TFR, solo un italiano su tre ha scelto un fondo pensione
Indagine Moneyfarm: appena il 22% di quanto accumulato dai lavoratori è investito nella previdenza integrativa, il resto è rimasto in azienda. Colpa della disinformazione
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Nonostante un miglioramento dovuto ai fondi pensione, il sistema previdenziale italiano si conferma al di sotto della media europea per quanto riguarda l’adeguatezza, la sostenibilità e l’integrità. Il responso arriva dal Global Pension Index 2024 di Mercer e CFA Institute, che in questa sedicesima edizione ha messo a confrontato i modelli pensionistici di 48 Paesi, pari al 65% della popolazione mondiale, relegando l’Italia nel gruppo di coda. Roma chiude infatti 35esima, con un punteggio complessivo sceso a quota 55.4 dal precedente 56.3, mentre in testa resistono i Paesi Bassi (84.8), tallonati dall’Islanda (83.4) e dalla Danimarca (81.6).
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L’analisi considera appunto tre benchmark: la sostenibilità, cioè la solidità attuariale tra contributi e prestazioni; l’adeguatezza, ossia l’ammontare delle prestazioni e il supporto governativo; l’integrità, vale a dire il livello di governance e regolamentazione, con particolare attenzione al settore privato. E il nostro Paese, anche quest’anno, resta sotto la media europea in tutti e tre gli ambiti, assieme ad Austria, Polonia e Turchia.
In fatto di adeguatezza, abbiamo peggiorato la nostra posizione vedendo calare l’indice relativo da 72.7 a 68.2. Leggero miglioramento, invece, sul fronte della sostenibilità (da 23.7 a 25.1), grazie soprattutto al piccolo aumento del numero di persone over 50 iscritte ad un fondo pensione. Nonostante questo, restiamo però comunque penultimi nella classifica europea relativa a questo ambito, dietro di noi c’è solo l’Austria. Troppe infatti le criticità: il debito pubblico elevato, il basso tasso di crescita, l’ingente spesa governativa per le pensioni e il livello di adesione alla previdenza complementare ancora molto basso. Infine, il valore del sotto-indice integrità è quello più alto (77.2), con un rilevante miglioramento rispetto allo scorso anno (75.9). Merito dell’aumento del capitale pensionistico detenuto dai maggiori fondi pensione privati e della reperibilità da parte degli iscritti delle informazioni in merito alla propria posizione individuale.
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A livello globale, lo studio mostra che la crescita della longevità, gli alti tassi di interesse e l’aumento dei costi delle cure hanno esercitato una maggiore pressione sui bilanci pubblici per sostenere i programmi pensionistici, facendo sì che i punteggi quest’anno siano nel complesso leggermente più bassi. Diversi Paesi, tra cui Cina, Messico, India e Francia, hanno intrapreso riforme per migliorare il loro posizionamento negli ultimi anni. Per quanto riguarda la testa di serie, i Paesi Bassi, è interessante notare come, oltre alla presenza di normative strutturate e di servizi di assistenza a disposizione dei partecipanti, il sistema pensionistico continui a godere dei benefici dettati dal passaggio da una struttura collettiva a prestazione definita a un approccio più individuale, a contribuzione definita.
“In un mondo in cui i tassi di fertilità stanno diminuendo e l’aspettativa di vita è in aumento, i sistemi pensionistici sono al centro dell’attenzione”, ha commentato Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia. “Occorre garantire un migliore allineamento tra reddito pensionistico pubblico e privato per aumentare la copertura dei dipendenti”, ha quindi avvertito, aggiungendo che è anche fondamentale creare “un ambiente di lavoro adeguato in un contesto nel quale saranno sempre di più coloro che desiderano lavorare in età avanzata”.
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Nell’analisi viene anche evidenziato come i sistemi pensionistici di tutto il mondo si stiano allontanando sempre più dai piani a benefit definiti (DB), per spostarsi verso accordi a contribuzione definita (DC). Tale passaggio, come ha sottolineato Margaret Franklin, CFA president e ceo di CFA Institute, introduce una serie di nuove sfide di pianificazione finanziaria, che ricadono sulle spalle dei pensionati di domani. “I piani DC richiedono che gli individui prendano molte decisioni complesse, che potrebbero avere un impatto significativo sulle loro condizioni finanziarie in età avanzata”. Tuttavia, ha osservato l’esperta, molte persone non sono sempre ben preparate a gestire tali decisioni e “la necessità di consulenti finanziari etici e con credenziali emerge ancora una volta”.
Discorso che vale ancora di più per l’Italia dove, viene sottolineato, una maggiore adesione a fondi di previdenza complementare potrebbe essere salutare sia per il sistema pensionistico che per i cittadini. Esiste però una sfida per i sottoscrittori, poiché devono essere preparati per scegliere autonomamente le linee di investimento. “Non basta essere affiancati da advisor preparati, ma è necessario investire in importanti attività di sensibilizzazione e formazione in ambito di gestione dei risparmi e finanza personale. Qui le imprese possono fare la differenza, avviando decisamente percorsi di formazione agli investimenti e sportelli di supporto per i lavoratori”, mette in guardia lo studio. Secondo Morelli, quindi, le riforme politiche devono svilupparsi man mano che le esigenze finanziarie dei pensionati e le loro aspettative lavorative si evolvono: “Non esiste un’unica soluzione per portare i sistemi previdenziali su un terreno più solido. Ora è il momento in cui i governi, i politici, il settore pensionistico e le aziende dovrebbero collaborare”, ha concluso.
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