Piazzetta Cuccia presenta un’offerta da 6,3 miliardi di euro in concambio azionario per la controllata Leone. Un’operazione per fare del wealth management il proprio business principale con ricavi per 2 miliardi di euro e utili potenziali a 800 milioni. Il ceo Nagel: “Nasce oggi un nuovo leader”
Il risiko bancario ricomincia. Questa volta a fare la sua mossa è stata Mediobanca, che ha presentato un’offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni di Banca Generali per un valore di 6,3 miliari di euro da corrispondere interamente in titoli di Assicurazioni Generali con un concambio di 1,7. Un’operazione su un pacchetto complessivo del 13,1% che promette di portare in dote a Piazzetta Cuccia AuM per 64 miliardi di euro e 360 mila clienti, facendo del gruppo un leader internazionale del wealth management. Il tutto ferma restando la necessità di incassare il via libera di un’assemblea ordinaria già convocata per il 16 giugno, poichè a sua volta Piazzetta Cuccia è in passivity rule.
Nella pratica, come spiegato dalla nota che ha seguito la riunione straordinaria del consiglio di domenica 27 aprile, l’istituto di credito ha messo sul piatto la quota che detiene nel capitale di Generali in cambio del 100% della controllata. Piazzetta Cuccia offrirà cioè per ogni azione del Leone che ha in portafoglio 1,7 titoli di Banca Generali ex dividendo, garantendo un prezzo unitario implicito di 54,17 euro e un premio dell’11% in base ai valori del 25 aprile. Un’iniziativa che avrà successo a fronte di un minimo di adesione che è stato fissato nel 50% del capitale più un’azione. Con sinergie che Mediobanca calcola in 300 milioni di euro totali, di cui 50% da costi ma anche 28% da ricavi e 22% da funding, la combinazione promette di dare vita a un colosso nel mercato europeo distintivo per posizionamento e accelera il raggiungimento dei target del piano One Brand-One Culture al 2026: oltre 4 miliardi di euro di ricavi, un eps sopra gli 1,8 euro per azione e un monte dividendi complessivo in tre anni di 4 miliardi.
Leadership nel wealth management e benefici su più livelli
È vero che si prevedono costi di integrazione per 350 milioni di euro in due anni ma il wealth management diverrà il business prevalente della società, con ricavi raddoppiati a 2 miliardi di euro e utile netto quadruplicato a 800 milioni (50% dei profitti totali). Ci sarà poi, spiegano dall’istituto meneghino, una significativa creazione di valore per gli azionisti: yield cumulato del 22% nei prossimi 18 mesi tra dividendi e riacquisti di azioni proprie, ROTE dal 14% ad oltre il 20%, utile netto consolidato in crescita del 15% a 1,5 miliardi e una distribuzione di dividendi cumulata confermata a 4 miliardi per il piano al 2026. Non solo, però. La società guidata dal ceo Alberto Nagel prevede anche un rafforzamento sul fronte del patrimonio, con l’indice di solidità CET1 al 14% e un’accresciuta capacità di creazione di capitale (+20% a 270bps annui). L’operazione, che vede Equita assistere Mediobanca in qualità di financial advisor, promette però di ridisegnare l’intero mix di ricavi e utili di Mediobanca: un cambio che avrebbe l’effetto di ridisegnare in senso migliorativo il profilo reddituale e patrimoniale dell’istituto di credito in senso ben più generale. Dall’affare il gruppo si attende infatti ricavi in salita del 15% a 4,4 miliardi, di cui 1,8 miliardi sotto forma di commissioni nette (+65%), oltre 210 miliardi di TFA, di cui 110 miliardi ad asset under management, 56 miliardi di impieghi e 76 miliardi di provviste.
Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca
L’operazione comporta per Piazzetta Cuccia la cessione della partecipazione nel Leone e il simultaneo investimento in Banca Generali. Una massiccia riallocazione del capitale nel wealth management che consentirebbe l’evoluzione del rapporto tra le due società da semplice collaborazione finanziaria a vera e propria partnership industriale. Lo stesso Nagel, nel comunicato che ha annunciato la mossadi Mediobanca, ha detto che “l’unione completa il percorso di trasformazione del gruppo iniziato oltre dieci anni fa con l’avvio delle attività di wealth management e il forte potenziamento di quelle di investment banking e di credito al consumo”. Forte di un modello unico di Private & Investment Banking e di un approccio olistico ma anche sinergico tra i segmenti di attività, Mediobanca intende dunque eccellere su tre fronti: come trusted-advisor per imprese ed imprenditori, come partner per propri dipendenti e clienti, come investimento di valore per i propri azionisti.
