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Secondo il Barometro EY, il Nord del Paese resta preferito. Per il 90% sono i criteri Esg a guidare le scelte, ma anche la volontà di migliorare le performance degli asset in portafoglio
L’immobiliare retail italiano è tornato appetibile, tanto che il 63% degli investitori ha intenzione di puntare sul settore nei prossimi tre anni, con un impegno tra i 50 e i 200 milioni di euro. È quanto emerge dall’EY Retail Property Investments Barometer Italy, il sondaggio annuale condotto tra 50 manager di grandi property companies, gestori di fondi immobiliari e asset manager nazionali e internazionali. La ricerca mostra che, se il 90% degli intervistati ha allocazioni nel comparto retail, ben l’80% di questi ha già destinato alla Penisola una fetta degli investimenti. E a guidare le scelte sono sempre più i criteri Esg, oltre alla volontà di migliorare le performance degli asset in portafoglio.
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Il sondaggio mostra anche come il 40% di chi punta sul nostro Paese abbia investimenti superiori a 200 milioni di euro, principalmente nell’‘high street’ e nei centri commerciali, in prevalenza situati nel Nord e centro Italia. “Certamente c’è un tema di qualità del prodotto presente in Italia che, ad eccezione della tipologia high street, è considerato qualitativamente inferiore alla media europea”, sottolinea Marco Daviddi, strategy and transactions managing partner di EY. Per l’esperto esistono poi anche una serie di freni dovuti al rischio percepito per i fenomeni legati allo sviluppo delle vendite online (il 33% che lo considera ancora come il principale fattore di rischio del settore), all’incremento dei costi operativi (31%) e alla riduzione della capacità di spesa dei consumatori (29%).
Allo stesso tempo, però, Daviddi fa notare la rilevante propensione, da parte del 85% degli intervistati, all’investimento finalizzato al miglioramento delle performance degli asset in portafoglio. Una scelta fatta anche per mitigare i rischi in essere. “La revisione del merchandising mix è certamente tra i primi obiettivi (interesserebbe il 54% degli intervistati), seguito dall’efficientamento energetico (27%). Anche gli investimenti nel digitale stanno assumendo un’importanza non secondaria per il 60% dei soggetti, con un focus sull’efficientamento delle operazioni”, chiarisce. Inoltre l’asset class si è confermata una presenza stabile nei piani di acquisto degli investitori, con il 63% che pianifica di investire nei prossimi tre anni, “attratto soprattutto dalla possibilità di sviluppare prodotti innovativi, capaci di ridefinire ruolo e significato di questi complessi immobiliari”.
Criteri Esg sempre più centrali
Spicca poi l’importanza dei criteri Esg, che risultano guidare le strategie del 90% del campione, oltre alle tematiche ambientali e di contenimento dei consumi energetici. Alle luce del sondaggio si tratta di elementi che caratterizzeranno fortemente il settore. Infatti, il 61% dei manager dichiara di voler investire nel miglioramento dell’impatto ambientale dei propri immobili, soprattutto contenendo i consumi, mentre la dimensione sociale e del mondo Esg trova spazio nelle strategie del 37% degli investitori, che mostrano attenzione a temi come l’inclusione e la solidarietà. Ben il 90% dei rispondenti ha dichiarato di voler procedere, nel breve periodo, all’implementazione di attività che possano avere importanti risvolti in tal senso, con l’avvio di campagne di charity e di attenzione all’inclusione, grazie anche al ruolo di luogo di comunità che i centri commerciali assumono in determinati contesti.
Preferiti le high street e il Nord Italia
A influenzare qualitativamente le strategie di investimento sono invece la percezione della qualità dello stock di immobili retail in Italia: gli intervistati hanno un giudizio positivo sulla tipologia high street, giudicata di qualità uguale o superiore alla media europea, mentre le tipologie ‘retail parks’ e soprattutto i centri commerciali avrebbero una qualità media complessivamente pari o inferiore a quella degli asset Ue dello stesso tipo.
Si conferma poi una forte propensione per il Nord Italia, obiettivo di investimento per il 63% degli operatori, contro il 20% del Centro e appena il 6% del Sud. Da sottolineare che comunque prevale sempre un approccio value-added e opportunistico, in linea con la percezione di qualità e rischio associato ai prodotti disponibili. In generale, l’orientamento positivo e le aperture degli operatori al settore sembrano essere influenzate principalmente dalle prospettive di rendimenti più elevati che offre in Italia l’asset class retail (per la quale il repricing è iniziato da tempo) rispetto alle altre tipologie di immobili. Queste prospettive, secondo gli investitori, potrebbero controbilanciare i fattori di rischio generali, come i costi, e la disponibilità di finanziamento, oltre a quelli specifici dell’asset class, come la concorrenza del canale online, il rischio di contrazione dei consumi e, appunto, la qualità media percepita del prodotto. Per quanto riguarda le attività di disinvestimento, il 30% ha processi di dismissione in corso. E un altro 30% è attualmente impegnato in attività di rifinanziamento dei propri investimenti retail real estate in Italia.
In generale, quindi, il settore sta nuovamente suscitando l’attenzione, in particolare di chi vi aveva già investito in modo consistente in passato, soprattutto per le prospettive di maggiori rendimenti. Ma alcuni rischi peculiari e la necessità di adeguamento del prodotto, che rendono il mercato attualmente poco liquido, fanno prevedere che la ripresa decisa dagli scambi sarà graduale e potrà saturarsi nel medio periodo.
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