Per Chambon e Corm di Vauban (Natixis IM), il quadro macro favorirà l’asset asset perché svincolata da tassi, inflazione e attese di crescita. Le opportunità sono legate ai piani di Ue e Usa, dove i driver sono transizione energetica e digitale. “Italia? Il mercato crescerà e potrà vedere un’accelerazione, ma servono solida pianificazione e stabilità”.
Gwenola Chambon, ceo di Vauban Infrastructure Partners
Non solo azioni e obbligazioni. L’inflazione, le incertezze sul picco dei tassi e lo spettro di una crisi bancaria imminente continueranno a esporre alla volatilità anche asset class meno convenzionali. Non fanno eccezione i mercati degli alternativi e dei real assets, dove l’allocazione complessiva crescerà ma il difficile quadro macro produrrà una netta separazione tra vincitori e vinti. Eppure, anche in queste acque meno navigate, un porto sicuro sembra intraversi all’orizzonte: Gwenola Chambon e Mounir Corm, rispettivamente ceo e managing partner di Vauban Infrastructure Partners, sono convinti siano le infrastrutture. Con la società che entrambi hanno contribuito a fondare, affiliata al gestore francese Natixis Investment Managers, i due dirigenti hanno sviluppato per anni strategie di investimento volte a estrarre valore dal settore. E adesso sono convinti che, grazie agli sforzi di digitalizzazione e alla transizione energetica, sia arrivato il momento della svolta soprattutto per l’Europa e per Italia. Anche se non senza alcune criticità.
Mounir Corm, managing partner di Vauban Infrastructure Partners
“Gli alternativi sono ancora caratterizzati da una sotto-allocazione all’interno dei portafogli ed è per questo che ci aspettiamo una crescita degli afflussi nei prossimi anni”, spiega Chambon. Dal suo punto di vista, infatti, saranno proprio le variabili macro a spostare i capitali verso aree del mercato meno battute ma non tutte le asset class dell’universo investibile ne verranno beneficiate nella stessa misura: “Se guardiamo a comparti come il real estate o il venture, la correlazione con l’inflazione e i tassi potrebbero giocare a sfavore ed avere un impatto sulle valutazioni”. Da qui, l’idea che il 2023 si distinguerà per un ribilanciamento a vantaggio delle infrastrutture nelle allocazioni in asset: “C’è una crescita di interesse da parte degli investitori perché questa classe di attivi non soffre il rischio di interesse, è più svincolata dai prezzi e dalle aspettative di crescita, offre un’ottima protezione dai downside”. Senza dimenticare quello che forse, ancor più degli altri, promette di essere il fattore chiave dell’ascesa: RepowerEU e Inflation Reduction Act, cioè i programmi di sviluppo lanciati da Unione Europea e Stati Uniti per rilanciare l’economia dopo il Covid e la guerra.
Ed è proprio alla luce di questa considerazione che va a definirsi chiaramente la strategia di Vauban. Anche con riguardo al futuro. “Le aree sui cui puntiamo sono il Vecchio Continente e il Nord America, dove centinaia di miliardi verranno investiti per lo sviluppo di nuove infrastrutture o nella riconversione di quelle già esistenti”, sottolinea Chambon. Che precisa come, proprio l’Europa, rappresenti da sola oltre il 50% delle risorse allocate nel comparto. Insomma: nei prossimi dieci anni ci saranno massicce esigenze di capitali nel settore e questo non può che offrire opportunità per gli investitori. Niente economie emergenti, invece, nell’orizzonte di possibilità disegnato dai due manager: “Le infrastrutture sono intrinsecamente correlate al quadro regolatorio e agli interventi pubblici, che in queste zone risultano spesso instabili o comunque difficili da prevedere. Agli investitori piacciono la stabilità, la consistenza e il track record mentre il rischio e la complessità spaventano”.
