Il private equity non teme i dazi di Trump: ecco perché
Per i gestori, i portafogli sono meno esposti ai settori economici più colpiti dalla guerra tariffaria. E la Trumpeconomics potrebbe offrire nuove opportunità
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Dopo un 2023 grigio, come atteso il private equity italiano ha imboccato la strada della ripresa, archiviando il primo semestre con investimenti per 8 miliardi di euro e 217 transazioni complessive. È quanto certifica il recente report “Italy Private Equity Confidence Survey” di Deloitte Financial Advisory, realizzato con il supporto di Aifi, da cui emerge però una preoccupante tendenza: quella di destinare tutta l’attenzione alle aziende del Nord Italia e snobbare completamente il Sud. Con una preferenza per i settori dei prodotti industriali, dei servizi, del food & beverage e dei beni di consumo.
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Lo studio fornisce infatti indicazioni in merito alle attese dei principali operatori sull’andamento del proprio settore per il secondo semestre di quest’anno. E conferma la preferenza di interesse verso investimenti situati nelle regioni settentrionali, con l’87,7% delle risposte, o in quelle del Centro, con l’8,8%. Il Mezzogiorno non è invece al momento nel mirino di alcun operatore. “Una fotografia che descrive uno squilibrio inaccettabile per una delle economie del G7”, commenta la mid-cap investor Giovanna Voltolina, evidenziando un problema “culturale” e un “contesto infrastrutturale inadeguato” ma anche “un pregiudizio generale verso le PMI del Meridione”. Uno stigma ingiustificato che fa perdere agli investitori l’occasione di puntare su quelle che l’esperta definisce “vere proprie eccellenze”, con un potenziale enorme e potenzialmente in grado di attirare dieci volte quello che raccolgono oggi”.
Gli investitori intervistati dichiarano poi che entro la fine dell’anno i loro portafogli saranno tendenzialmente composti per il 24,6% (+12,5% sul periodo precedente) da aziende con un fatturato tra i 16 e i 30 milioni, realisticamente a discapito delle società con fatturato tra 30-50 milioni (-13,5%). A dominare sono le PMI made in Italy. E secondo gli esperti, le 4.785 piccole e medie imprese che il Rapporto Confindustria 2023 dava ancora in crescita del 4,5% fanno delle Marche il candidano ideale ad attrarre investitori esteri ed italiani. “Uno dei territori più interessanti a livello produttivo e manifatturiero ma purtroppo poco partecipato da fondi e operatori”, fa notare Voltolina, ricordando come siano solo 129 le aziende l0cali dotate di capitali esteri.
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L’invito agli investitori è quindi quello di allargare gli orizzonti verso il Centro-Sud Italia e nello specifico di guardare “ai giovani imprenditori che hanno bisogno di sostegno per accelerare la crescita”. Infine, l’esperta sottolinea anche l’importanza del ruolo dello Stato: “Più che investimenti a pioggia e senza un pensiero di medio-lungo termine” chiarisce, “il nostro Paese ha bisogno di pensiero industriale a lungo termine e coerenza quanto di stabilità e chiarezza legislativa sul sostegno alle aziende”. Per questo, a suo parere, non è accettabile che da un anno all’altro cambino le regole e si debba sempre navigare a vista, “senza un supporto costante di facile lettura e interpretazione”.
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