Sale la propensione al risparmio registrata dal rapporto Acri-Ipsos. Ma è dominio dei Btp. Profumo e Giorgetti: “Risorse vadano a sostegno dell’economia reale”. E Patuelli chiede “una tassazione meno gravosa”. Il monito di Mattarella: settore ha valore costituzionale
Le solite formiche accantonartici ma animate da un piccolo barlume di ottimismo che riaccende la voglia di investire. Sia pure solamente in prodotti sicuri. È l’ultimo identikit degli italiani, che nel 2023 sono stati spinti dall’inflazione a muovere i loro risparmi dai conti correnti e hanno messo da parte l’amato mattone in favore dei titoli di Stato. A tracciarlo, il rapporto Acri-Ipsos che è stato presentato il 31 ottobre a Roma in occasione della 99esima Giornata Mondiale del Risparmio.
Ad aprire i lavori è stato il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “La sfida di un’efficace tutela del risparmio delle famiglie e dei loro redditi, alla prova di una rinnovata pressione inflazionistica, è più che mai attuale e riguarda anzitutto le istituzioni europee e internazionali ma anche quelle nazionali e gli operatori privati”, ha detto il Capo dello Stato. Che ha sottolineato come l’attuale situazione di conflitto generi incertezze destinate a ripercuotersi tanto sui commerci quanto sui mercati. Mattarella ha quindi ricordato che “la partecipazione dei cittadini alla vita della Repubblica trova proprio nella valorizzazione del risparmio a fini di crescita delle opportunità”. Ecco perchè, è la conclusione delle sue parole, l’intero settore diviene “questione di interesse pubblico e dunque meritevole di tutela costituzionale”.
Boom di Btp, ma il 62% lascia ancora i risparmi sul conto
Stando all’indagine, la quota di italiani che investe parte del proprio gruzzolo è salita al 36% dal 34% di un anno fa. Nonostante i progressi, però, resta ancora elevatissimo il numero di chi tiene il denaro parcheggiato sul conto corrente: sono il 62% contro il 63% del 2022 e il 61% del 2021. Una maggioranza, spiegano gli autori del rapporto, dovuta anche alla bassa alfabetizzazione finanziaria degli italiani. Tra coloro che investono, domina invece l’avversione al rischio mentre la quota di risparmiatori che vuole strumenti più sicuri sale dal 23 al 38%.
Nello scegliere dove allocare il proprio denaro, infatti, gli italiani guardano soprattutto alla rischiosità dell’investimento (28%) e alla solidità del soggetto proponente (21%). In particolare, la selezione di prodotti come i titoli di Stato va a scapito della liquidità e di strumenti più rischiosi: il cash passa infatti dal 35% al 26% mentre il capitale di rischio scende dal 10% al 7% dello scorso anno. Da segnalare come il mood conservativo si rifletta anche nella diminuzione di coloro che investirebbero in attività con impatto positivo su ambiente e società (20%), che tornano a un livello del tutto simile a quello del 2021 (19%). Un dietrofront che, stando al report, segnala come la situazione di crisi abbia fatto venir meno l’interesse per le tematiche Esg.
Il risparmio tiene nonostante l’inflazione
Quanto al risparmio, l’indagine mostra un’accresciuta propensione ad accantonate in scia anchealla riduzione della disoccupazione: il 48% del campione è riuscito a mettere via qualcosa contro il 43% del 2022. Risparmiare denaro continua ad avere un’accezione positiva per gli italiani: tranquillità (39%) e tutela (22%), ma anche saggezza (16%) e crescita (10%), sono infatti i concetti associati alla pratica. Non solo: per uno cittadino su quattro c’entra anche la proiezione al futuro. Questo però non significa che l’attività non comporti sacrifici: per un terzo degli intervistati, mettere da parte risorse oggi implica rinunce. Aumentano comunque coloro che vivono la capacità di risparmio con meno ansia e senza troppi sacrifici (53% contro 49%), mentre si riduce il numero dei soggetti che non si sentono tranquilli nel momento in cui non riesce ad accantonare (34% contro 37%).