Nessun timore per il golden power. E MPS non c’entra nulla
Nella conferenza che ha seguito la nota, il numero uno dell’istituto ha poi aggiunto ulteriori considerazioni in merito a un possibile golden power del governo alla luce dei paletti posti nelle scorse settimane al deal tra Unicredit e Banco BPM: “Ovviamente avremo interlocuzioni con Palazzo Chigi e il MeF ma non mi aspetto particolari difficoltà perchè con questa operazione verrebbe a crearsi il leader italiano nella gestione del risparmio che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni tanto aveva evocato”. Il ceo ha anche chiarito che la mossa non rappresenta un’azione per difendersi da Monte dei Paschi ma, al contrario, un’iniziativa offensiva. “Si tratta di una manovra di sviluppo per rendere Mediobanca qualcosa di più bello”, ha detto, “non di un tentativo di ostacolare altre società del settore”. Poi ha aggiunto: “Avremmo intrapreso questo passo anche senza un’offerta da parte di Siena e renderemo chiaro ai nostri soci, quando verrà loro chiesto di esprimersi sulla questione, perchè conviene seguirci”. Sulla tempistica delle due OPS il banchiere ha quindi concluso che “un collegamento lo si fa ma è una coincidenza”, mentre a chi gli ha chiesto se si trattasse di una controfferta agli azionisti di Piazzetta Cuccia rispetto a quella arrivata da MPS ha ribattuto: “Se la interpreta così è una buona sintesi”.
Come accade per tutte le società sotto offerta pubblica, anche il cda di Piazzetta Cuccia ha le mani legate sulle operazioni straordinarie su acquisizioni e altre operazioni straordinarie. Lo impone la passivity rule, la normativa che tutela la contendibilità delle quotate impedendo che gli amministratori attuino iniziative difensive. All’istituto servirà quindi il via libera di un’assemblea ordinaria, visto che non sarà richiesta una modifica dello statutoo una variazione del capitale, con una maggioranza quindi del 50% più un’azione. Ecco perchè la prima e cruciale tappa sarà l’assemblea del 16 giugno, dove i soci potranno scegliere tra dare luce verde al deal piuttosto che accettare la proposta del Monteo mantenere una strategia di crescita stand alone. Ipotizzando un’affluenza intorno al 70%, incassare la maggioranza assoluta significherebbe coagulare un fronte vicino o superiore al 35% del capitale. “Su MPS la nostra proposta è molto semplice”, ha detto Nagel, “diciamo ai nostri azionisti di venire a giugno e decidere se preferiscono una banca leader nel wealth management e senza rischio tassi in discesa o far parte di un gruppo che ha una commercial bank di medie dimensioni e con questo tipo di esposizione”. “Se dovessimo arrivare a seguito dell’OPA 50% plus”, è stata la successiva precisazione, “utilizzeremo le nostre azioni Generali per finanziare la crescita nel capitale di Banca Generali e poi arrivare a una fusione”.
La view degli analisti
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia
Secondo Filippo Diodovich, senior Market Strategist di IG Italia, l’operazione consolida non di poco la posizione di Mediobanca nel risiko bancario che sta interessando l’Italia. “Piazzetta Cuccia aumenterebbe non solo la propria dimensione ma anche la sua complessità e il valore strategico”, spiega, “rendendosi un obiettivo molto meno contendibile e più difficile da scalare senza un accordo amichevole”. Senza contare che la società perderebbe la quota in Generali, giudicata da Diodovich come il vero obiettivo finale dell’offerta di Banca Mps. “Al momento”, ha concluso l’esperto, “resta difficile capire quale possa essere l’evoluzione della partita in un intreccio di mosse e contromosse come quello che stiamo vedendo”. Anche se, dal suo punto di vista, alcuni punti si possono comunque riscontrare tuttavia evidenti: “Tutte le operazioni del risiko bancario sono sempre carta contro carta e gli interessi politici, soprattutto su Generali, sembrano essere più importanti di quelli economici”.
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