Tassi, verso una divergenza USA-Europa
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Il dilemma sull’intelligenza artificiale sollevato dal grande sell-off di inizio agosto non smette di attanagliare gli investitori. E a soffiare sul fuoco del dubbio è sempre lei, Nvidia, considerata antesignana di questa potenziale rivoluzione tecnologica in virtù della sua leadership globale nel mercato dei microchip ad alte prestazioni. Neanche il tempo di smaltire le perdite accumulate la scorsa settimana in scia alla pubblicazione di una trimestrale sotto le attese, che la società americana è infatti stata travolta dalla notizia dell’avvio di un’indagine su presunte pratiche anticoncorrenziali da parte dei regolatori USA. Una svolta che è al titolo un’ulteriore ribasso del 3% al Nasdaq e che ha riportato sotto i riflettori l’ipotesi di una bolla finanziaria.
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Il mese scorso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) aveva avviato un’indagine sull’azienda dopo le denunce dei concorrenti sulla possibilità che Nvidia avesse abusato della sua posizione dominante sul mercato dei chip. All’iniziativa era finora solo seguito l’invio di alcuni questionari al quartier generale del colosso ma oggi l’ente governativo avrebbe inoltrato la richiesta legalmente vincolante di fornire una serie di informazioni più precise. Lo riporta l’agenzia americana Bloomberg, alla quale la stessa società ha risposto di “vincere per merito e come riflesso dei nostri risultati e dei valore per i clienti”. Nello specifico, le autorità avrebbero emesso citazioni in giudizio e contestato al gruppo di aver sfruttato il proprio potere di mercato per scoraggiare i clienti dall’acquistare da altri player. Si teme cioè che Nvidia penalizzi i clienti che non utilizzano esclusivamente le sue soluzioni e impedisca la concorrenza attraverso le sue acquisizioni, come quella della società israeliana per le gestione dei cluster di schede grafiche Runai. Il DOJ sta anche esaminando se queste operazioni limitino l’accesso a tecnologie alternative, generando un ulteriore illecito vantaggio per il gruppo.
Il nuovo sviluppo arriva in un momento delicato per le aziende che si occupano di IA: la scorsa settimana la stessa Nvidia ha infatti dichiarato di aver ricevuto richieste di informazioni anche dalle autorità di regolamentazione della Sud Corea, del Regno Unito, della Cina e dell’Unione Europea. Al centro delle notifiche suoi investimenti, così come le partnership e agli accordi con altre aziende. Ma le problematiche più serie si sono viste in Borsa, dove la società ha perso oltre il 20% nel giro di una settimana (-10% solo martedì scorso) e ha visto la capitalizzazione scendere a 279 miliardi di dollari in scia alla pubblicazione di una trimestrale giudicata deludente nonostante i ricavi per azioni più che raddoppiati. Un tracollo che si è riflesso perfino sulle finanze del fondatore e ceo della compagnia, Jensen Huang, sceso di 10 miliardi a 94,9 miliardi.
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Di fronte a numeri di questo tipo, non stupisce che gli investitori si domandino innanzitutto se sia il caso di liquidare il titolo. Specie perché il cedimento del supporto dinamico rappresentato dalle media mobile a 100 giorni ha peggiorato ulteriormente l’impostazione grafica per Nvidia. Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, ritiene in tal senso che l’eventuale cedimento del supporto posizionato a 103,44 dollari, (bottom del 9 agosto) possa creare i presupposti per una estensione della discesa in direzione di target short ipotizzabili a 100 e 97,16 dollari mentre concreti segnali positivi potrebbero esserci solamente con una perentoria vittoria al di sopra della resistenza a 115 dollari.
Quanto al più ampio tema dell’AI, c’è da rilevare una forte convinzione dei gestori circa il fatto che si tratti di un tema secolare anche a dispetto delle recenti vicissitudini. Mark Haefele, chief investment officer di UBS Global Wealth Management, sostiene in particolare che siano tre le ragioni a supporto di questa view. “Da inizio agosto le azioni Nvidia hanno già registrato un rimbalzo di quasi il 30% nel contesto della ripresa del mercato azionario”, spiega, attribuendo parte dello scossone subito dal titolo la scorsa settimana ai venti contrari dei dati macroeconomici USA e dei controlli sulle esportazioni di semiconduttori. Per l’esperto, c’è poi il dato degli investimenti messi in cantiere dalle big tech: “Le grandi aziende sono sulla buona strada per aumentare la spesa in conto capitale del 43% su base annua nel 2024”. Infine, il crescente tasso di adozione da parte dell’industria non fa che sostenere l’idea di una tecnologia disruptive, con aziende come Walmart che stanno dichiaratamente efficientando i propri modelli di servizio grazie a questa innovazione.
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