La democratizzazione dei mercati privati è sempre più al centro delle attenzioni di M&G Investments. A neanche tre mesi dal lancio del suo primo fondo europeo di investimento a lungo termine da 500 milioni di euro, l’M&G Corporate Credit Opportunities strategy, la divisione Private Markets della casa di gestione ha infatti mantenuto le promesse e ha effettivamente sfruttato l’entrata in vigore del nuovo regolamento Eltif per avvicinare un numero maggiore di clienti retail a questa asset class. Non stupisce quindi che Michael George, director Leveraged Finance della società, si dica soddisfatto del lavoro svolto finora e punti a obiettivi sempre più ambiziosi. Pur senza mancare di sottolineare che “ulteriori miglioramenti sono sempre auspicabili”. Anche nel contesto di un framework già positivo.
Con il lancio di M&G Corporate Credit Opportunities strategy, vi siete mossi in anticipo rispetto alle recenti novità normative. Nel complesso, come valuta i cambiamenti apportati dal legislatore?
Sebbene i vantaggi principali di questa tipologia di strumenti rimangano invariati, è noto che la nuova regolamentazione consentirà un accesso più ampio alla vasta platea di investitori retail. Innanzitutto, è stato abbassato il limite minimo delle attività di investimento ammissibili dal 70% al 55% del capitale. Sono poi stati rimossi due vincoli quantitativi, ovvero l’entry ticket di 10mila euro e il limite del 10% del portafoglio aggregato. Ma apprezziamo anche altri cambiamenti, tra cui quelli volti ad aumentare la flessibilità dei gestori nell’attuazione delle strategie di investimento.
Quali altre migliorie normative sarebbero auspicabili?
Crediamo fortemente nel regime dell’Eltif2.0: abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità di regolamentazione per strutturare un’offerta in grado di soddisfare le esigenze di una base di investitori più ampia. Eppure, margini di ulteriore miglioramento si possono sempre individuare. Un punto di attenzione può essere rappresentato dalla riduzione dell’investimento minimo nei cosiddetti ‘eligible asset’ al 55%, con la conseguenza che le attività quotate possono ora rappresentare fino al 45% del portafoglio. Sebbene la nostra strategia preveda un investimento minimo del 90% in questa classe di attivo, e quindi aderisca anche più del dovuto allo spirito del nuovo framework, sorge per i clienti l’onore vagliare autonomamente le offerte disponibili sul mercato per assicurarsi che il mix di asset pubblici e privati di un determinato Eltif risponda davvero alle loro esigenze di diversificazione. Più in generale, poiché le nuove regole ampliano allargano la platea, sarà più che mai fondamentale aiutare il pubblico retail a compiere scelte informate attraverso una migliore educazione finanziaria.
Vi state impegnando molto per democratizzare i mercati privati. Cosa pensate possano offrire agli investitori in un contesto di forte incertezza come quello attuale?
In un contesto di prolungata incertezza su tassi e inflazione, il credito privato rappresenta una fonte di reddito stabile e di rendimenti decorrelati. E questo perché la sua capacità di generare ritorni non dipende da dinamiche macroeconomiche di breve termine. Inoltre, i margini aziendali odierni paiono strutturati per risultare efficienti sotto il profilo della solvibilità in qualsiasi fase del ciclo economico. Si tratta infine di un’asset class che ha saputo uscire dalla nicchia, evolvendosi sia in profondità sia ampiezza di pari passo son la crescita significativa del private equity e con la tendenza delle società restare private più a lungo. Cio detto, selettività ed esperienza restano armi decisive per muoversi nel segmento. Non si può però escludere del tutto che gli effetti di un contesto in cui il costo del denaro può cambiare rapidamente si ripercuotano quanto meno sui bilanci delle realtà più fragili, cioè quelle con un indice di copertura degli interessi inferiore o con margini di guadagno limitati.
È nel contesto di questo vostro sforzo che si inserisce M&G Corporate Credit Opportunities fund. Com’è e quale strategia adottata? Quali obiettivi vi siete dati?
Si tratta del nostro primo Eltif semi-liquido aperto che investe in credito privato, nonché del primo prodotto sul mercato a offrire a un pubblico più ampio una soluzione innovativa per accedere al vasto universo del private credit. Con un obiettivo di rendimento a medio termine pari a Euribor +5%-6% (incluse commissioni) e ritorni potenziali lordi stimati nella forchetta 8%-10%, la strategia offre agli investitori una diversificazione rispetto ai mercati pubblici, una protezione contro la duration (grazie alla sua natura prevalentemente a tasso variabile) e flussi di reddito affidabili al di là dei cicli. Il veicolo
presenta un portafoglio diversificato e flessibile che è costruito sulla base di due insiemi di asset: credito corporate liquido, che rappresenta il 70-85% del portafoglio e si concentra prevalentemente su prestiti sindacati senior garantiti a tasso variabile; prestiti illiquidi insieme a prestiti diretti di medio-grandi dimensioni e prestiti junior con forti covenant, verso i quali c’è un’esposizione complessiva tra il 15% e il 30% per cogliere le migliori opportunità anche nell’estremità più alta dello spettro.
Alluce di iniziative come la vostra e del nuovo quadro regolamentare, quali prospettive vede per il mercato Eltif nel medio termine?
La nuova cornice normativa segna l’inizio della democratizzazione delle strategie sui mercati privati in Europa. Se i fondi che investono nel credito privato hanno generalmente soglie di impiego minime nell’ordine di milioni, gli Eltif possono infatti offrire un accesso da zero a decine di migliaia. Per questo, crediamo ci sia ancora enormi opportunità di crescita nel segmento. Basti pensare che a quasi dieci anni dall’introduzione del framework 1.0, sono stati lanciati appena un centinaio di fondi per un totale di circa 16 miliardi di euro. Se operiamo un confronto con i prodotti Ucits, oltre 30mila veicoli che gestiscono asset per quasi 13mila miliardi, il potenziale appare significativo.