Lo scorso anno la raccolta è crollata del 36% a 3,77 miliardi. Più che dimezzato l’ammontare investito. Colpa soprattutto del calo dei mega deal. Ma secondo Aifi e PwC, il 2024 sarà migliore
Dopo un biennio record, nel 2023 il mercato tricolore del capitale di rischio si è preso una pausa. Colpa del repentino rialzo dei tassi d’interesse e dell’incertezza riguardo la loro parabola, che hanno portato a un dimezzamento della raccolta del private equity e del venture capital e a una decisa contrazione dei mega deal. A certificarlo è l’analisi annuale condotta da Aifi e PwC Italia: lo scorso anno i flussi si sono fermati a quota 3,77 miliardi di euro (di cui 2,5 miliardi raccolti sul mercato), accusando un calo del 36% rispetto ai 5,92 milioni del 2022.
In flessione anche il numero degli operatori che nel 2023 hanno svolto attività di fundraising: 35 contro i 49 dell’anno precedente. Centrale si è confermata la componente domestica, cui fa capo l’83% dei fondi raccolti sul mercato, mentre il peso di quella estera si è attestato al 17%. A livello di fonti, protagonisti restano i fondi pensione e le casse di previdenza, da cui deriva il 21% della raccolta (522 milioni di euro), seguiti dalle banche (13% con 332 milioni) e dai fondi privati (11%, 270 milioni).
Investimenti -66%. Crollo dei mega deal
Quanto agli investimenti, nel 2023 l’ammontare impiegato dagli operatori di private equity e venture capital è stato pari a 8,16 miliardi di euro, registrando un calo del 66% rispetto all’anno precedente. Da sottolineare, però, che il 2022 era stato caratterizzato dal livello più alto mai rilevato nel mercato italiano (23,66 miliardi). L’anno dei record è stato trainato da alcune operazioni di dimensioni particolarmente significative realizzate sia nel segmento dei buy out che in quello delle infrastrutture: erano stati chiusi sette large deal, con equity versato compreso tra 150 e 300 milioni, e 17 mega deal di ammontare superiore ai 300 milioni, per un valore complessivo pari a 17,89 miliardi (76% del totale). Nel corso del 2023, invece, sono stati realizzati sei large deal e appena quattro mega deal, che insieme hanno rappresentato il 36% dell’ammontare complessivo investito nell’anno (2,93 miliardi). Il numero di operazioni è diminuito del 12% attestandosi a 750. Il dato è inferiore rispetto alle 848 operazioni registrate nel 2022, che ha beneficiato del traino dell’attività di venture capital.
Nel dettaglio, il segmento dell’early stage (seed, start up e later stage), dopo alcuni anni di importante crescita ha mostrato una contrazione del 16% del numero di operazioni (458 da 547). Cala del 35% anche l’ammontare investito, passato da 1.179 a 762 milioni. Anche in questo caso a pesare è stato il crollo dei deal di maggiori dimensioni. Ibuy out, con 5.469 milioni e 170 operazioni (10.959 milioni e 185 investimenti nel 2022), si sono classificati al primo posto in termini di ammontare, pari al 67% del totale. Da sottolineare, invece, che le expansion si sono classificate al secondo posto per ammontare investito: 941 milioni, quasi il doppio rispetto all’anno precedente (483 milioni), distribuito su 68 operazioni (+48% rispetto alle precedenti 46). Gli investimenti in infrastrutture hanno attratto 937 milioni, in calo del 91% rispetto ai 10.695 milioni del 2022, e registrato 44 operazioni (contro 52, -15%). Infine, il segmento del turnaround, dedicato alle imprese in difficoltà, ha mantenuto un ruolo di nicchia, con solamente sei deal e 30 milioni.
Itc in testa tra i settori
A livello settoriale, al primo posto per numero d’investimenti si trova il comparto Ict, con il 27% delle operazioni totali, seguito dai beni e servizi industriali (17%) e dal medicale (14%). A livello geografico la regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è sempre la Lombardia, con il 45%, seguita da Lazio (9%) e Toscana (8%).
Giù anche i disinvestimenti
Passando ai disinvestimenti, l’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 1.730 milioni, in calo del 61% rispetto ai 4.398 milioni dell’anno precedente. Le exit sono state 99, il 15% in meno rispetto alle 117 del 2022. Il canale maggiormente utilizzato in termini numerici è stato la vendita ad un soggetto industriale, con 37 exit (37% del totale). In termini di ammontare, invece, è stata la vendita ad un altro operatore di private equity a rappresentare il canale di disinvestimento preferito (776 milioni), con un’incidenza del 45%.
Nel 2024 si intravede la svolta
Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi
Nonostante i numeri non brillanti, il presidente Aifi, Innocenzo Cipolletta, sottolinea come l’Italia si conferma attrattiva nel segmento del mid market, composto da imprese eccellenti. “È quasi raddoppiato l’expansion (+95%), segno che le aziende possono trovare nel private equity uno strumento valido per crescere e internazionalizzarsi”, spiega. Francesco Giordano, partner di PwC Italy e Private Equity Leader, rimarca inoltre come i dati del nostro Paese siano in linea con il contesto internazionale: “La mancanza di grandi investimenti nelle infrastrutture e la carenza di debito per le grandi operazioni di buy out sono i principali fattori che hanno caratterizzato il 2023”, analizza. Guardando al futuro, però, l’anno nuovo sembra promettere bene: “Negli ultimi mesi si nota un’inversione di tendenza che fa ben sperare per il 2024. Sempre molto forte l’interesse degli operatori internazionali, che continuano ad investire ed avere presenza stabile nel nostro paese con team dedicati”, conclude Giordano.
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