I fund selector tornano a puntare sul reddito fisso
Survey PGIM: il 37% aumenterà le allocazioni in bond pubblici, il 22% nel credito privato. Più cautela sull’azionario, mentre sale la domanda di liquidità e di soluzioni alternative
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Il contesto internazionale non è dei migliori e gli italiani guardano al futuro con incertezza e insicurezza generalizzate, con le donne che si rivelano le più preoccupate. In generale, le famiglie del nostro Paese riescono a risparmiare poco ma si impegnano a farlo perché considerano il loro gruzzoletto come una forma di tutela contro le spese impreviste. Questo vale soprattutto a Sud e nelle Isole (55%) più che al Nord (47%) e al Centro (45%). Quel poco che mettono da parte continuano però a non investirlo, con picchi del 71% nel Meridione, e la pensione integrativa resta ancora una scelta minoritaria. Il quadro emerge della prima delle tre wave di ricerca dell’Osservatorio ‘Look to the future’ di Athora Italia, realizzate in collaborazione con Nomisma, con le quali per tutto il 2025 la compagnia assicurativa continuerà a sondare la popolazione della Penisola sul loro rapporto con gli investimenti.
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L’importanza del risparmio per le famiglie risulta pressoché invariata rispetto al passato, ma al Sud cresce la quota di chi gli riconosce un peso maggiore di quello che gli attribuivano i propri genitori: 39% contro 34% del dato complessivo italiano. Oggi accantonare risulta però più difficile soprattutto per gli abitanti del Centro Italia, con il 76% che la pensa così contro il 64% del Nord e del Mezzogiorno. I giovani si confermano i più ottimisti: il 17% degli under 45 ritiene che la capacità di mettere soldi da parte migliorerà nei prossimi 2-3 anni, quota che scende intorno al 10% per chi ha più di 45 anni. Inoltre, tra le nuove generazioni il risparmio è visto come strumento di programmazione per spese importanti o economicamente consistenti in maniera di quanto non accada negli altri gruppi: ad affermarlo è il 23% di chi ha meno di 44 anni, percentuale che supera di otto punti quella dei 45-54enni (15%) e di ben 13 punti quella dei 55-70enni (10%).
Se gli uomini indicano l’incertezza come emozione dominante (64%), le donne si mostrano più preoccupate (59%). In generale, i maschi trovano sia nel futuro della società che in quello personale più motivi di tranquillità. Tuttavia, in merito ai timori, le maggiori differenze di genere si concentrano su stabilità del governo (53% contro 37%), cambiamento climatico (78% e 66%), aumento dei prezzi (88% e 77%), microcriminalità e sicurezza (75% e 66%). Sulle prospettive individuali le più intimorite sono ancora una volta le signore, insieme a chi ha un’età compresa tra i 45 e i 54 anni e agli abitanti del Sud e delle Isole. A generare ansia nel pubblico femminile sono soprattutto l’incapacità della pensione pubblica di sostenere le spese familiari (lo dichiara il 74%, contro il 62% degli uomini) e lo stato di salute personale o dei propri cari (64% contro il 52%).
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Gli uomini mostrano invece una maggiore fiducia rispetto alla capacità della pensione pubblica di rispondere, da sola, ai bisogni propri e della propria famiglia (24% vs 13% delle donne). Particolarmente negativa sul sistema di previdenza statale sono però i 45-54enni, con solo il 13% che possa far fronte pienamente alle esigenze future. Nonostante questo, tuttavia, la pensione integrativa resta per pochi. Viene infatti adottata per lo più nel Nord Italia: 29% contro il 24% del Centro e il 13% di Sud e Isole. I più possibilisti sul fatto di accedere in futuro a una simile soluzione sono il 27% degli under 55, contro il 13% di chi ha più di 55 anni. Le strategie di integrazione risultano poco popolari nel Mezzogiorno e nelle Isole: il 65% dei rispondenti meridionali dichiara di non essere interessato (contro il 54% del Nord e il 49% del Centro) e il 78% di non voler fare investimenti finanziari per rendite future (contro il 67% del Nord e il 70% del Centro).
Se è vero che al Nord l’87% dichiara una situazione economica familiare almeno sufficiente, nel Mezzogiorno ben il 27% la reputa insufficiente o pessima. Il vero divario geografico emerge però quando si parla della capacità di sostenere spese impreviste: il 59% e il 42% dei residenti nel Settentrione riesce infatti ad affrontare senza difficoltà esborsi non preventivati fino a 800 euro e 1.500 euro, mentre tali percentuali si riducono al 46% e al 22% al Centro e al 36% e al 20% al Sud e Isole: qui è addirittura il 42% ad affermare di non essere in grado di sostenere una fuoriuscita straordinaria superiore ai mille euro. Un gap che va di pari passo con quello sulle modalità con cui si ha intenzione di effettuare la prossima scelta di investimento: se infatti la media di chi dichiara di voler fare da sè è pari a un quarto, il dato sale al 31% scendendo sotto Roma. Dai dati dell’indagine emerge dunque chiaramente il valore cruciale della consulenza finanziaria come strumento per orientarsi. Sebbene una parte significativa degli italiani si affidi al confronto con un professionista per gestire i propri investimenti, la tendenza a prendere decisioni in autonomia sottolinea però una diffusa carenza di cultura finanziaria trasversale alle diverse fasce d’età ma anche al genere o alla provenienza. Una mancanza di alfabetizzazione finanziaria che, conclude l’indagine “evidenzia la necessità di interventi educativi mirati a colmare questo divario conoscitivo e a promuovere una maggiore consapevolezza nella gestione dei risparmi delle famiglie italiane per affrontare con più strumenti e sicurezza le sfide del futuro”.
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