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Costo del denaro ai massimi storici, ma l’Eurotower apre a uno stop. Su le stime di inflazione, giù quelle di crescita. Per gli asset manager è un ‘dovish hike’ e i mercati ora guardano alla durata della stretta
Per la Banca centrale europea il carovita resta il nemico cui per ora non dare tregua. Al termine di uno dei meeting dall’esito più incerto degli ultimi anni, il board di Francoforte ha infatti deciso “a solida maggioranza” di aumentare ancora il costo del denaro dello 0,25%, lasciando però intendere che la stretta iniziata un anno fa potrebbe fermarsi. “Il Consiglio direttivo ritiene che i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo”, si legge infatti nel comunicato finale. Il tasso principale sui rifinanziamenti sale quindi al record storico del 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%.
Inflazione rivista al rialzo, crescita al ribasso
A contribuire alla decisione (in bilico fino all’ultimo e con diversi membri a favore di una pausa), sono state anche le stime sui pezzi, riviste al rialzo dagli stessi economisti dell’Eurotower. “L’inflazione continua a diminuire ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”, viene chiarito nello statement. Ora la previsione è infatti di un carovita al 5,6% nel 2023 e al 3,2% nel 2024 per effetto “dell’evoluzione più sostenuta dei prezzi dell’energia”. In lieve calo, invece, la previsione per il 2025: +2,1%. Al ribasso anche l’attesa per l’indice core, che dovrebbe attestarsi al 5,1% quest’anno per poi passare al 2,9% il prossimo e al 2,2% quello seguente.
Brutte notizie sul fronte della crescita, rivista “significativamente al ribasso”. Le proiezioni parlano ora di +0,7% nel 2023, +1,0% nel 2024 e +1,5% nel 2025. “Le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”. Le previsioni sono così tagliate “alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla richiesta interna e dell’indebolimento del commercio internazionale”, viene chiarito dai tecnici di Francoforte. Concetto ribadito dalla presidente Christine Lagarde in conferenza stampa. “L’economia della Zona euro, stagnante negli ultimi mesi, suggerisce che la debolezza resterà anche nel terzo trimestre. Le condizioni del credito stanno indebolendo la crescita e i servizi, che prima erano un settore resiliente”, ha avvertito.
Nessuna nuova stretta sui bond
Se da un lato i tassi vengono aumentati, dall’altro l’Eurotower ha deciso di evitare quello che molti temevano: una nuova stretta monetaria sui titoli pubblici e privati acquistati nell’ambito del programma Pepp. “Il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024. In ogni caso, la futura riduzione graduale del portafoglio sarà gestita senza interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria”, spiegano i banchieri centrali.
Per i gestori è l’ultimo rialzo
Nonostante Lagarde non si sia sbilanciata, per la maggior parte dei gestori la stretta monetaria è per ora arrivata al capolinea. Durante la conferenza stampa, la numero uno dell’Eurotower ha infatti chiarito che i tassi sono a un livello restrittivo ma che non è detto si tratti del picco. “Non abbiamo una definizione di quale possa essere”, ha scandito, ribadendo che “tutto continuerà a orientarsi in base ai dati”.
A questo proposito, Simona Mocuta, chief economist di State Street Global Advisors, fa notare come, in un contesto di quasi stagnazione e di inflazione in calo, le tesi a favore di una continua stretta e quelle a favore di una pausa siano diventate piuttosto eterogenee. “Per il momento, il board ritiene che la bilancia tenda in favore di un’ulteriore azione preventiva. Ma con i tassi di policy profondamente in territorio restrittivo e la stretta precedente che sta ancora influenzando l’economia, riteniamo di essere arrivati all’ultimo rialzo di questo ciclo”, afferma.
“Già da marzo”, fa sapere Andrea Conti, responsabile Macro Research di Eurizon, “il mercato ha cambiato ottica in relazione al rialzo dei tassi della Bce e in America della Federal Reserve”. “Nel 2023 le banche centrali completano il rialzo dei tassi, ma iniziano a raccogliere i frutti di un’inflazione che scende e di un contesto economico che sta tenendo a livello globale, tutto sommato” spiega Conti, che conclude: “Questo potrebbe essere l’ultimo rialzo dei tassi da parte della Banca Centrale Europea”.
Guarda il commento di Andrea Conti (Eurizon) su FR|Vision
Dello stesso parere Steve Ryder, sovereign portfolio manager di Aviva Investors, che punta l’attenzione sulla non unanimità della decisione e sulla frase del comunicato finale in cui viene sottolineato che “i tassi hanno ormai raggiunto livelli sufficientemente restrittivi”. “A questo punto la Bce è entrata nella fase di ‘attesa’ per il prossimo futuro. D’ora in poi l’attenzione si concentrerà sull’entità della contrazione della crescita e sul modo in cui essa contribuirà a un ulteriore calo dei prezzi. Riteniamo improbabile un rialzo e concordiamo pertanto con la price action, che si concentra sulla fine del ciclo di inasprimento”, sostiene.
Anche per Anna Stupnytska, global macro economist di Fidelity International, l’Eurotower è ormai entrata in modalità ‘wait and see’. Anche se mantiene una possibilità di scelta. A suo parere, d’ora in poi l’attenzione dei mercati si sposterà sulla durata del mantenimento dei tassi a questi livelli restrittivi: un dato che dipenderà ovviamente dalla traiettoria dell’inflazione e della crescita. “Quando la politica monetaria inizierà a mostrare i suoi effetti e una recessione nell’area euro si profilerà all’orizzonte, la Bce potrebbe essere costretta a una rapida correzione di rotta nel 2024 ma per il momento è probabile che le sue indicazioni si concentrino sullo scenario ‘higher for longer’, evidenzia.
Andrea Delitala, head of euro multi asset di Pictet Am, definisce la decisione del consiglio un ‘dovish hike’, che esaurisce per il momento l’urgenza di ulteriori interventi. E fa notare come il mercato avesse già ridotto le aspettative sul terminal rate, giudicando eccessivi ulteriori rialzi in quanto forieri di concreti rischi di recessione. “Essendo, dunque, sostanzialmente raggiunto il culmine dei tassi (salvo revisione dello scenario), quello che più rileva per gli equilibri del reddito fisso e dei mercati finanziari è se il successivo sentiero di allentamento sia correttamente anticipato dai tassi a termine. Questi oggi ci dicono che il primo taglio dovrebbe arrivare durante l’estate 2024 e prevedono tagli per 1,25% nei successivi tre anni (al 3,75% circa)”, evidenzia.
Per Delitala è difficile asserire oggi se la velocità attesa dei ribassi sia appropriata, ma ritiene più importante il punto d’arrivo, a suo parere credibile. “In particolare, i tassi previsti per il lungo periodo (5y5y), sono poco sotto il 3% che, con aspettative d’inflazione attorno al 2,6% (5y5y inflation swaps), implicano tassi reali impliciti attorno allo 0,25%. Questo livello è molto coerente con le stime disponibili del cosiddetto ‘Neutral Rate’ dell’EZ”, chiarisce. Per questo, a suo parere, non sorprende la reazione positiva dei mercati obbligazionari ed azionari europei e quella negativa dell’euro.
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