Se è vero che i finanziamenti cadranno a pioggia sul comparto, appare altrettanto chiaro che i criteri con cui verranno impiegati saranno fondamentalmente due: sostenibilità e digitalizzazione. Ed è in questa direzione, dunque, che devono guardare gli asset manager per sviluppare strategie coerenti con gli obiettivi dei piani governativi da cavalcare. Ecco perché Vauban ha inserito i temi tra le quattro aree di specializzazione in cu si articola la sua offerta: le altre due sono le infrastrutture sociali tradizionali, cioè quelle sviluppate tramite il partneriato pubblico-privato, la mobilità. A riguardo, Chambon tiene a chiarire un punto: “Si tratta di settori fortemente interconnessi, perché la transizione energetica non porterà solo alla creazione di nuove infrastrutture ma coinvolgerà in un processo trasformativo e adattivo anche quelle già esistenti. Pensiamo, ad esempio, alla necessità di mezzi di trasporto pubblico a basso impatto ambientale ma anche efficienti dal punto di vista del consumo di energia”. In pratica, si tratta di interpretare la sostenibilità “non solo come uno dei segmenti ma anche come un fattore di impatto e quindi un’opportunità di investimento per il singolo settore”.
In chiave strettamente operativa, questa visione impone di essere esposti a molteplici comparti, compresi quelli in cui la transizione energetica è una variabile del modello di business: dalle regulatory utilities in Svezia ai sistemi di teleriscaldamento a Udine o in Norvegia o negli Stati Uniti, passando per le reti di contatori intelligenti in Francia e gli asset legati decarbonizzazione dei trasporti. “Da quest’ultimo punto di vista, ad esempio, puntare sullo sviluppo di piattaforma di leasing di macchine sta diventando una parte importante della nostra tesi di investimento”, precisa Corm. Ma non solo. “Stiamo anche valutando la creazione di parcheggi green attraverso il progetto di 10mila posti auto riservati alla ricarica dei veicoli elettrici”, aggiunge il manager. Che conclude: “Sul fronte della digitalizzazione, invece, un esempio di investimento Esg di successo è la creazione di un data center in Islanda totalmente neutrale sul piano delle emissioni di carbonio grazie allo sfruttamento dell’energia geotermica locale”.
Anche l’acqua, risorsa divenuta sempre più scarsa e che potrebbe ritrovarsi al centro della prossima emergenza ecologica, è entrata negli schemi di Vauban. Anche se, per ora, non come investimenti diretto. “Il tema dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse idriche costituisce uno dei parametri che consideriamo quando effettuiamo lo screening di un’opportunità sul mercato. Oltre a rappresentare, ovviamente, un fattore di impatto ambientale su cui ci focalizziamo nella reportistica ex-post ai nostri investitori riguardo l’impronta del portafoglio”, spiega Chambon.
Quanto all’Italia, lo scenario disegnato dai due manager è a tinte chiaro-scure. “La Penisola costituisce un bacino ampio e con un ricco network di partner industriali dall’elevato expertise. Sotto il profilo quantitativo, non si può negare che si tratti di un mercato al momento leggermente sotto-investito ma saranno proprio queste realtà industriali a fare da traino e allargare lo spazio di manovra”, sottolineano i due manager. E la chiave è rappresentata, di nuovo, dai fondi europei legati al Pnrr. Da qui, la convinzione di Chambon e Corm che le maggiori opportunità siano legate a temi come la produzione di energia da fonti rinnovabili, il biogas, la creazione di nuove linee metropolitane o di altro trasporto pubblico, l’installazione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Sempre sulla spinta del Pnrr, un ruolo importante sarà giocato anche dalla digitalizzazione e, in particolare, dalle infrastrutture per la raccolta e gestione dei dati, dalla rete in fibra e da altre applicazioni di questo tipo. Resta però un grosso nodo da sciogliere: l’abilità che il settore pubblico saprà dimostrare nel disegnare un sistema di appalti semplice ed efficiente. “Ci deve essere una pipeline strutturata dei progetti da mettere a terra nel medio termine e verso i quali convogliare le risorse di Regioni, Stato, Unione Europea”, chiosa la ceo. Tradotto: se ci sarà stabilità e coerenza a livello di regolamentazione, allora gli investimenti privati arriveranno e potranno dare frutti concreti. In caso contrario, le difficoltà maggiori difficoltà.
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