Quanto accumulato, anche grazie ai lockdown, permette a molti di far fronte a spese impreviste con mezzi propri e con una certa tranquillità. Il 77% delle famiglie è in grado di sostenere uscite non programmate fino ai mille euro (75% nel 2022) mentre il dato si abbassa al 36% dal 39% di dodici mesi fa in corrispondenza di importi pari a 10mila euro. Una dinamica figlia dell’elevato tasso di inflazione ma anche della volontà di mantenere i propri consumi.
Dopo un 2021 di entusiasmo post pandemico e un 2022 segnato dalla delusione e dai timori per la guerra in Ucraina e per il carovita, oggi si registra il “ritorno a un cauto ottimismo”. Merito non solo dell’abitudine, sottolinea la ricerca, ma anche della speranza di una “discesa a breve dell’inflazione e percezione di poter fronteggiare un mondo complesso”. Ad influire positivamente, si aggiunge “il modesto miglioramento del tenore di vita delle famiglie, che torna ai livelli pre-pandemia”.
Dall’indagine emerge infatti come i nuclei in forte difficoltà economica siano in calo rispetto al 2022, mentre quelli che hanno registrato una migliore tenuta del tenore di vita si attestano in aumento. Tutto questo si accompagna quindi a una minore insoddisfazione: scende dal 17% al 14% la quota di chi appare seriamente in difficoltà. Spicca inoltre che siano i più giovani, quelli tra i 18 e i 30 anni, a guardare alla propria situazione personale con maggiore positività su un orizzonte di tre anni. Il miglioramento della percezione della situazione personale non si accompagna però a un giudizio positivo sul Paese. Gli italiani sono infatti in maggioranza pessimisti sulla situazione economica nazionale: bel il 54% del campione vede nero, contro il 17% che si dice ottimista.
Peggiora poi, a causa della Banca centrale europea, l’opinione nei confronti dell’Europa. L’aumento dei tassi di interesse per contrastare l’inflazione, spiega il rapporto Acri-Ipsos, “ha messo in difficoltà molte famiglie e imprese che si sono trovate a pagare interessi più alti su mutui, prestiti, e finanziamenti” e che ora “sono tra le più critiche verso l’Ue”. Rispetto allo scorso anno, la fiducia in Bruxelles e nella moneta unica si è dunque indebolita, sostenuta comunque dalle nuove generazioni: i dati evidenziando una polarizzazione tra chi crede nelle azioni e nelle scelte che verranno prese e chi no (51% contro 49%).
Il futuro del settore tra opportunità e nodi da sciogliere
Oltre a Mattarella, a intervenire sull’importanza del risparmio è stato anche il presidente di Acri Francesco Profumo. Un discorso, il suo, che si è concentrato soprattutto sugli orizzonti del settore. “Il risparmio può trasformarsi in un volano per la crescita del Paese, ma solo a condizione che venga investito nell’economia reale”, il concetto chiave espresso dal numero uno dell’associazione che riunisce fondazioni e casse di risparmio. Il problema, come evidenziato nello studio e da lui ribadito, è infatti triplice: per un verso, la liquidità degli italiani è ferma sui conti correnti e continua a venire erosa nel suo valore reale da un’inflazione resistente; per un altro, la ricchezza è distribuita in modo talmente diseguale che il 20% delle famiglie arriva a detenere il 60% delle risorse accantonate; in ultimo, questi stessi nuclei tendono a tenere il denaro nei conti correnti o in Btp e finiscono per farne erodere il valore reale dall’inflazione.
