Per Moneyfarm, bond e immobili sono gli strumenti di investimento preferibili per finalità successorie. Altrimenti, la concorrenza della previdenza integrativa resta alta. Con gli orizzonti temporali a fare la differenza
Il mattone resta tra gli investimenti preferiti dagli italiani. Nonostante il calo delle compravendite di immobili a uso abitativo, scese complessivamente del 7% su base annua, l’acquisto di proprietà finalizzate a una rendita da locazione è infatti aumentato del 28%. Tanto che oggi oltre il 55% della ricchezza degli italiani consta di asset non finanziari, il 46% delle quali rappresentato proprio da real estate. Eppure, fare incetta di case potrebbe non essere la soluzione migliore per far fruttare il proprio patrimonio in tempi di inflazione come quelli che stiamo vivendo. È quanto emerge da un recente studio di Moneyfarm, che ha messo a confronto caratteristiche e rendimenti attesi dell’investimento immobiliare medio con quelli di un BTP e di un fondo pensione. Una ricerca dalla quale emerge come tale tipo di strategia risulti sì competitivo a paragone dei titoli di Stato ma tenda ad apparire meno opportuna della previdenza integrativa su un orizzonte di lungo periodo.
Mattone migliore per le successioni. Ma occhio ai rischi
Investire nel mattone comporta vantaggi dal punto di vista successorio, sia perchè i beni immobili rientrano automaticamente nell’asse ereditario sia per il fatto che affitti e prezzi di vendita si rivalutano in scia all’inflazione. Inoltre, garantisce un flusso di cassa quasi immediato grazie ai canoni d’affitto. Dal canto opposto, sottolinea però la società di consulenza finanziaria indipendente, gli ultimi dati Istat mostrano che dal 2010 ad oggi l’indice dei prezzi delle abitazioni è in terreno positivo soltanto per le case di nuova costruzione (+24%) mentre i costi d’acquisto di quelle esistenti sono calati del 16%. Il tutto senza dimenticare che si tratta di asset scarsamente liquidi, poco flessibili e connessi a difficoltà di gestione o rischi di morosità. Btp e fondi pensione sono da questo punto di vista più monetizzabili, consentono investimenti parziali o progressivi nel tempo e vengono meglio tutelati dal punto di vista del trattamento fiscale.
Immobili vs Btp: l’inflazione fa la differenza
Confrontando un’abitazione media con il Btp a più lungo attualmente disponibile sul mercato, cioè quello con scadenza 2072, si può osservare un risultato sovrapponibile in termini di ritorno dell’investimento: il rendimento di un immobile in locazione risulta infatti pari al 3,1% (dividendo il canone medio al netto di IMU e cedolare secca per il costo effettivo d’acquisto) mentre la cedola lorda del titolo di Stato è pari al 2,15% ma raggiunge il 3,1% alla luce del prezzo di acquisto di molto inferiore al valore nominale. La differenza la fa quindi l’inflazione, in quanto il Buono italiano è per definizione disancorato dai rincari di beni e servizi: se i proprietari riuscissero sempre ad adeguare alla dinamica dei prezzi valutazioni e affitti, il mattone batterebbe cioè il debito pubblico. Nello specifico, simula Moneyfarm, un investimento immobiliare medio con canoni rivalutati al 100% del carovita potrebbe rendere 52.928 euro contro i 47.966 di un Btp 2072. E il ritorno sarebbe pressoché identico, 143.060 euro a fronte di 145.344, anche con un recupero di appena il 50%. Un confronto che si fa più accesso per le proprietà di grandi città come Milano o Roma, dove il rendimento netto immobiliare è minore: in presenza di rivalutazione totale, il BTP resterebbe competitivo per i primi dieci anni prima di essere battuto; ipotizzando un adeguamento parziale, si dimostrerebbe più competitivo sempre.
Ma la previdenza se la gioca. Soprattutto nel lungo termine
Andrea Rocchetti, global head of investment advisory di Moneyfarm
Se il rendimento medio immobiliare (pari alla somma dei canoni netti) viene confrontato con il capitale equivalente ottenibile da un fondo pensione, il risultato cambia invece in funzione della linea di rischio prescelta per quest’ultimo. In uno scenario di rivalutazione dei canoni immobiliari al 75% dell’inflazione, il ritorno a 40 anni della strumento di previdenza si collocherebbe sia in linea con la rendita immobiliare – 180.635 euro contro 174.119 euro in caso di profilo a basso rischio, con focus su obbligazionario governativo Europa – sia notevolmente sopra – 540.339 euro in caso di profilo ad alto rischio, con focus su azionario mondiale. Un duplice risultato che Andrea Rocchetti, global head of Investment Advisory di Moneyfarm, interpreta come la dimostrazione della capacità del mercato di offrire maggiori opportunità del real estate all’aumentare dell’orizzonte temporale disponibile e della propensione al rischio. “Senza contare”, sottolinea il manager, “che possedere una prima casa significa essere già notevolmente esposti al settore immobiliare italiano e al sistema Italia nel suo insieme”.
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