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FocusRisparmio ha incontrato l’amministratore delegato di Morningstar per tracciare un profilo del mondo degli investimenti di domani a partire dai cambiamenti più significativi che stanno affrontando le case di gestione
“Il dibattito che mette a confronto gestione attiva e gestione passiva è in realtà un dibattito sui costi. E guardando ai nostri dati possiamo senza dubbio dire che l’asset management che punta su prodotti con costi contenuti sta crescendo in tutto il mondo, al contrario di chi concentra la propria offerta su prodotti con costi più alti”.
Kunal Kapoor, ceo di Morningstar, va subito al cuore del cambiamento che sta rimodellando l’industria del risparmio gestito. Di certo non da oggi, ma con un’intensità sempre maggiore e non più ignorabile per i suoi effetti sull’assetto del settore.
Kunal Kapoor, CEO di Morningstar
I tassi di crescita della gestione indicizzata lasciano qualche spazio di manovra all’asset management attivo tradizionale?
Considerando i lanci di nuovi veicoli come gli ETF attivi ci si rende conto che esistono delle modalità in cui la gestione attiva può lavorare sulla gamma prodotto in ottica di abbassamento dei costi complessivi per il cliente.
E questo è davvero cruciale perché le fee dell’industria continueranno ad andare in una sola direzione, ovvero verso il basso. Il mio pensiero è che questo sia un elemento a lungo termine positivo anche per la gestione attiva, poiché farà emergere coloro che davvero sono in grado di battere i benchmark in maniera continuativa. I beneficiari maggiori saranno ovviamente gli investitori e questa è la cosa più importante.
Assisteremo ad una corsa delle strategie attive verso il veicolo ETF? È uno scenario realistico date le caratteristiche delle politiche di investimento dei tradizionali fondi comuni?
Non credo che tutte le strategie siano adatte al wrapper ETF, ma con qualche modifica possiamo pensare si possa tramutare la maggior parte dei fondi attivi in ETF. Tra le differenze dobbiamo tenere presente che ci sono alcuni fondi che raggiunta una certa dimensione chiudono alle sottoscrizioni perché oltre una data size alcune strategie possono essere di difficile gestione. Anche la liquidità in tempo reale richiesta dalla natura dell’ETF è difficilmente compatibile con alcuni sottostanti che possono essere inseriti nei fondi aperti.
L’ondata di cambiamenti di veicolo potrebbe quindi essere il grande impegno degli asset manager che segue quello dell’integrazione dei criteri di sostenibilità nelle strategie di investimento. Un tema quest’ultimo di grande rilevanza per l’industria ma che sta vivendo una fase di ripensamento. Come valutate quanto sta accadendo in materia di investimenti ESG, in particolare in Europa?
Penso che le intenzioni del regolatore europeo siano buone ma che ora ci sia il rischio di un contraccolpo sugli investimenti sostenibili. Ciò che riportano sia le case di gestione sia le imprese è di essere sopraffatti dagli obblighi in materia ESG. Inoltre, per molti investitori non è chiaro cosa si ottenga realmente investendo in prodotti che si dichiarano sostenibili.
Credo si debba tenere presente quello che vale per ogni regolamentazione e cioè che i suoi effetti non possono essere eccessivamente onerosi per chi viene normato e che lo scopo finale deve essere chiaramente percepito da chi si vuole tutelare.
Al di là di questa fase di aggiustamento, mi aspetto però che a livello globale tra qualche anno non si parli più di investimento ESG perché questo sarà totalmente integrato nella maggior parte delle strategie.
Non è un’affermazione forte data l’attuale spigolosità del dibattito?
Il problema è che la sostenibilità è spesso vista come una scelta binaria, se essere o non essere ESG. Non deve essere così perché ci sono dati disponibili sui mercati per un grande numero di tematiche ESG e ogni investitore può modulare il concetto di sostenibilità.
Ogni giorno gli investitori prendono decisioni che riflettono le proprie convinzioni a partire dai dati disponibili sul mercato. Il dibattito fra ESG e non ESG ha una dimensione maggiore del dovuto per una visione monolitica della sostenibilità, mentre dovremmo abituarci ad una visione multidimensionale per inserire le scelte in materia di sostenibilità nella lista di quelle che appartengono ad ogni investitore.
C’è sicuramente bisogno di maggiore materialità e concretezza per aiutare gli investitori a percepire questa possibilità di personalizzazione della propria allocazione anche in materia di sostenibilità, ma il percorso è avviato e irreversibile.
Un’altra rivoluzione alle porte è quella dell’intelligenza artificiale e avviene in un campo nevralgico per una data-tech company come Morningstar. Come vi preparate ad affrontarla?
L’intelligenza artificiale è una grande opportunità innanzitutto per aiutare ancora di più gli investitori. Stiamo lavorando per creare strumenti che permettano agli utenti di trovare in maniera più semplice tutti i dati di loro interesse. Ciò che l’intelligenza artificiale cambierà in modo radicale è il tempo impiegato per ottenere le informazioni che riteniamo rilevanti. Questo in ogni campo, compreso quello degli investimenti.
Vedo un futuro in cui la nostra interfaccia utente cambierà radicalmente rispetto a ora, semplificandosi per accogliere domande formulate in modo semplice e restituendo una risposta immediata e completa.
Quanto sarà profondo il cambiamento per la vostra organizzazione?
Per noi si tratta di una grande opportunità. Siamo in un momento storico in cui la possibilità di collezionare informazioni e di analizzarle è ai massimi. Dati, ricerca e analisi sono il DNA di Morningstar e sono essenziali in un mondo che si prepara alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Il nostro focus è nel comprendere come cambiano i portafogli degli investitori e nel prepararci a rispondere alle loro esigenze in evoluzione. Lo abbiamo fatto negli ultimi 5 anni con una campagna di acquisizioni nel campo della sostenibilità che ci ha portato ad avere oggi più di 90 persone che si occupano della raccolta di dati ESG, così come nell’ambito dei marcati privati con grandi investimenti che ci hanno permesso di arrivare al ruolo di leader di mercato. Siamo ovviamente pronti a farlo per ogni cambiamento che avverrà in futuro, compresa l’intelligenza artificiale.
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