Da qui la necessità di “un cambio di paradigma culturale, che faccia convergere le risorse accantonate verso economia nazionale e pmi fino all’ecosistema del capitale di rischio”. Un’esigenza la cui soddisfazione passa anche dall’introduzione di “trattamenti fiscali agevolati per incentivare l’adesione degli under35 a forme di risparmio a lungo termine”. È proprio questa, infatti, l’ombra che Profumo intravede sul Paese: un sistema pensionistico sempre insostenibile se non accompagnato da un adeguato sviluppo delle pensioni complementari. “Secondo il rapporto Mefop 2023”, ha ammonito il padrone di casa, il 32% degli under 35 non aderisce alla previdenza integrativa perché non riesce a risparmiare; il 30% perché è ancora troppo giovane; il 21% per mancanza di un lavoro stabile (è il triplo rispetto agli over 55)”.
Un’appello subito raccolto da un altro importante ospite dell’evento, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. “Serve un ampio confronto sull’utilizzo del risparmio per sostenere le potenzialità di crescita della nostra economia e assicurare così prospettive meno precarie alle prossime generazioni. Un dialogo che si avvalga di tutti i contributi dei soggetti più qualificati nonchè delle organizzazioni rappresentative del sistema finanziario”, ha detto il titolare del Tesoro. Che ha colto l’occasione per aggiungere una nota sul quadro macro “Il sistema economico italiano, nonostante tutte le difficoltà, è riuscito a reggere di fronte alla concomitanza di tanti fattori critici. Se riusciremo a evitare il rischio di una nuova fase recessiva globale garantendo accettabili tassi di crescita, potremo ridurre progressivamente il peso del debito pubblico e creare nuove opportunità di occupazione”.
Il punto di vista delle banche e il rischio credit crunch
La fotografia scattata dal ministro Giorgetti è apparsa parzialmente in contraddizione con quella proposta da Ignazio Visco, anche lui intervenuto all’evento Acri-Ipsos. Il governatore uscente di Bankitalia, che ha sfruttato il palco per congedarsi ufficialmente dall’incarico, ha infatti parlato di “sostanziale ristagno del prodotto in estate”, “diffusa debolezza della manifattura”, “forte recupero dei servizi in esaurimento”. E ha avvertito che sulle stime economiche aleggiano rischi orientati al ribasso, soprattutto per l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e l’irrigidimento delle condizioni di finanziamento. Un fattore, quest’ultimo, che ha condotto il numero uno di Palazzo Koch a lanciare un avvertimento: “Deve restare elevata l’attenzione all’evoluzione prospettica della qualità del credito, che dovrebbe peggiorare già dalla fine dell’anno in corso, pur se la consistenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti è prevista ampiamente inferiore a quanto registrato in passato”. Non è infine mancato l’ennesimo commento alle mosse della Banca centrale europea. “La decisione della Bce di mantenere i tassi sugli attuali livelli per un periodo sufficientemente lungo, a regolare cioè la persistenza della nostra azione più che la sua intensità, è una decisione saggia”, ha detto Visco. Che ha concluso: “Tale approccio fornisce infatti il giusto equilibrio tra il rischio di fare troppo e quello di non fare abbastanza, oltre a ridurre le possibili ripercussioni sulla già debole attività economica e i rischi per la stabilità finanziaria”.
Il punto di vista del mondo bancario è stato infine rappresentato da Antonio Patuelli. Oltre a una forte concorrenza tra istituti di credito, che sta facendo salire i rendimenti del risparmio a beneficio dei consumatori, il presidente di Abi ha approfondito il tema della regolamentazione. Sotto due profili, in particolare: quello fiscale e quello patrimoniale. “In Italia sono agevolati soltanto gli investimenti nel debito pubblico, gravati dall’aliquota ridotta del 12,5% di tassazione per favorirne il collocamento, mentre sul risparmio collocato in liquidità subisce vigono imposte che superano nel complesso il 50%”, ha attaccato Patuelli. E ancora: “L’Autorità Bancaria Europea (Eba) è chiamata a rendere meno rigida l’inflessibile normativa che molto limita le ristrutturazioni dei crediti”.
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