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A febbraio i nuovi posti hanno superato le stime, ma anche la disoccupazione. In frenata in salari. Per i gestori, prevedere cosa farà Powell è una vera scommessa
Il mercato del lavoro resta solido negli Usa, anche se inizia a mostrare qualche piccola crepa. È un responso in chiaroscuro quello che arriva dal Jobs Report di febbraio del Bureau of Labor Statistics, non sufficiente a sciogliere i dubbi dei mercati sulle prossime mosse di politica monetaria della Federal Reserve. La creazione di nuovi posti si è infatti rivelata superiore alle stime, ma il tasso di disoccupazione è salito oltre le previsioni e la crescita dei salari è lievemente rallentata.
Nel dettaglio, sono stati 311mila i nuovi impieghi nei settori non agricoli rispetto a gennaio, un dato che batte le 225mila unità attese dagli economisti. La disoccupazione è invece salita dal 3,4%, il tasso più basso dal 1969, al 3,6% e ha battuto le stime al 3,4%. Il numero di disoccupati è passato da 5,7 a 5,9 milioni. In crescita meno del previsto anche i salari orari medi, che sono saliti dello 0,24% (+o,4% il consensus) su base mensile e del 4,6 (+4,8% il consensus) su base annua.
Futuro incerto per la Fed
Incerta la reazione dei mercati. A dare il polso del sentiment è stato più che altro l’andamento degli swap, stando ai quali la Fed probabilmente non alzerà i tassi dello 0,5% a marzo, come inizialmente previsto, e taglierà il costo del denaro di 25 punti base entro la fine dell’anno. “Queste cifre macro non daranno abbastanza argomentazioni ai membri più falchi per accelerare il processo di stretta monetaria. Al momento le probabilità di un aumento di mezzo punto nel prossimo meeting del Fomc sono molto vicine al lancio di una monetina”, osserva Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia.
Per lo strategist, le prime evidenze macroeconomiche significative dopo le parole di Jerome Powell al Congresso non ha quindi portato elementi sufficienti per capire quali saranno le mosse a breve della banca centrale, che rimane un rebus. “Il prossimo dato da monitorare con particolare attenzione sarà l’andamento dei prezzi al consumo, che potrebbe dare qualche indizio in più”, sottolinea. A suo avviso, solo con un’inflazione di febbraio ancora molto forte e senza indicazioni di rallentamento, la Fed mostrerebbe un atteggiamento deciso aumentando i tassi di interesse di 50 punti base. “In caso contrario, le scelte del Fomc saranno diverse e si continuerà con rialzi graduali per non creare troppa instabilità finanziaria”, chiarisce.
Per questo al momento lo scenario base di Ig Italia resta invariato su quattro rialzi consecutivi dei tassi d’interesse di 25 punti base nelle prossime riunioni di marzo, maggio, giugno e luglio. Iniziative che porteranno il costo del denaro negli Stati Uniti a un terminal rate di 5,50%-5,75%.
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La view dei gestori
Blerina Uruci, chief Us economist di T. Rowe Price, evidenzia come all’inizio della seconda testimonianza al Congresso, Powell abbia ricevuto una domanda diretta sulla riunione di marzo ma non si sia sbilanciato sulla possibilità di un rialzo di mezzo punto. “Ha sottolineato che Jolts, payrolls, Cpi e Ppi forniranno informazioni importanti prima che il Fomc decida l’esito della riunione. Ha menzionato l’effetto dei dati sull’occupazione, ma ha anche sottolineato che la maggior parte degli indicatori economici puntano in direzione di un miglioramento dell’economia su larga scala. Credo che questa sia stata una risposta da falco”, spiega l’esperta.
Per Uruci, se la Fed dovesse passare a 50 punti base, questo diventerà il nuovo ritmo anche per le due riunioni successive, per un tasso del 5,75% entro l’appuntamento di maggio. “Un incremento di mezzo punto a marzo dovrebbe comportare anche una maggiore revisione dei dot plot 2023 nel riepilogo delle proiezioni economiche, ma il numero di tagli per il 2024 rimarrà probabilmente invariato”, conclude.
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