttivo.
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Negli Usa l’indice dei prezzi al consumo di gennaio è salito del 3,1% su base annua contro il +2,9% atteso, mentre il dato core ha segnato +3,9% senza rallentare rispetto a dicembre. Al di là della sorpresa, si tratta di una rilevazione che potrebbe cambiare i piani della Fed?
È vero che il tasso di crescita sui dodici mesi registrato a gennaio pare aver rappresentato una doccia fredda per l’istituto centrale, ma ritengo che le ragioni dell’attendismo che la Federal Reserve sta dimostrando nel tagliare i tassi siano radicate più in profondità. Analizzando la dinamica dei prezzi degli ultimi mesi, ci si accorge infatti che l’inflazione stelle e strisce al netto della stagionalità viaggia ancora intorno al 3%. In sostanza, il target fissato dalla banca centrale americana era ben lungi dal venire raggiunto ancor prima di conoscere l’esito dell’ultima rilevazione. Nell’Eurozona l’inflazione di gennaio è invece scesa al 2,8% rispetto al 2,9% registrato nel mese precedente. Dal canto opposto, tuttavia, la Bce ha rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2024 e le ha portate allo 0,8%.
Come vede la situazione per il blocco?
Lo stesso ragionamento applicato agli Stati Uniti vale per la Zona euro, ma nel senso opposto. È infatti vero che il carovita sui dodici mesi si attesta ancora al 2,8% ma …
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